Aiuto, papà ci picchia. Sfregi, paure e rabbia. Nel centro anti-violenza dove torna la speranza

Aiuto, papà ci picchia. Sfregi, paure e rabbia. Nel centro anti-violenza dove torna la speranza

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di Amelia Esposito

Tra le operatrici di Telefono Donna di Milano. Al telefono 24 ore su 24: il dolore e i soccorsi

Il telefono squilla alle 9.45. la prima chiamata ed un pugno nello stomaco di chi ascolta. Mio padre mi ha spaccato una sedia in testa, dice la voce giovane, giovanissima, all’altro capo del telefono. Non ci si abitua mai. Non si mai abituata neppure Paola, che di frasi come questa ne ha sentite tante.
Milano, ospedale Niguarda, sede di Telefono Donna. Paola, Margherita, Chiara e Sara sono le psicologhe che oggi ascolteranno le donne vittime di violenza qualsiasi violenza che chiamano 24 ore su 24 allo 02.64443043-44. I dati della telefonata delle 9.45 vengono archiviati nel cervellone della onlus milanese fondata nel ‘92 da Stefania Bartoccetti. la pratica 5.831: 5.831 come le donne maltrattate che si sono rivolte all’associazione. Un numero parziale perch negli anni ‘90 l’archivio era cartaceo. Un numero spaventoso.

Pap picchia tutti

qui, in questa stanza dell’ascolto dalle pareti rosa, tra i manifesti del 25 Novembre che mostrano corpi femminili simbolicamente crocifissi o trasformati in bersagli, che arrivano le storie di queste donne. Accanto, c’ la sala con i divanetti, pi intima, dove si svolgono i colloqui di persona. In genere, passa poco tempo fra telefonata e colloquio. Per questa 18enne vittima della violenza paterna passer solo qualche ora: sar accolta nel pomeriggio. Insieme a lei ci saranno la madre e i due fratelli maggiori. Pap picchia tutti da sempre, specie me e la mamma — racconta —. Ieri ha provato a strangolarci. Prima me e poi lei. Io sono andata in pronto soccorso e ora ho il collare. Perch vi picchia? Cosa successo ieri?, domanda con gentilezza, senza incalzare, Paola. Si arrabbiato con la mamma perch quando tornato a casa la cena non era pronta, allora gli ho cucinato qualcosa io ma a lui non piaceva. Ha sbattuto il piatto a terra e poi mi ha colpita con la sedia. E poi il resto. Ma il problema che lui beve, beve tanto, spiega.
Sono tre i parametri che le operatrici di Telefono Donna devono valutare per decidere quando fissare il colloquio: gravit, urgenza, sicurezza. Questo uno di quei casi in cui per tutti e tre i parametri la valutazione altissima. Per salvare questa famiglia si apriranno due, e soltanto due, possibili strade. La prima, il cui presupposto la denuncia del violento, l’allontanamento del padre dalla casa familiare disposto dal questore, un’opzione sempre preferibile. La seconda il trasferimento delle vittime in una delle otto case rifugio a indirizzo segreto di cui la onlus dispone fra Milano e provincia.

Alle 10.30 il telefono squilla ancora. Questa volta una vecchia conoscenza di Paola. una donna italiana di 60 anni: vive con suo marito, che la umilia a parole da sempre. Ma non questo il principale dei suoi problemi. Ha dei debiti e teme che, se le dovesse accadere qualcosa, possano ricadere sui suoi figli. Mentre spiega cosa la angustia, piange: Vi chiedo di aiutarmi perch non voglio che finiscano nei guai i miei ragazzi.
Paola la rassicura e le dice che la far contattare da un avvocato il giorno stesso e poi le chiede come va con suo marito. Sempre il solito — risponde — ma non importa, anche perch quando ho avuto l’influenza lui mi ha comprato le medicine e ha cucinato per me, io voglio solo essere serena e ora ho questi problemi di soldi. Paola torna sul tema delle violenze psicologiche. Mi avevi detto che durante la notte lui aveva degli scatti di aggressivit, le dice. S, s, ma poche volte e poi gli passa. Ormai non lo ascolto pi, la risposta. Come si gestisce una situazione cos, con la vittima che chiede aiuto ma poi frena? Le daremo una mano come lei vorr, spiega l’operatrice. un caso borderline: se non c’ violenza fisica, sono la volont e la determinazione della vittima a fare la differenza.

