Il caso in questione riguarda un contenzioso intrapreso da una docente che ha impugnato il decreto di depennamento dalle graduatorie della classe di concorso emesso nei suoi confronti. Ciò dopo che per vent’anni il suo titolo era stato considerato come idoneo.
La questione
La ricorrente partecipava al corso concorso abilitante ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge 3 maggio 1999, n. 124, indetto con O.M. n. 153 del 15.06.1999. All’esito del corso concorso la professoressa veniva abilitata e per l’effetto, veniva annualmente individuata quale destinataria di supplenze. Una scuola provvedeva alla verifica dei titoli che erano stati ritenuti idonei ai fini della partecipazione al corso abilitante nel 1999 e, all’esito di questa nuova verifica, vent’anni dopo la partecipazione al corso, il Dirigente scolastico, comunicava che la prof.ssa è sprovvista di titolo! Conseguentemente si procedeva alla risoluzione immediata del contratto. Si pronuncia in questo incredibile caso il TAR per la Sardegna sentenza n° N. 00829/2022
Esiste il principio del legittimo affidamento
I giudici sardi bacchettano l’Amministrazione rilevando che l’operato dell’Amministrazione, si è posto in contrasto con principi fondamentali dell’ordinamento, di derivazione europea, del legittimo affidamento, che mira a tutelare le aspettative ingenerate dalla P.A. nel privato, e della certezza del diritto (che ha come destinatario non solo il legislatore, tenuto ad emettere norme non retroattive, stabili e coerenti nei loro effetti, ma anche – e soprattutto, per quel che interessa – la P.A., tenuta a svolgere la propria azione in modo prevedibile e omogeneo).
L’Amministrazione, continuano i giudici, peraltro, non solo deve agire in modo imparziale, ma è anche chiamata ad esercitare il proprio potere, specie se discrezionale, come per gli atti di autotutela, in conformità al principio di proporzionalità.
L’incoerenza dell’Amministrazione che prima convalida un titolo e poi lo considera non valido
Occorre anche considerare che, nella fattispecie di cui è causa, l’operato dell’Amministrazione si caratterizza per una certa incoerenza, avendo la stessa nel tempo assunto diverse determinazioni sulla medesima questione, senza una congrua motivazione che giustificasse poi la differente decisione. Al riguardo, rileva il TAR sardo, non può sottacersi che nel nostro ordinamento le relazioni tra pubblica Amministrazione e privato si fondano sul principio di reciproca correttezza e leale collaborazione.
Per contestare dopo vent’anni la validità di un titolo è necessaria istruttoria approfondita
Nella fattispecie di cui è causa, emerge per i giudici, la assoluta particolarità della situazione di fatto (e di diritto) riguardante la posizione della ricorrente che, anche sulla base del titolo acquisito (ed ora ritenuto non legittimo), aveva potuto svolgere la sua attività di insegnamento per oltre 20 anni, imponeva una istruttoria particolarmente approfondita, un rispetto stringente delle garanzie procedimentali, una motivazione particolarmente dettagliata a supporto dei provvedimenti adottati anche sull’interesse pubblico al ripristino della legalità. Tutti elementi che invece, in questo caso, continua il TAR, non sono stati sufficientemente considerati dall’Amministrazione. E del resto, che nella fattispecie sia stato ingenerato in capo all’interessata un legittimo affidamento sulla possibilità di continuare a godere del bene della vita conseguito lo attestano l’evoluzione della vicenda in esame e gli atti di causa. Dunque se l’Amministrazione dopo un periodo di tempo così ampio cambia idea sulla validità del titolo, quando la docente in questione si era affidata alla valutazione originaria dell’Amministrazione, pianificando per vent’anni la propria vita in un certo modo, è da considerarsi detto comportamento come lesivo del rapporto di correttezza e leale collaborazione. Pertanto il ricorso della docente come prodotto dai propri difensori è stato in questa fase accolto.