Sarebbero almeno 54.000 gli adolescenti italiani ‘hikikomori’. A dirlo lo studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc). Il termine giapponese “hikikomori” sta in italiano per “ritirati sociali” e che indica la tendenza, nei giovani o giovanissimi, di smettere di uscire di casa, di frequentare scuola e amici, per chiudersi nelle proprie stanze e limitare al minimo i rapporti con l’esterno, mantenendo i contatti prevalentemente attraverso Internet.
Anche il Gruppo Abele, in collaborazione con l’Università della Strada, ha avviato nuovi studi per capire meglio il fenomeno, mentre il report integrale è disponibile sul sito web della onlus.
La ricerca ESPAD Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs, condotto annualmente dal Cnr-Ifc rispetto al consumo di sostanze psicoattive) ha coinvolto un campione di oltre 12.000 studenti rappresentativo della popolazione studentesca italiana fra i 15 e i 19 anni.
I ragazzi sono stati intervistati attraverso un apposito set di domande volte a intercettare sia i comportamenti che le loro cause percepite: i risultati si basano sull’autovalutazione dei partecipanti stessi. Dice l’esperta: “Il 2,1% del campione attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori: proiettando il dato sulla popolazione studentesca 15-19enne a livello nazionale, si può quindi stimare che circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore si identifichino in una situazione di ritiro sociale”.
L’età a rischio è quella che va dai 15 ai 17 anni, con un’incubazione delle cause del comportamento di auto-reclusione già nel periodo della scuola media e i maschi risultano la maggioranza anche se le femmine si attribuiscono più facilmente la definizione di Hikikomori.
Fra le cause dell’isolamento, assume un peso determinante il senso di inadeguatezza rispetto ai compagni: “L’aver subito episodi di bullismo, contrariamente a quanto si possa ritenere, non è fra le ragioni più frequenti della scelta. Mentre si evince una fatica diffusa nei rapporti coi coetanei, caratterizzati da frustrazione e autosvalutazione”
E ancora: “più di un intervistato su 4 dichiara che i genitori avrebbero accettato la cosa apparentemente senza porsi domande. Il dato è simile quando si parla degli insegnanti”.
Il punto ora è capire come aiutare questi ragazzi a uscire da questa spirale di isolamento. IL centro Abele sta organizzando dibattiti e convegni sul tema.
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