1992 e 2005, due referendum  vinti e persi a casa Le Pen

1992 e 2005, due referendum  vinti e persi a casa Le Pen

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MERCOLEDÌ 20 APRILE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

per Macron il ballottaggio «sarà un referendum per o contro l’Unione europea, per o contro la nostra Repubblica». Il generale de Gaulle guidò la crisi della IV Repubblica e l’instaurazione della V anche grazie ad alcune votazioni referendarie. Uscì di scena, nell’aprile del 1969, dopo una sconfitta in un referendum su una riforma costituzionale (Senato e Regioni). Altre votazioni referendarie hanno avuto luogo con altri presidenti: Pompidou, 1972; Mitterrand, 1992, sulla moneta unica; Chirac, 2005, sulla Costituzione europea. Quella volta la maggioranza respinse l’approvazione del Trattato costituzionale dell’Ue. L’auspicio è che il secondo turno delle presidenziali sia un’elezione e non un referendum. L’augurio è la vittoria di Macron, per il bene della Francia e dell’Europa.

Pier Vincenzo Uleri, Firenze

Caro Pier Vincenzo,

Parlare di referendum non porta bene. Quasi nessun leader politico vince i referendum. Persino Pinochet, che pure aveva strumenti persuasivi, lo perse (c’è un bellissimo film che lo racconta, «No. I giorni dell’arcobaleno»). Se la più importante statista (maschi e femmine compresi) degli ultimi vent’anni, Angela Merkel, avesse indetto un referendum, forse l’avrebbe perso pure lei. De Gaulle lo perse, un anno dopo aver stravinto le elezioni legislative seguite al Maggio ‘68. Chirac lo perse, difendendo senza convinzione le norme costituzionali europee scritte da una commissione preceduta da un uomo della destra francese, Giscard (da lui diviso da antica rivalità). Mitterrand non perse il referendum su Maastricht solo perché disse che non ci sarebbero stati «né vincitori né vinti»: finì 51 a 49 per l’Europa. Altrimenti non avremmo avuto l’euro. Seguii entrambe le serate referendarie, quella del 1992 e quella del 2005, a casa di Jean-Marie Le Pen, parlando a lungo con lui insieme con altri cronisti. Parco di Saint-Cloud, banlieue Ovest di Parigi, quella ricca. Dobermann liberi. Tartine di foie gras. Tappeti orientali e maghrebini. In entrambe le circostanze il padre dell’attuale candidata all’Eliseo espose la propria teoria: «L’Europa è stata grande quando si è divisa. Come l’Italia del Rinascimento. Da quando l’Europa tenta di unirsi, non conta più nulla». Sono convinto che sia vero il contrario. E comunque conversare di storia e di politica con il vecchio Jean-Marie, sia pure da posizioni contrapposte, è sempre stato interessante. Il populismo, che da anni spazza il vecchio continente, era già nato, e stava — purtroppo — crescendo.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La fuga di Mussolini travestito da soldato tedesco»

Agli italiani nati dopo la II guerra mondiale, inclini a mitizzare la storia del fascismo e i suoi protagonisti, è utile ricordare che nelle ultime giornate dell’aprile 1945 (che registrano il crollo definitivo del regime) Benito Mussolini, fallito il tentativo di trovare accoglienza in Svizzera, abbandona in fretta Milano e poi alcune migliaia di suoi seguaci che lo aspettano a Como, per cercare una via personale di scampo, ricorrendo a un improvvido espediente. A Menaggio, il 27 aprile, Mussolini, travestito da soldato tedesco, con la sua amante Claretta Petacci si aggrega a una colonna di militari germanici intenta a lasciare l’Italia. Prima di varcare il confine, a Musso, presso Dongo, il camion in cui Mussolini si è nascosto viene fermato da un gruppo di partigiani e perquisito. Al partigiano che, riconosciuto il duce, lo chiama più volte per nome («Eccellenza Mussolini!.») e lo scuote per il bavero, poiché finge di dormire o di essere ubriaco, il fuggiasco dapprima esita a confermare la sua identità, poi alza gli occhi spaventato e si consegna a chi lo fucilerà il giorno dopo. Sembra la scena di un film della commedia all’italiana con al centro Mussolini impegnato a recitare in un ruolo farsesco, e invece è l’epilogo drammatico e grottesco della vita di un protagonista negativo della storia che stravolse i valori nazionali ottocenteschi di Patria e libertà, seminò odio e creò divisioni tra gli italiani, infine trascinati in una guerra inutile che procurò dolori, lutti, macerie. «Duce, duce — recitava una filastrocca in voga in quegli anni nel salernitano — come ne’ fatti arriduci (come ci hai ridotto). Lu jornu senza pane e la notte senza luce».

