Cosè lacido ursodeossicolico (Udca) e come si è arrivati per caso a scoprirne i possibili effetti anti-Covid

Cosè lacido ursodeossicolico (Udca) e come si è arrivati per caso a scoprirne i possibili effetti anti-Covid

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di Ruggiero Corcella

L’Udca una molecola gi in commercio da anni e usata per trattare i calcoli della bile e la colangite biliare primitiva. Risultati della ricerca interessanti ma mancano i trial clinici

Neppure i ricercatori di Cambridge (Regno Unito) si sarebbero aspettati che lo studio sull’acido ursodeossicolico (Udca, un farmaco gi in commercio e usato per trattare i calcoli della bile e la colangite biliare primitiva , una malattia rara epatica autoimmune) come possibile forma di prevenzione di Covid-19 , pubblicato su Nature a dicembre del 2022, avrebbe avuto un’eco cos vasta in Cina. Tale da spingere a una ondata di richieste per questo componente.

Il loro uno di quei classici casi di serendipity, che la scienza spesso propone. La scoperta, infatti , avvenuta in modo fortuito: il gruppo guidato dal dottor Fotios Sampaziotis, ricercatore al Wellcome-MRC Cambridge Stem Cell Institute dell’Universit di Cambridge (UK) e primario di epatologia all’Addenbrooke’s hospital (Cambridge, UK), stava studiando alcuni meccanismi cellulari del fegato.

Si tratta di uno studio molto elegante e completo — commenta Gianni Sava , professore ordinario all’Universit di Trieste ed esponente della Societ italiana di farmacologia (Sif) —, ma non c’ di fatto un test sull’uomo che possa dimostrarne la validit. Bisogna ancora capire bene. E non si pensi che un paziente malato possa guarire con questa sostanza, che certamente non pu rimpiazzare un vaccino come arma di prevenzione.

Il laboratorio inglese e la dottoranda italiana

Nel laboratorio del dottor Sampaziotis , che si occupa di medicina rigenerativa del fegato, lavora anche una dottoranda italiana, Teresa Brevini. Studiando organoidi di fegato, piccole strutture 3D cresciute in laboratorio per mimare la vita dell’organo, mini-fegati, la dottoressa Brevini ha fatto una scoperta fortuita su ACE2 (enzima di conversione dell’angiotensina 2), la molecola che Sars-CoV-2 usa per entrare nelle nostre cellule.

Il team ha scoperto che una molecola nota come FXR, presente in grandi quantit in questi organoidi del dotto biliare, regola direttamente la porta virale ACE2, aprendola e chiudendola efficacemente. L’FXR risultato estremamente sensibile all’acido ursodesossicolico, che sembra essere in grado di bloccarlo impedendo al coronavirus di entrare nelle cellule. Quando abbiamo realizzato di aver trovato un meccanismo per modulare ACE2, abbiamo capito di aver trovato qualcosa di importante per la lotta contro il Covid-19, racconta Brevini.

La sperimentazione animale

Questi risultati sono stati poi confermati in mini-polmoni e mini-intestini in laboratorio. Il passo successivo stato dimostrare che il farmaco poteva prevenire l’infezione non solo nelle cellule cresciute in laboratorio, ma anche negli organismi viventi.

Per questo, hanno collaborato con il professor Andrew Owen dell’Universit di Liverpool per dimostrare che il farmaco ha prevenuto l’infezione nei criceti esposti al virus, che sono usati come modello gold standard per i test preclinici di farmaci contro Sars-CoV-2.

importante sottolineare che i criceti trattati con Udca erano protetti dalla variante delta del virus, che all’epoca era nuova e parzialmente resistente ai vaccini esistenti. Il professor Owen ha dichiarato: Sebbene avremo bisogno di studi randomizzati adeguatamente controllati per confermare questi risultati, i dati forniscono prove convincenti che l’Udca potrebbe funzionare come farmaco per proteggere da Covid-19 e integrare i programmi di vaccinazione, in particolare nei gruppi di popolazione vulnerabili. Poich prende di mira direttamente il recettore ACE2, speriamo che possa essere pi resistente ai cambiamenti derivanti dall’evoluzione del picco Sars-CoV-2, che si traduce nella rapida comparsa di nuove varianti.

