La pagella del Mereghetti:  L’omicidio di una giovane donna diventa un viaggio nella psiche (voto 8)

La pagella del Mereghetti:  L’omicidio di una giovane donna diventa un viaggio nella psiche (voto 8)

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di Paolo Mereghetti

I pregiudizi di una società maschilista nel racconto del regista di Dominik Moll. Il rapporto tra uomini e donne è centrale nel film

Dopo aver passato un’allegra serata con le amiche, Clara (Lula Cotton-Frapier) torna a casa senza sapere di andare incontro alla morte: un tipo che esce dal nulla le butta addosso del liquido infiammabile e le dà fuoco. Senza dire una parola. La mattina dopo una squadra della polizia giudiziaria di Grenoble è chiamata sul posto — siamo in un paesino vicino alle Alpi, Saint-Jean-de-Maurienne — e scopre l’identità dell’irriconoscibile morta grazie alla telefonata che l’amica della sera prima, Nanie (Pauline Serieys) le fa proprio mentre gli agenti stanno recuperando il cellulare.

Saranno trascorsi cinque minuti dall’inizio e dopo queste scene lo spettatore si aspetta un poliziesco in piena regola, con inchieste e interrogatori. Ma sarebbe fare un’offesa ridurre La notte del 12 a un film di poliziotti alla ricerca di un colpevole. Scena dopo scena, mentre l’inchiesta procede e entrano in campo nuovi personaggi, si allarga lo spettro del racconto, sempre più psicologico e sempre meno d’azione, pronto a porre nuove domande piuttosto che cercare facili risposte. A tenere i fili c’è il capitano Yohan (Bastien Bouillon), appena subentrato al vecchio comandante andato in pensione. Con lui scopriamo pian piano i membri della sua squadra, a cominciare da Marceau (Bouli Lanners), la cui moglie ha deciso di mollarlo finendo per lasciargli addosso una rabbia che a volte non sa ben controllare. E che apre il film verso una dimensione più personale e privata, quella che spiega anche le idee e le battute che gli altri uomini della squadra finiscono per dire a proposito della morta.

Perché più l’inchiesta avanza, più scopriamo qualcosa di questa donna. Interrogando chi l’ha frequentata, viene alla luce la superficialità di chi aveva visto in Clara solo l’occasione di una facile avventura oppure l’oggetto delle proprie ossessioni o ancora qualcuno con cui fare solo un pezzo di strada. E, insieme, il film ci racconta che tipi di uomini si sono accompagnati con lei, le loro debolezze, le loro ossessioni, le loro approssimazioni. Ogni volta si potrebbe aprire una pista di indagine, ogni volta Yohan e i suoi finiscono per trovarsi in un vicolo cieco. Ma non succede così per lo spettatore che impara a fare i conti con quello che gli uomini pensano delle donne.

Non è mai questioni di battute a effetto ma di sfumature, di intonazioni, che il regista Dominik Moll sa far arrivare con straordinaria efficacia. All’origine, c’è un applaudito libro inchiesta di Pauline Guéna («18.3 – Une année à la PJ», dove PJ sta per Police Judiciaire, Polizia giudiziaria) ed è su uno dei tanti casi che Moll ha lavorato di bulino con il suo cosceneggiatore Gilles Marchand, alla ricerca di un equilibrio tra poliziesco e psicologia che non allenti mai la tensione. Molto è lasciato inespresso. Per esempio del capitano vediamo la sua ossessione a correre in bicicletta su pista, come fosse impaurito di doversi confrontare con gli imprevisti della strada, ma non sappiamo niente della sua vita privata che pure esiste, come si intuisce dalla fotografia di una bambina. E così sappiamo poco o nulle delle amiche di Clara o dei suoi uomini.

A venire fuori con forza e a imporsi al di là degli sviluppi della trama (che riserverà più di una sorpresa) è invece il tema degli uomini di fronte agli omicidi delle donne, delle idee che gli uomini hanno delle donne, del rapporto tra uomini e donne. Quello che all’inizio sembrava solo un caso giudiziario diventa così qualcosa di molto più profondo e inquietante, diventa un viaggio dentro il mondo maschile che non è necessariamente tossico o criminale ma che deve comunque fare i conti con i giudizi (e i pregiudizi) che la società e l’educazione e la cultura hanno lasciato in eredità. E che il film ribadisce alla fine invitando nella trama due inaspettate figure femminili, quella di un giudice che non vuole arrendersi (Anouk Grinberg) e quella di una poliziotta (Mouna Soualem) che entra nella squadra di Yohan rompendone gli equilibri maschili. Offrendo al film un respiro diverso, non necessariamente «vincente» ma sicuramente più vivo.

25 settembre 2022 (modifica il 26 settembre 2022 | 07:15)

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, 2022-09-26 05:16:00, I pregiudizi di una società maschilista nel racconto del regista di Dominik Moll. Il rapporto tra uomini e donne è centrale nel film,

Pietro Guerra

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