Lorenzo Catania

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-04-19 21:25:00,

MERCOLEDÌ 20 APRILE 2022

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Caro Aldo,

per Macron il ballottaggio «sarà un referendum per o contro l’Unione europea, per o contro la nostra Repubblica». Il generale de Gaulle guidò la crisi della IV Repubblica e l’instaurazione della V anche grazie ad alcune votazioni referendarie. Uscì di scena, nell’aprile del 1969, dopo una sconfitta in un referendum su una riforma costituzionale (Senato e Regioni). Altre votazioni referendarie hanno avuto luogo con altri presidenti: Pompidou, 1972; Mitterrand, 1992, sulla moneta unica; Chirac, 2005, sulla Costituzione europea. Quella volta la maggioranza respinse l’approvazione del Trattato costituzionale dell’Ue. L’auspicio è che il secondo turno delle presidenziali sia un’elezione e non un referendum. L’augurio è la vittoria di Macron, per il bene della Francia e dell’Europa.

Pier Vincenzo Uleri, Firenze

Caro Pier Vincenzo,

Parlare di referendum non porta bene. Quasi nessun leader politico vince i referendum. Persino Pinochet, che pure aveva strumenti persuasivi, lo perse (c’è un bellissimo film che lo racconta, «No. I giorni dell’arcobaleno»). Se la più importante statista (maschi e femmine compresi) degli ultimi vent’anni, Angela Merkel, avesse indetto un referendum, forse l’avrebbe perso pure lei. De Gaulle lo perse, un anno dopo aver stravinto le elezioni legislative seguite al Maggio ‘68. Chirac lo perse, difendendo senza convinzione le norme costituzionali europee scritte da una commissione preceduta da un uomo della destra francese, Giscard (da lui diviso da antica rivalità). Mitterrand non perse il referendum su Maastricht solo perché disse che non ci sarebbero stati «né vincitori né vinti»: finì 51 a 49 per l’Europa. Altrimenti non avremmo avuto l’euro. Seguii entrambe le serate referendarie, quella del 1992 e quella del 2005, a casa di Jean-Marie Le Pen, parlando a lungo con lui insieme con altri cronisti. Parco di Saint-Cloud, banlieue Ovest di Parigi, quella ricca. Dobermann liberi. Tartine di foie gras. Tappeti orientali e maghrebini. In entrambe le circostanze il padre dell’attuale candidata all’Eliseo espose la propria teoria: «L’Europa è stata grande quando si è divisa. Come l’Italia del Rinascimento. Da quando l’Europa tenta di unirsi, non conta più nulla». Sono convinto che sia vero il contrario. E comunque conversare di storia e di politica con il vecchio Jean-Marie, sia pure da posizioni contrapposte, è sempre stato interessante. Il populismo, che da anni spazza il vecchio continente, era già nato, e stava — purtroppo — crescendo.

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«La fuga di Mussolini travestito da soldato tedesco»

Agli italiani nati dopo la II guerra mondiale, inclini a mitizzare la storia del fascismo e i suoi protagonisti, è utile ricordare che nelle ultime giornate dell’aprile 1945 (che registrano il crollo definitivo del regime) Benito Mussolini, fallito il tentativo di trovare accoglienza in Svizzera, abbandona in fretta Milano e poi alcune migliaia di suoi seguaci che lo aspettano a Como, per cercare una via personale di scampo, ricorrendo a un improvvido espediente. A Menaggio, il 27 aprile, Mussolini, travestito da soldato tedesco, con la sua amante Claretta Petacci si aggrega a una colonna di militari germanici intenta a lasciare l’Italia. Prima di varcare il confine, a Musso, presso Dongo, il camion in cui Mussolini si è nascosto viene fermato da un gruppo di partigiani e perquisito. Al partigiano che, riconosciuto il duce, lo chiama più volte per nome («Eccellenza Mussolini!.») e lo scuote per il bavero, poiché finge di dormire o di essere ubriaco, il fuggiasco dapprima esita a confermare la sua identità, poi alza gli occhi spaventato e si consegna a chi lo fucilerà il giorno dopo. Sembra la scena di un film della commedia all’italiana con al centro Mussolini impegnato a recitare in un ruolo farsesco, e invece è l’epilogo drammatico e grottesco della vita di un protagonista negativo della storia che stravolse i valori nazionali ottocenteschi di Patria e libertà, seminò odio e creò divisioni tra gli italiani, infine trascinati in una guerra inutile che procurò dolori, lutti, macerie. «Duce, duce — recitava una filastrocca in voga in quegli anni nel salernitano — come ne’ fatti arriduci (come ci hai ridotto). Lu jornu senza pane e la notte senza luce».

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MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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