Abilitazione docenti 60 CFU, il nodo della selezione in ingresso: sarà a numero chiuso oppure no?

Abilitazione docenti 60 CFU, il nodo della selezione in ingresso: sarà a numero chiuso oppure no?

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C’è grande fermento per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti: il Ministero sta predisponendo un piano che contempli anche un concorso riservato ai precari. Ma c’è anche da sciogliere la questione abilitazione all’insegnamento, rimasto ancora senza un direzione ben precisa.

Partiamo dalla legge 79/2022, che prevede un sistema a regime del nuovo reclutamento e formazione iniziale degli insegnanti, dal 1 gennaio 2025, articolato in percorsi abilitanti da 60 CFU, con prova scritta e lezione simulata. La prova scritta sarà costituita da un’analisi critica del tirocinio scolastico effettuato durante il percorso.

Tutto ciò, tuttavia, è rimasto impantanato a causa del DPCM che sarebbe dovuto arrivare entro luglio ma che ancora non esiste.

Nonostante poco tempo fa il Ministero dell’Istruzione e del Merito abbia trovato un accordo con il Ministero dell’Università.

Il Ministro Valditara, trapela da Viale Trastevere, ha lavorato sin dall’insediamento per definire il testo del Dpcm e avviare i percorsi formativi negli atenei dal prossimo anno accademico.

Proprio pochi giorni fa il Ministero ha riferito “che è previsto l’avvio dei corsi per il conseguimento dei 30 CFU tra settembre e ottobre”. Si tratta di percorsi dedicati alla fase transitoria prevista dalla riforma della legge 79/2022.

C’è molta attesa nei confronti del DPCM anche per capire un aspetto importante, se non decisivo, della questione, ovvero il nodo della selezione iniziale per accedere al percorso. Si tratterà di un corso a numero chiuso? Come sarà garantito l’accesso? Sono proprio queste le informazioni che al momento non si conoscono ma che potrebbero in qualche modo fare la differenza.

Da un lato il numero di aspiranti docenti da abilitare dovrà essere sufficiente a garantire la selettività delle procedure concorsuali ma allo stesso tempo questo non deve essere superiore al fabbisogno ossia tale che il sistema di istruzione non possa assorbirli.

Di conseguenza, come prevede la legge 79/2022, il Ministero dell’istruzione e del merito stima e comunica al MUR il fabbisogno di docenti per il sistema nazionale di istruzione (compresi le scuole paritarie e i percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni nonché le scuole italiane all’estero), nel triennio successivo, per tipologia di posto e classe di concorso.

Quindi, per chiarezza, il numero di insegnanti da abilitare, pertanto, dovrà essere legato al fabbisogno. La domanda legittima è: come si coniuga questo limite con la necessità di abilitare quanti più docenti possibile per offrire una didattica di qualità?

Risulta fondamentale ricordare infatti che non si attiva un percorso di abilitazione dal 2014 e quindi la richiesta potrebbe essere veramente enorme.

Sul tema, nelle scorse ore, è intervenuto il responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega Mario Pittoni, già presidente della commissione Cultura al Senato.

Per i nuovi percorsi formativi abilitanti all’insegnamento (aperti a triennalisti di scuole statali e paritarie, ingabbiati e dottori di ricerca) c’è chi ripropone numero chiuso (magari mascherato con “quote” o “riserve”), preselezione e tirocinio pure per gli esperti, nonostante il fallimento – proprio per questi motivi – del TFA”, dice l’ex senatore, che prosegue: “In tale direzione si è mosso il Governo precedente. Credo sia allora il caso di prevedere correttivi normativi, senza aspettare che le categorie interessate prendano coscienza di cosa le attende. Il successo del PAS 2013 ha dimostrato che di certi lacci e lacciuoli si può fare tranquillamente a meno”. 

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