Una analisi attenta della attuale condizione e delle prospettive della scuola italiana, alla luce di quanto prevede il PNRR, è contenuta nel volume di Stefano Spennati, di recentissima pubblicazione, “Apprendere e insegnare al tempo delle transizioni” (Marcianum Press, Venezia, 2023).
Le transizioni, “sconvolgenti ed epocali”, sono quelle che caratterizzano il XXI secolo, collegate all’avvento della società della conoscenza, in piena discontinuità con il panorama industriale del Novecento: internet 2.0, gli smartphone, l’intelligenza artificiale, ma anche la globalizzazione, la pandemia e la risposta ad essa, le biotecnologie, l’accelerata obsolescenza dei profili professionali e dei modelli di organizzazione del lavoro ereditati dal secolo scorso: tutto questo definisce il nuovo contesto nel quale operano i sistemi educativi, modellati però – soprattutto in Paesi come l’Italia a struttura amministrativa storicamente centralizzata – secondo regole rigide e uniformi, e perciò poco adatti a recepire innovazioni.
La prima parte del volume è dedicata a descrivere e interpretare questi grandi cambiamenti dal punto di vista di chi si occupa di educazione, intesa come processo attraverso il quale viene trasmesso da una generazione all’altra il patrimonio culturale di una società. La grande novità, o transizione, che caratterizza il XXI secolo è lo spostamento del paradigma, o baricentro, educativo dalla figura di chi insegna a quella di chi apprende. Intenzionale e motivata appare, da questo punto di vista, la decisione dell’autore di mettere nel titolo del libro prima la parola “apprendere” e poi “insegnare”: appena pochi decenni fa un grande pedagogista aperto al futuro come Aldo Visalberghi aveva intitolato un suo volume “Insegnare ed apprendere. Un approccio evolutivo” (1988), un testo che pur considerando fondamentale la partecipazione attiva dell’alunno nel processo di apprendimento metteva in primo piano la responsabilità e il ruolo determinante dell’insegnante.
Ora non è più così: rifacendosi con frequenti citazioni alle opere di Giuseppe Bertagna, pedagogista dell’Università di Bergamo, Stefano Spennati, che insegna nello stesso ateneo, mette “la persona che apprende” e la personalizzazione degli itinerari formativi al centro del processo, assegnando al docente funzioni di accompagnamento, tutorato e guida, che ne ridefiniscono il ruolo in termini di “nuova e consapevole magisterialità”.
In questo quadro va completamente superato il modello organizzativo classico, fatto di classi e di lezioni frontali, funzionali a una concezione lineare e sequenziale dell’istruzione teacher centred, in direzione della formazione di “gruppi di studenti affidati a docenti tutor e per gruppi di livello, di compito, elettivi” impegnati non solo nelle attività obbligatorie ma anche in attività opzionali e facoltative al fine di “valorizzare pienamente i talenti di tutti e di ciascuno” (p. 46). Una prospettiva possibile, sostiene Spennati, se verrà data una interpretazione innovativa di alcune indicazioni strategiche contenute nel PNRR in materia di contrasto della dispersione e nell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile.
La seconda parte del libro è dedicata all’analisi della condizione dei docenti. Qui l’analisi di Spennati si fa più severa e non mancano accenti pessimistici sull’inadeguatezza di quanto finora previsto sul piano legislativo per dare attuazione alle indicazioni del PNRR. Spicca, in particolare, la completa elusione del punto 2.2 della Missione 4 (Istruzione e Ricerca), che prevedeva “un sistema di formazione di qualità per il personale della scuola in linea con un continuo sviluppo professionale e di carriera”: un punto che a differenza di altri “probabilmente, anzi sicuramente sarà disatteso” (p. 144). Un vulnus normativo, quello della mancata carriera degli insegnanti, che non potrà in alcun modo essere riparato dai “risibili” percorsi triennali di formazione incentivata previsti dalla legge 79/2022 per una esigua minoranza di docenti tra dieci anni (2032-2033). Un’occasione perduta che rischia di compromettere l’efficacia di altre misure positivamente inserite nel PNRR.
Un realistico bilancio in chiaroscuro, insomma, è quello che si trae dalla lettura di questo bel libro, per molti aspetti stimolante, e utile per gettare uno sguardo informato e critico sul futuro dell’educazione.
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