La pagella del Mereghetti:Michelle Yeoh in un  videogame che parla solo ai più giovani (voto 6-)

La pagella del Mereghetti:Michelle Yeoh in un videogame che parla solo ai più giovani (voto 6-)

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di Paolo Mereghetti

Everything Everywhere All at Once dei Daniels torna in sala dal 2 febbraio forte di 11 nomination all’Oscar. Un’intricata avventura che sembra un viaggio sotto acido

Una modesta proposta: accompagnare certi film con l’avvertenza Sconsigliato ai maggiori di…. Non per proibire la visione, ma per avvertire lo spettatore che quel titolo fatto per un pubblico particolare. Per esempio Everything Everywhere All at Once fin dal titolo (pi o meno Ogni cosa ovunque all’improvviso) dovrebbe far capire che, al di l delle 11 nomination con cui concorre agli Oscar, chiede — o forse pretende — uno spettatore pluritasking, capace di una velocit di reazione mentale e visiva che gi dopo i 25 anni potrebbe rivelare qualche falla.

All’inizio tutto sembra svolgersi nella pi confortevole normalit: Evelyn Wang (Michelle Yeoh) gestisce una lavanderia automatica da qualche parte negli Usa con l’imbranato marito Waymond (Ke Huy Quan) mentre si prende cura del vecchio padre Gong Gong (James Hong) e fatica ad accettare il lesbismo della figlia Joy (Stephanie Hsu) che vorrebbe presentare la fidanzata Becky (Tallie Medel) alla festa per il compleanno del nonno. Ma a rovinare questo gi periclitante tran tran quotidiano arriva la convocazione dell’addetta delle imposte Deirdre (Jamie Lee Curtis), che contesta le detrazioni che Evelyn vorrebbe presentare.

Ed ecco che proprio nell’ufficio delle tasse la donna si sente come risucchiata da qualche altra parte: il richiamo delle dimensioni alternative al mondo quotidiano, quelle — come le spiega un marito anche lui improvvisamente cambiato nel carattere — dove Evelyn non pi una modesta commerciante del cosiddetto Alphaverso ma una brillantissima scienziata che ha scoperto come collegare temporaneamente la sua coscienza con altre versioni di se stessa accedendo a tutte le sue altre memorie.

Gi qui la mente paleo-cartesiana di uno spettatore ultratrentenne inizia a vacillare: pensa a Matrix e ai suoi due universi, magari arriva fino a Spider-Man: No Way Home con il suo triplice multiverso, ognuno per facilmente — si fa per dire — identificabile da uno Spider-Man differente perch interpretato da differenti attori. Qui invece le cose sono subito molto pi complicate perch sempre Michelle Yeoh (indimenticata spadaccina di La tigre e il dragone) che varia identit con la velocit del fulmine, da star del cinema a cuoca, da scienziata ad amante lesbica con strane dita che sembrano wrstel. Seguita anche dal marito Waymond che ogni tanto appare sotto altre spoglie. E non finisce qui, perch su tutto incombe la minaccia del misterioso Jobu Tupaki che sembra divertirsi a confondere i vari multiversi per precipitarli nel caos.

Mentre i comprimari dell’Alphaverso tornano ogni tanto a far capolino nelle dimensioni alternative in cui si muove Evelyn, naturalmente assumendo diverse e pi aggressive identit cos da costringere la nostra eroina non pi giovanissima a sfoderare le sue ancora notevoli qualit di campionessa di kung-fu, il summenzionato spettatore pseudo-cartesiano si aspetterebbe che il caos creato da Tupaki (anche lui con una identit proveniente dall’Alphaverso) venisse pian piano diradato. Cos almeno succedeva nei film a cui eravamo stati abituati. E invece qui i due registi-sceneggiatori Daniel Kwan e Daniel Scheinert, soprannominati the Daniels, sembrano divertirsi a rendere tutto ancora pi intricato, pi confuso, pi multiversico.

Uscito nel marzo scorso un po’ alla chetichella negli Stati Uniti ed esploso a sorpresa al botteghino superando i 100 milioni di incasso (nonostante la pandemia), il film ha affascinato il pubblico pi giovane, abituato a ragionare con la logica non certo cartesiana dei videogiochi e desideroso, come ha scritto un utente, di provare quello che sembra un viaggio sotto acido. Adesso, forte delle sue 11 candidature, ritorna sugli schermi italiani (era uscito inosservato a ottobre) alla ricerca di un pubblico che forse non riconoscer tutte le strizzatine d’occhio (ne fa le spese anche 2001 Odissea nello spazio), ma disposto a farsi stordire da un cinema ultra-cinetico. A patto — va ricordato — di non avere le sinapsi un po’ intorpidite dall’et.

29 gennaio 2023 (modifica il 29 gennaio 2023 | 22:21)

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Pietro Guerra

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