L’ex in casa

quasi ora di pranzo quando chiama una 25enne nata a Milano da genitori stranieri. molto nervosa. Con calma, tempo e pazienza, Chiara riesce a ricostruire la trama e la successione degli eventi che l’hanno portata a rivolgersi a Telefono Donna. Il suo ex fidanzato (ex da pochi giorni) si trova ai domiciliari nell’appartamento di lei. Chiuso l dentro come un animale in gabbia diventato aggressivo, arrivando a minacciarla di morte e poi provando ad ammazzarla davvero: Mi ha lanciato addosso un peso da palestra, poi mi ha presa in braccio e ha tentato di lanciarmi gi dal balcone. Questo accadeva tre giorni prima. Sembra l’apice, invece no. Sono scappata da mia madre e lui per tutta risposta mi ha mandato un video in cui si riprendeva mentre distruggeva la mia casa — prosegue —. Ho pensato che dovevo tornare l per mettere in salvo alcune cose. Ma quando lei ha infilato le chiavi nella toppa, lui ha spalancato la porta e l’ha spinta gi per le scale. Sono rotolata per un’intera rampa. Da qui l’ospedale, la denuncia ai carabinieri e la decisione di farsi aiutare. Anche stavolta non sar necessaria la casa rifugio, perch lui tornato in carcere. Almeno per ora.
Le operatrici non si limitano a rispondere al telefono. Fra uno squillo e l’altro, sono loro a chiamare. Ciascuna ha delle situazioni da monitorare. Il rapporto di fiducia che si instaura fra le vittime di violenza e chi le aiuta fondamentale, spiegano. Ecco, dunque, che a volte anche solo chiedere come va? pu fare la differenza. Ed quello che Paola e le sue colleghe, ogni giorno, regolarmente fanno. Come stai?, come va tuo figlio a scuola? sei ancora a letto ammalata?: dimostrazioni di interesse che rafforzano il legame fra l’operatrice-psicologa e la vittima.

La fondatrice

Nella stanza accanto, Stefania Bartoccetti, la fondatrice e la mente di Telefono Donna, pensa alle nuove iniziative da mettere in campo per informare, per sensibilizzare, perch se ne parli il pi possibile. Bartoccetti ha dedicato la sua vita al contrasto alla violenza di genere. Lo confermano i numeri della onlus: nella sede di Milano, solo nel 2022, sono state assistite 384 nuove utenti, a cui si sommano le 77 prese in carico in precedenza. La fotografia: delle nuove donne, 284 sono italiane (al secondo posto le sudamericane, 50), la fascia d’et pi colpita 31-45 anni (170 donne), seguita da quella 46-55 (80); la maggior parte ha un diploma di scuola superiore (199), ma ci sono anche 51 laureate; mediamente 2 donne al mese sono state ospitate in una casa protetta; infine, la modalit di accesso: in 228 hanno chiesto aiuto al telefono. Il telefono, per, non l’unico canale: ci sono casi segnalati dalle forze dell’ordine, ad esempio, ma anche dal pronto soccorso. Specie qui, al Niguarda. Come accaduto qualche giorno fa, quando il pronto soccorso ha chiamato per una donna a cui il marito aveva letteralmente rotto una bottiglia in faccia e un’altra sulla testa.

Primavera

Nonostante lo sfregio, le ferite e la rabbia, questa donna di 38 anni era incredibilmente energica e combattiva — ricorda Paola —. Era infuriata con l’uomo che l’aveva ridotta cos. Quest’uomo suo marito e padre dei suoi tre figli. Riferir che, paradossalmente, pima del trasferimento in Italia, la sua vita nel paese d’origine era brillante: Ha detto che aveva un bel lavoro, aveva amici e una famiglia che l’amava. Poi ha conosciuto lui, l’ha sposato e insieme sono venuti a Milano, dove l’uomo si trasformato — prosegue la psicologa —. Per anni non le ha permesso di lavorare, era gelosissimo. Quando, dopo il terzo figlio, l’ha convinto a lasciarla lavorare, lui dopo aver accettato come impazzito. Era geloso dei colleghi di lei, degli uomini che poteva incontrare sul tram o al supermercato. Ogni sera le faceva il terzo grado. A volte l’aspettava alla fermata per scortarla a casa. Dalle parole passato agli schiaffi, alle mani al collo e alle bottiglie di vetro. Poi, ci sono stati, in rapida successione, il sangue, l’ambulanza, la polizia, i medici, le bende. Fino alla richiesta d’aiuto.
Fino a quando questa donna, e tutte le altre sfortunate come lei, non hanno trovato un accogliente divano su cui riposare, prendere fiato e infine raccontare. Davanti a una persona amica che le sta ad ascoltare e che si prender cura di loro. Il sole splende e scalda attraverso le grandi finestre di questa stanza esposta a Sud. Da qui, sembra quasi di intravedere la primavera

4 marzo 2023 (modifica il 4 marzo 2023 | 21:53)

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