Adesso è dura vivere nel ristagno

Adesso è dura vivere nel ristagno

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Mezzogiorno, 9 aprile 2022 – 07:09 Lo schema delle tragedie dell’ultimo triennio: la pandemia prima e l’invasionee dell’Ucraina e i disastri ancora in corso di Diego De Silva È successo tutto velocemente (anzi, dalla sera alla mattina) e non solo è rimasto, ma ristagna. È questo lo schema delle tragedie che hanno segnato l’ultimo, sciagurato triennio. D’accordo, sulla guerra quelli che la sanno proprio lunga (o almeno così millantano) potranno obiettare che si sapeva che sarebbe successo, che non è stata affatto una sorpresa e dunque si sarebbe potuto evitare e così via; ma resta il fatto che tanto la pandemia quanto l’invasione dell’Ucraina ci sono arrivate addosso come macigni da un giorno all’altro, e i disastri che hanno causato sono ancora in corso d’opera (e molto ancora dureranno). Alla pandemia eravamo impreparati. Abbiamo fatto il possibile, e in fondo, al netto dell’inevitabile conta dei decessi, ce la siamo cavata anche abbastanza bene (è soprattutto nell’emergenza, che diamo il meglio). Alla guerra, ancora meno. Fino al giorno prima che Putin scatenasse l’offensiva, anche i più autorevoli esperti di politica estera concordavano sulla sua nessuna convenienza d’invadere, sì che quando l’attacco è stato sferrato, spiazzando ogni previsione, lo sbigottimento della comunità internazionale ha segnato un sincronismo perfetto, come un: «Ooooh!» contemporaneo sospirato in coro dall’Occidente. E da allora siamo qui, quotidianamente, incessantemente, basiti e largamente impotenti, a interpretare i fatti, che non passano ma ristagnano. Dalle prime linee della lotta al virus, i virologi continuano (giustamente) a ripeterci che la pandemia non è finita, che non bisogna abbassare le guardia, che ci tocca conservare le precauzioni di distanziamento e autodifesa che adottiamo dalla disgraziata primavera del 2020, anche se le restrizioni progressivamente si allentano e la vita riprende qualche timida avvisaglia di normalità (proprio ieri, per la prima volta, in un Frecciaclub mi hanno autorizzato a entrare senza esibire il green pass, e mi ha quasi spiazzato una così imprevista e improvvisa affrancazione da quello specifico gesto: come un’abolizione della parola d’ordine). Ogni sera la televisione ci inonda di dibattiti e polemiche sulle cause della guerra, le reali intenzioni di Putin (che nessuno davvero conosce) e le prospettive della prosecuzione del conflitto, aggiornandoci sul folklore polemico tra opinionisti più o meno inattendibili (salvo eccezioni che si possono contare sulle dita di una mano). Il web, poi, è il grande teatro off virtuale di poveracci snobbati dalla televisione che si posizionano apertamente dalla parte del peggiore cianciando argomentazioni talmente infantili e contenutisticamente miserabili da chiedersi con quale faccia escano di casa (oltre a mantenere, in qualche caso davvero sconvolgente, finanche dei ruoli di rilevanza pubblica). Insomma è dura, vivere nel ristagno. La realtà tende sempre più a procedere per tragedie a lento rilascio. Sarà anche vero (lo è senz’altro), come sostiene Lucio Caracciolo, che il 24 febbraio scorso è cominciato un altro secolo; ma il peggio è che si annuncia molto più lungo e penoso dell’ultimo. A sabato prossimo. 9 aprile 2022 | 07:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-09 05:12:00, Lo schema delle tragedie dell’ultimo triennio: la pandemia prima e l’invasionee dell’Ucraina e i disastri ancora in corso,

Pietro Guerra

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