l’editoriale Mezzogiorno, 19 aprile 2022 – 09:20 di Sergio Talamo La democrazia è una fotografia della società mai statica, che cambia di continuo angolazione per mettere in discussione i suoi capisaldi. Dal 2013, il contro-concertone di Taranto impone al Paese di non fermarsi a piazza San Giovanni e ai sindacati ufficiali. Nel Primo maggio dello Ionio il lavoro è tutt’uno con il prezzo che un certo Sud paga, da solo, per la prosperità di tutti. Così, la musica che sale dalla Puglia ha un tratto ribelle e quasi rabbioso. Descrive l’improbo equilibrio fra occupazione e salute, nella città-colonia che da sessant’anni è ostaggio della siderurgia. Oggi la contrapposizione con Roma è ancora più lampante. David Riondino, direttore artistico insieme a Diodato e Roy Paci, schiera il concertone ionico all’opposizione rispetto a quello di Cgil-Cisl-Uil: «Il concerto di Roma sembra una Sanremo di sinistra… I sindacati sono i primi a voler aumentare la produzione siderurgica a causa della guerra, ma qui anche livelli ridotti ammazzano i tarantini». I direttori artistici pongono l’accento sul significato non solo musicale dell’evento: «Non facciamo campagna elettorale, ma facciamo politica». Già, perché chi prenderà il microfono fra un brano e l’altro parlerà di lavoro, ambiente, giustizia sociale, pace. Ecco, la pace. Quest’anno la parola ha un sapore acre, brucia gli occhi. Eppure, l’aggressione russa all’Ucraina piomba in un tempo segnato da divisioni, paure, protagonismi, ideologismi, calcoli. Nel 1989 il crollo del Muro consegnava alle democrazie il timone del pianeta. Tre decenni di tragici errori hanno reso vulnerabile quel mondo della libertà che allora sembrava trionfante. Per una breve stagione, il whatever it takes di Draghi è sembrato indicare all’Europa una nuova strada. Ma quando la Russia dell’ex Kgb Vladimir Putin ha deciso di bombardare Kiev e la civiltà, con la sponda di un’altra potente dittatura come quella cinese, l’Occidente ha risposto con la coesione dei governi e la corrosione dei popoli, sparpagliati fra antiamericani storici, complottisti in servizio dal no-vax al no-Nato, amici dei russi per interessi economici e aspiranti tali. Così, diventa possibile dire che le stragi russe sono inventate, che la resistenza ucraina porta la responsabilità dei morti, che la Costituzione recita «l’Italia ripudia la guerra» e non anche «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli». Per l’Italia è un momento molto delicato. La ripresa post-pandemia è ferma al bivio della recessione e dell’inflazione. I fondi del Pnrr pompano risorse, ma l’aumento del debito pubblico, se non accompagnato da uno scatto in avanti della produttività, diventa una drammatica ipoteca sul futuro. La divisione sulla guerra in Ucraina può avere effetti devastanti, perché mina alle basi la coesione che l’uscita dal Covid e il piano europeo avevano garantito alla politica economica del governo. Le malattie endemiche del Paese a due velocità rischiano di riesplodere. L’immagine dei due concertoni contrapposti, a Roma puntati sul lavoro, a Taranto sull’ambiente, sono un costo che si può pagare, perché rappresenta comunque un equilibrio che tutti hanno interesse a cercare. Ma l’idea di una Roma istituzionale e vicina all’Occidente agli antipodi di un Sud equidistante e neutralista darebbe un ulteriore colpo al progetto di un Paese che deve risalire la china. Sarebbe importante che il Primo maggio di Taranto fra i suoi mille colori avesse il giallo e il blu della bandiera ucraina. 19 aprile 2022 | 09:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-19 07:21:00, l’editoriale Mezzogiorno, 19 aprile 2022 – 09:20 di Sergio Talamo La democrazia è una fotografia della società mai statica, che cambia di continuo angolazione per mettere in discussione i suoi capisaldi. Dal 2013, il contro-concertone di Taranto impone al Paese di non fermarsi a piazza San Giovanni e ai sindacati ufficiali. Nel Primo maggio dello Ionio il lavoro è tutt’uno con il prezzo che un certo Sud paga, da solo, per la prosperità di tutti. Così, la musica che sale dalla Puglia ha un tratto ribelle e quasi rabbioso. Descrive l’improbo equilibrio fra occupazione e salute, nella città-colonia che da sessant’anni è ostaggio della siderurgia. Oggi la contrapposizione con Roma è ancora più lampante. David Riondino, direttore artistico insieme a Diodato e Roy Paci, schiera il concertone ionico all’opposizione rispetto a quello di Cgil-Cisl-Uil: «Il concerto di Roma sembra una Sanremo di sinistra… I sindacati sono i primi a voler aumentare la produzione siderurgica a causa della guerra, ma qui anche livelli ridotti ammazzano i tarantini». I direttori artistici pongono l’accento sul significato non solo musicale dell’evento: «Non facciamo campagna elettorale, ma facciamo politica». Già, perché chi prenderà il microfono fra un brano e l’altro parlerà di lavoro, ambiente, giustizia sociale, pace. Ecco, la pace. Quest’anno la parola ha un sapore acre, brucia gli occhi. Eppure, l’aggressione russa all’Ucraina piomba in un tempo segnato da divisioni, paure, protagonismi, ideologismi, calcoli. Nel 1989 il crollo del Muro consegnava alle democrazie il timone del pianeta. Tre decenni di tragici errori hanno reso vulnerabile quel mondo della libertà che allora sembrava trionfante. Per una breve stagione, il whatever it takes di Draghi è sembrato indicare all’Europa una nuova strada. Ma quando la Russia dell’ex Kgb Vladimir Putin ha deciso di bombardare Kiev e la civiltà, con la sponda di un’altra potente dittatura come quella cinese, l’Occidente ha risposto con la coesione dei governi e la corrosione dei popoli, sparpagliati fra antiamericani storici, complottisti in servizio dal no-vax al no-Nato, amici dei russi per interessi economici e aspiranti tali. Così, diventa possibile dire che le stragi russe sono inventate, che la resistenza ucraina porta la responsabilità dei morti, che la Costituzione recita «l’Italia ripudia la guerra» e non anche «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli». Per l’Italia è un momento molto delicato. La ripresa post-pandemia è ferma al bivio della recessione e dell’inflazione. I fondi del Pnrr pompano risorse, ma l’aumento del debito pubblico, se non accompagnato da uno scatto in avanti della produttività, diventa una drammatica ipoteca sul futuro. La divisione sulla guerra in Ucraina può avere effetti devastanti, perché mina alle basi la coesione che l’uscita dal Covid e il piano europeo avevano garantito alla politica economica del governo. Le malattie endemiche del Paese a due velocità rischiano di riesplodere. L’immagine dei due concertoni contrapposti, a Roma puntati sul lavoro, a Taranto sull’ambiente, sono un costo che si può pagare, perché rappresenta comunque un equilibrio che tutti hanno interesse a cercare. Ma l’idea di una Roma istituzionale e vicina all’Occidente agli antipodi di un Sud equidistante e neutralista darebbe un ulteriore colpo al progetto di un Paese che deve risalire la china. Sarebbe importante che il Primo maggio di Taranto fra i suoi mille colori avesse il giallo e il blu della bandiera ucraina. 19 aprile 2022 | 09:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,