di Claudio Del Frate Prevede una condanna fino a 4 anni ma la formulazione è molto generica e fa «tremare la mano» agli amministratori pubblici. Il caso dell’ex sindaco di Novara, assolto dopo 10 anni per una questione di schiamazzi in un bar L’ultimo caso celebre in ordine di tempo riguarda l’ex governatore della Calabria Mario Oliverio: il tribunale di Catanzaro lo ha assolto dall’accusa di abuso d’ufficio per aver nel 2018 stanziato 95.000 per promuovere le bellezze turistiche della sua regione al Festival dei due mondi di Spoleto. Ma nelle stesse ore lo stesso reato è costato una condanna a un anno per il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che nel 2015 concesse un immobile comunale a una onlus. Vai a capire. L’unica cosa certa è che l’articolo 323 del codice penale è da almeno un ventennio il tormento di sindaci, amministratori locali, presidenti di Regione e giù giù fino a semplici funzionari che periodicamente finiscono nelle maglie dell’abuso d’ufficio: violazione che colpisce ubiquamente appartenenti a tutti gli schieramenti politici. Il problema è stato riproposto in più occasioni, l’ultima due giorni fa all’assemblea dell’Anci da sindaci di tutta Italia. la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che metterà mano alla riscrittura del testo ma altrettanto aveva fatto Luigi Di Maio nel 2019. Basta la lettura dell’articolo così come riportato dal codice per rendersi conto di quanto ci sia spazio per interpretazioni. Si macchia di abuso d’ufficio «il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto». Qualsiasi atto amministrativo, da una multa cestinata in su, rischia di essere letto come un gesto in contrasto con la legge con il risultato che il timore dell’abuso d’ufficio spesso finisce per «far tremare la mano» ai sindaci nel momento di firmare un provvedimento. La condanna va da uno a quattro anni. L’ultima riscrittura risale al 1997 e in quel caso – si era negli anni successivi a Tangentopoli – passò una correzione in chiave più permissiva e la pena massima fu anche abbassata da 5 a 4 anni (cosa che oggi impedisce ad esempio di effettuare intercettazioni telefoniche quando la procura sospetta l’esistenza di questo reato). Dal 2008 al 219, sono stati 150 i pubblici ufficiali condannati per questa fattispecie ma molto più numerose le assoluzioni. Che magari arrivano dopo un decennio. Come è capitato all’ex sindaco di Novara Massimo Giordano il cui presunto «interesse personale» era consistito del non aver preso provvedimenti nei confronti di un bar da cui provenivano schiamazzi notturni. «Come sindaci ne abbiamo chiesto la riformulazione per arrivare ad una regola chiara. Anche perché – ha concluso – statisticamente le indagini sui presunti abusi si concludono nel 90% dei casi con assoluzioni, mentre resta l’impatto sulla vita degli amministratori ingiustamente accusati» ha detto il presidente dei sindaci italiani Antonio De Caro, primo cittadino di Bari. A gennaio una sentenza della Cassazione ha cercato di fare chiarezza scrivendo che perché sia ravvisabile l’abuso d’ufficio deve essere provata «l’intenzionalità». Ma frattanto le vittime illustre di questa roulette giudiziaria non si contano. Ci sono ad esempio l’ex sindaca pentastellata di Roma Virginia Raggi, la sua collega di Torino Chiara Appendino, il governatore della Lombardia Attilio Fontana (tutti assolti) ma anche amministratori che vivono il loro travaglio lontani dai riflettori come (stiamo sempre agli ultimi assolti in ordini di tempo) il sindaco di Grumo Nevano o la dirigente del personale del comune di Lizzanello. Quest’ultima finita sotto inchiesta per una questione di ferie non concesse. 24 novembre 2022 (modifica il 24 novembre 2022 | 16:27) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-24 15:28:00, Prevede una condanna fino a 4 anni ma la formulazione è molto generica e fa «tremare la mano» agli amministratori pubblici. Il caso dell’ex sindaco di Novara, assolto dopo 10 anni per una questione di schiamazzi in un bar, Claudio Del Frate