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Le parole del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sull’importanza del docente tutor non sono piaciute ai sindacati. Parliamo di circa 40 mila insegnanti, praticamente uno a plesso scolastico, che dovrebbero trovare le modalità per migliorare l’orientamento degli studenti, in questa prima fase per fare scelte giuste dopo la maturità, e quindi combattere la troppa alta dispersione scolastica. Il ministro ha ribadito che i docenti tutor opereranno, dopo un corso telematico che partirà nelle prossime settimane, per entrare in azione già da settembre e valorizzare “i talenti” presenti in ogni allievo, nessuno escluso.
L’operazione non convince Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil Scuola Rua, che rimarca: “i tutor, anche se non ufficialmente, esistono già all’interno delle scuole. L’attività di tutoraggio psicologico, educativo, orientativo è insita nella professione docente, al quale basterebbe aumentare lo stipendio per valorizzare il lavoro che svolge”.
Come dire: i circa 150 milioni di euro previsti per finanziare l’operazione sarebbe meglio inserirli in quel rinnovo del contratto di categoria 2019/2021 a proposito del quale nella stessa giornata i sindacati maggiori si sono lamentati per l’esiguità di risorse messe a disposizione e sulla necessità di introdurre un cambio di rotta.
La distribuzione dei 150 milioni, che copriranno tre anni di tutoraggio, sarà demandata alla contrattazione d’Istituto la distribuzione dei compensi, che però dovranno rimanere entro il limite annuo imposto dal decreto e dalla circolare, per i tutor da un minimo di 2.850 euro ad un massimo di 4.750 euro e per gli orientatori da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 2.000 euro. Tutte cifre da abbattere del 40-50% per via delle trattenute fiscali e previdenziali.
“Le urgenze per la scuola sono altre. Bisogna chiudere le partite attualmente in atto come la parte giuridica del contratto – conferma D’Aprile – valorizzare l’esistente, togliere carte inutili, offrire garanzie di stabilità al personale precario, sciogliere i vincoli professionali e territoriali, costruire percorsi professionali aderenti alle diverse figure della comunità scolastica. È necessario farlo. Diversamente rischiamo di costruire cattedrali nel deserto che piacciono tanto a Bruxelles ma che non risolvono i veri problemi della scuola statale di questo paese”.
Il sindacalista Uil ritiene che “quella del tutor non è una sperimentazione di cui la scuola sente il bisogno. Sicuramente non sarà la misura che consentirà agli insegnanti di avere un incremento di stipendio adeguato alla funzione da svolgere”.
Anche l’Anief ha espresso critiche nei confronti dell’iniziativa: per completarla, ha detto il sindacato, serevirebbe “assegnare un organico aggiuntivo per non far naufragare l’ambizioso e importante progetto: non si comprende perché poi si debbano escludere i docenti precari (uno su quattro dell’attuale organico utilizzato), che quindi non potranno ricoprire questa nuova figura professione. Infine, il sindacato autonomo ritiene che occorra maggiore chiarezza sui criteri di ripartizione del fondo di 150 milioni di euro fra le diverse scuole.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, sarebbe “anche necessario valutare gli specifici percorsi già seguiti su dispersione e orientamento scolastico, coinvolgendo il personale e programmando sin d’ora attività di recupero mirate”.
Mentre Stefano Cavallini, segretario generale Anief ricorda che sarebbe “necessario dotare le scuole di uno specifico organico aggiuntivo oltre a individuare specifiche risorse finanziarie aggiuntive nelle scuole in zone a rischio alta dispersione perché in questi istituti l’impegno sarà decisamente maggiore. Inoltre con il dimensionamento scolastico dei prossimi anni, avremo scuole con un numero elevato di plessi: in questi casi non potrà bastare un solo tutor a risolvere il problema e comunque il compenso dovrà essere più alto a chi porterà avanti questo onere”.
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