“[…] quando sembra che si sta per toccare il fondo, quello è il momento in cui non si può più aspettare, in cui bisogna smetterla di lamentarsi e in cui è necessario rimboccarsi le maniche. Ne vale del nostro futuro, delle future generazioni. Dobbiamo essere da esempio e fermare questo scempio prima che sia troppo tardi!
Le parole di Falcone, che il prossimo 18 maggio avrebbe compiuto 83 anni, tornano più che mai di enorme attualità e più che mai invitano adesso, ora, a smetterla di demandare ad altri ciò che è noi dobbiamo in prima persona ottenere, conquistare, riscattare, riconoscere. Perché NOSTRO.
E ciò vale per tutti: docenti, precari, Ata. TUTTI.
In un articolo, a mio parere, bellissimo pubblicato su La Tecnica della Scuola il 9 maggio: “La scuola tradita dal D.L. 36”, si afferma che gli insegnanti sono “più attenti al decoro personale che alla lotta di classe dentro cui si immergono tutti gli altri lavoratori e gli operai soprattutto, mentre la grande presenza femminile, circa il 70% della forza lavoro della scuola, con ogni probabilità non si sente coinvolta nel dissenso, nel senso che per tante di esse questo lavoro è un ripiego o un accessorio piuttosto che l’unica fonte di reddito”.
E ciò è quanto ho sempre ritenuto uno dei fondamentali motivi per cui la Scuola non riesce più a rappresentarsi e rappresentare. Unitamente alla grave realtà che molti altri impiegano il loro tempo svolgendo la loro reale attività, frutto dei loro studi universitari, dei loro dottorati, dei tanti esami per l’iscrizione all’albo, tra tribunali, uffici del catasto, progetti edilizi, ed altro…, lasciando alla Scuola il tempo dovuto e necessario senza quel sentire che è iscritto nel giuramento di Ippocrate dell’insegnante: la missione e il dono della personale conoscenza ed esperienza, unitamente all’insieme, da consegnare come indirizzo, come progetto di Domani, come indicatore per coloro che si affacciano alla Vita ricchi solo della loro età di studenti, giovani, oggi consapevoli dell’incertezza che li attende, ma non per questo il ritrarsi ed l’arrendersi, perché la Vita comunque si risolve ripetendosi nella sua offerta sociale e lavorativa.
Anche se il Domani può apparire così lontano e così differente dal Domani dei loro padri, delle loro madri, dei loro insegnanti, e lontani forse dalla stessa offerta formativa che gli si viene loro proposta.
Certo alla base di tale contraddizione sta il salario poco redditizio, poco riconoscente dell’operare e del tempo e della volontà dell’impegno che la professione docente richiede, e per cui chi può meglio si ingegna: se lo Stato fosse più attento, più corretto, e darebbe delle linee affinché la condizione di Docente fosse ciò che esso stesso è, e quindi riconosciuto in tutto e per tutto, non ultimo il salario corrispettivo, forse le cose sarebbero realmente differenti.
Le Commissioni riunite Affari Costituzionali e Istruzione, martedì 10 maggio, hanno avviato l’esame del ddl n. 2598 di conversione del decreto-legge n. 36.
Il 6 maggio sono scesi in forma di protesta i sindacati di base. Solo l’1% ha partecipato. E che la si finisca con il non riconoscimento delle rappresentanze sindacali autonome. Tutte sono espressioni del mondo del lavoro, e tutte sono Voce, la Voce del mondo dei lavoratori.
Il 30 maggio i Sindacati Confederali celebrano una giornata di sciopero in segno di protesta per l’ennesimo furto di Stato, e forse noi insegnanti, ora più che mai dovremmo, uniti, scendere in piazza, farci sentire.
Per riprenderci il Nostro. Per tornare ad essere Scuola: cioè quel bellissimo mondo unico perché in grado di generare socializzazione, incontro di saperi, di esperienze, di umanità che incontra e riconosce, in tale incontrarsi con sé stessa, sé stessa: questo bellissimo arcobaleno di colori che sono tutti i soggetti costituenti la Scuola.
Non esiste un tempo migliore che sia in grado di raccontare, esperire, e segnare per sempre nella memoria del cuore e della storia personale di ognuno, tanto da essere sempre la linea guida che determina la futura storia soggettiva, e che una volta adulti sentiamo con emozione ancora ricca di entusiasmo e di giovinezza nel raccontarla ai nostri figli. Alla generazione di domani.
Abbiamo il coraggio. Se perdiamo adesso, non perdiamo una battaglia, ma il Futuro. Perdiamo La SCUOLA.
Mario Santoro
, 2022-05-17 10:33:00, “[…] quando sembra che si sta per toccare il fondo, quello è il momento in cui non si può più aspettare, in cui bisogna smetterla di lamentarsi e in cui è necessario rimboccarsi le maniche. Ne vale del nostro futuro, delle future generazioni. Dobbiamo essere da esempio e fermare questo scempio prima che sia troppo […]
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