Tornare all’insegnamento per moduli superando il maestro unico alla scuola primaria. Cancellare i vincoli sulla mobilità superando il falso mito della continuità didattica tramite paletti, percorrendo invece la strada della stabilizzazione del personale. A dirlo a Orizzonte Scuola è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.
La trattativa con l’UE su vincoli mobilità e reclutamento docenti, secondo quanto anticipato dalla Lega, sarebbe a buon punto. Cosa vi aspettate?
Ufficialmente dal Ministero non abbiamo avuto risposte. Secondo la Commissione europea la continuità didattica può esserci con i vincoli alla mobilità. Noi questo lo contestiamo nel merito. Non si tiene conto della situazione specifica italiana, per cui all’interno della stessa provincia non ci sono gli stessi vincoli che sulla mobilità interprovinciale. Il tema della mobilità, diverso per cicli scolastici, non è legato alla continuità didattica ma a una condizione politica. La continuità didattica di per sé non esiste: significherebbe allora che il docente non dovrebbe mai cambiare classe all’interno dello stesso istituto, o che nessun alunno non potrebbe essere mai bocciato.
Su un milione di insegnanti, uno su cinque è precario. La mancata continuità didattica è legata semmai alla precarietà degli insegnanti. Penso agli insegnanti di sostegno e anche in questo caso la continuità didattica è un mito: l’insegnante di sostegno non è assegnato all’alunno ma alla scuola ed è insegnante di tutta la classe. A nostro avviso è stato inopportuno dire di sì all’UE su questo principio della continuità. Un principio che in realtà è stato sposato, a fasi alterne, dalle parti politiche in maniera diversa.
Il tema della mobilità del personale è tipico della scuola italiana perché precarizzata, e il falso mito della continuità didattica lo si vuole portare avanti nel tema della mobilità e non già in quello del precariato.
Cercheremo di convincere il governo a rinegoziare il PNRR su questo tema, perché anche a regime per noi non è tollerabile.
E poi c’è la questione dei passaggi di ruolo, del personale docente che vorrebbe passare da un ordine all’altro di grado. Questo è legato a una mancata previsione nel nuovo sistema di formazione iniziale che agevoli il personale di ruolo nell’ottenere un nuovo titolo.
Inoltre evidenzio il tema nel contratto delle aliquote al 50%: ogni 4 posti che vengono dati a un supplente, soltanto un posto viene dato per i passaggi di ruolo e la mobilità. Direi che tutto ciò è inutile e pericoloso per un sistema che non prevede una progressione di carriera.
Sul reclutamento si sta seguendo la strada tracciata da Anief: bisogna estendere il doppio canale alle GPS, trasformare i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Sul sostegno dovrebbe essere assunto anche chi non ha la specializzazione ma può conseguirla, anche perché 2 insegnanti su 5 sono senza specializzazione. Il governo dovrebbe mettere gli insegnanti nelle condizioni di poter conseguire la specializzazione.
Sui DSGA ci dovrebbe essere una soluzione per i facenti funzione, il Milleproroghe è intervenuto su questo. Ma resta il problema dei titoli richiesti. Soltanto uno su cinque ha la laurea e quindi questo provvedimento riguarda soltanto 400 su 3000 facenti funzione e non si risolve il problema.
A proposito di DSGA e ATA, come prosegue la trattativa sul CCNL?
E’ stato accantonato il tema principale, ovvero le progressioni verticali. Questo perché non ci sono risorse aggiuntive. Noi chiediamo che i 300 milioni vengano sbloccati almeno per tutto il personale. Si attende la variazione dell’atto di indirizzo.
Sui livelli professionali non si va da nessuna parte: senza risorse aggiuntive non si può fare niente. Abbiamo chiesto i buoni pasto e non ci sono le risorse. Fino a quando la politica non si rende conto dell’importanza del personale ATA e di stanziare risorse ad hoc, penso anche alla carta ATA per favorire la formazione del personale ATA, non si potranno vedere novità. Andrebbe anche rivisto il lavoro a distanza.
Un recente rapporto Inapp segnala che 4 milioni di giovani in Italia hanno interrotto il percorso di istruzione, senza conseguire il diploma. Come si può combattere la dispersione scolastica?
La prima soluzione è innalzare l’età dell’obbligo a 18 anni. Vorremmo che si anticipasse di un anno con una classe ponte e si ritornasse al maestro modulare alla primaria anziché l’insegnante unico. Dal 1999 al 2009 abbiamo avuto l’insegnamento modulare, dal 2009 a oggi l’insegnante unico. Bisogna intervenire dai primi anni sulle competenze di base. La figura del tutor alle superiori sembra un paradosso, se pensiamo che non c’è più l’insegnamento modulare alle elementari. Bisogna ripensare a tutto il sistema e intervenire sul tempo scuola. Il Sud è quello che soffre di più anche su questo punto.
Quindi, bene l’idea del tutor ma le scuole hanno bisogno di personale aggiuntivo. La lotta alla dispersione scolastica è uno dei principali obiettivi del PNRR, così come l’orientamento, basti pensare che il 20% degli studenti non proseguono con l’università. Le sfide del PNRR, così come l’idea del tutor, falliscono senza un organico aggiuntivo.
Il tutor da solo non basta, è necessario aggredire il problema dalle radici e inserire 30mila maestri in più.
Tornando al tema del reclutamento, quali punti rimangono in sospeso?
Il sistema di reclutamento attuale non si può cancellare: ci sono delle graduatorie concorsuali che dovrebbero essere trattate tutte allo stesso modo e quindi tutte messe a esaurimento. In particolare penso al concorso straordinario bis: a tutti i partecipanti andrebbe data la possibilità di entrare in queste graduatorie.
Altro punto in sospeso riguarda il personale assunto con riserva dopo aver superato l’anno di prova: questo personale non va disperso, un po’ come sta avvenendo per il corso-consorso dirigenti scolastici 2017.
Non per ultimo, c’è il problema di coloro che hanno conseguito il titolo di abilitazione all’estero: ritardare la valutazione delle domande in questa situazione di gran bisogno è criminale.
Resta aperto il problema degli educatori e degli insegnanti di religione cattolica. Per il concorso IRC abbiamo chiesto che si assuma sul 100% dei posti e non sul 70%, e che gli idonei del 2004 siano assunti tutti.
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