La prova su polmoni umani donati alla ricerca

Successivamente, i ricercatori hanno lavorato con il professor Andrew Fisher dell’Universit di Newcastle e il professor Chris Watson dell’ospedale di Addenbrooke per verificare se le loro scoperte sui criceti fossero vere nei polmoni umani esposti al virus.

Per assicurarsi che i loro risultati potessero essere confermati nell’uomo, il team ha utilizzato veri polmoni umani donati alla ricerca che sono stati mantenuti in vita fuori dal corpo grazie ad una apposita macchina. Il risultato stato che il polmone, trattato con il farmaco, ha resistito all’infezione, sviluppatasi invece nell’altro polmone, non protetto da alcuna terapia. Il professor Fisher ha detto: Questo uno dei primi studi per testare l’effetto di un farmaco in un intero organo umano mentre viene perfuso. C i potrebbe rivelarsi importante per il trapianto di organi: dati i rischi di trasmissione di Covid-19 attraverso organi trapiantati, potrebbe aprire la possibilit di trattare gli organi con farmaci per eliminare il virus prima del trapianto. Quando un organo non viene utilizzato per un trapianto, viene scartato e gettato via; se donato alla ricerca ha un valore inestimabile perch pu permetterci di fare grandi passi avanti – aggiunge Teresa Brevini – la conferma che Udca protegge organi umani dall’infezione da Sars-CoV-2 ha accelerato il nostro studio e ci ha permesso di fare vera e propria ricerca traslazionale, utilizzando una scoperta fatta in laboratorio per soddisfare un’esigenza clinica.

Volontari umani

Dato l’alto profilo di sicurezza di Udca, gi ampiamente provato, i ricercatori sono passati alla fase di sperimentazione sugli esseri umani. Il team di Cambridge ha collaborato con il professor Ansgar Lohse del Centro medico universitario Hamburg-Eppendorf in Germania. Abbiamo reclutato otto volontari sani per ricevere il farmaco — ha spiegato il professor Lohse — . Quando abbiamo tamponato il naso di questi volontari, abbiamo trovato livelli pi bassi di ACE2, suggerendo che il virus avrebbe meno opportunit di penetrare e infettare le loro cellule nasali, la porta principale per il virus.

La verifica su dati clinici

Sebbene non fosse possibile condurre uno studio clinico su vasta scala, i ricercatori hanno fatto la cosa migliore successiva: esaminare i dati sugli esiti di Covid-19 di due coorti indipendenti di pazienti, confrontando gli individui che stavano gi assumendo Udca per le loro condizioni epatiche nei confronti di pazienti che non ricevono il farmaco. Hanno scoperto che i pazienti che ricevevano Udca avevano meno probabilit di sviluppare Covid-19 grave e di essere ricoverati in ospedale.

Le conclusioni

Questo studio suggerisce che Udca possa essere un nuovo farmaco per la lotta contro il Covid-19, ma non essendo un trial clinico necessita di uno studio clinico randomizzato per essere confermato.

Per tanto gli autori non raccomandano l’utilizzo di Udca come terapia alternativa o in sostituzione alla vaccinazione per il Covid-19.

Udca non rimpiazzer le terapie per il Covid-19 attuali, ma espande l’arsenale di trattamenti contro il virus e offre un’alternativa terapeutica contro nuove varianti soprattutto per individui che non possono beneficiare dai vaccini.

Si tratta di una sostanza che costa poco o niente, fuori brevetto e la pu fare chiunque. Ha una lunga esperienza clinica e si sa tutto di lei. Bisogna per capire a quale dose pu essere assunta, da quale tipo di pazienti (potrebbe essere un’iniziativa importante per quelli fragili che non possono vaccinarsi) e non sappiamo quanto durano gli effetti. Udca sar pure un farmaco privo di effetti collaterali ma non si pu escludere un’alterazione nell’assorbimento degli alimenti perch la sua azione ridurrebbe la presenza di Ace 2 e l’effetto che questo enzima ha sulla digestione delle sostanze che assumiamo, conclude Gianni Sava.

2 gennaio 2023 (modifica il 2 gennaio 2023 | 15:30)

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