Ricorre il centenario della nascita di un personaggio culto nella nostra scuola “democratica”, Don Lorenzo Milani. Lo scrittore Marcello Veneziani, su La Verità, tratteggia un ritratto “controcorrente”.
Per lo scrittore, Milani fu un idealista generoso, ma dobbiamo affrontare i danni derivanti dalla sua amorosa utopia. Perché, nonostante la buona fede, le conseguenze delle sue buone intenzioni sulle giovani menti, l’educazione, la scuola e la morale furono dannose.
“Don Milani praticava la carità e si dedicava ai giovani con tutto il cuore nella Firenze dei tempi di La Pira, Don Balducci e Don Turoldo. Morì giovane, sognando una scuola aperta a tutti, non solo ai ricchi, con un professore alla pari con i suoi studenti, in un dialogo costante, senza bocciature o autorità, perché, come sosteneva, “l’obbedienza non è una virtù”, scrive Veneziani.
“Nobili intenzioni, ma con effetti tangibili. La scuola di oggi che onora Don Milani, in netta opposizione al modello della scuola di Gentile, è ben peggio di quella di allora; non premia il merito o la capacità, non educa, non stimola la cultura e non suscita spirito di missione nei docenti; e non produce affatto studenti più liberi o uguali. È una scuola che ha accentuato le differenze tra ricchi e poveri; dopo lo sfascio della scuola pubblica, i benestanti hanno mandato i loro figli alle scuole private”, sottolinea lo scrittore.
“I seguaci di Don Milani chiesero di abolire i grembiuli, ritenuti strumenti di oppressione; così le differenze di classe tra i figli della classe agiata e i poveri divennero più evidenti. La conoscenza della lingua italiana era un modo per loro per elevare le loro umili origini contadine e integrarsi. La promozione del dialetto e del gergo quotidiano, per cui Don Milani si batteva, li relega alla loro condizione di partenza e al linguaggio volgare delle periferie degradate”, aggiunge Veneziani.
“Ricorre in silenzio tra qualche giorno un altro centenario della nascita di un altro cattolico fiorentino: è Attilio Mordini, cattolico della tradizione, studioso dei miti, morto anche lui a 43 anni, l’anno prima di don Milani. Mordini capì che la scuola senza educazione, tradizione e meritocrazia non ha più un ruolo e a farne le spese sono più i poveri che i benestanti”, ricorda Veneziani che, infine, conclude: “A Don Milani va riconosciuto per la sua forte personalità e la sua grande idealità ma fu un cattivo maestro. A giudicare dai frutti, non dalle intenzioni. Non un maestro cattivo, al contrario, ma un cattivo maestro”.
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