Alain Ducasse a Venaria: «Tartufo d’Alba, nocciole, vini e formaggi. Che ricchezza in Piemonte»

Alain Ducasse a Venaria: «Tartufo d’Alba, nocciole, vini e formaggi. Che ricchezza in Piemonte»

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di Luca Iaccarino

Uno dei più importanti chef del mondo per la prima cena-evento di Buonissima. «Cucina italiana e francese? Dialogo e rispetto sono le parole chiave»

Il 27 ottobre, a Venaria, cucina il mito. La parola è spesso abusata ma è adeguata per Monsieur Alain Ducasse, il più grande cuoco della più grande tradizione gastronomica planetaria, quella francese. Le stelle dei suoi ristoranti splendono nei cieli di tutto il mondo, dalla Torre Eiffel – dove sta il Jules Verne – a Monaco, con il Luis XV, dall’Oriente all’Occidente (il suo gruppo ha 1400 dipendenti). E giovedì sera cucinerà a Torino insieme a Amaury Bouhours e Davide Oldani, per la prima cena-evento del festival Buonissima (esaurita; le altre sono su buonissimatorino.it). Quella nella galleria di Diana sarà una notte totalmente fuori dall’ordinario. Si intitolerà «Vivaldi Rocks – La cena del tempo» e sarà uno spettacolo dedicato al compositore più suonato al mondo i cui spartiti sono conservati alla Biblioteca Nazionale – quei tesori che i torinesi non sanno d’avere –, scritto e orchestrato da Samuel Romano dei Subsonica, le cui note faranno da contrappunto ai piatti cucinati dai tre chef. Dal 2018 Ducasse ha un rapporto speciale con Torino, da quando, cioè, ha realizzato sette caffè per il brand “1895 Coffee Designers” di Lavazza (che è main sponsor di Buonissima).

Monsieur Ducasse, in Francia è appena uscito il suo ultimo libro “Une vie de goûts et de passions” (“Una vita di gusti e di passioni”): che esperienze consiglierebbe di fare a un cuoco per tenere vivo l’amore per il proprio lavoro, in tempi in cui molti chef decidono di abbandonare?

«Ha perfettamente ragione, esistono entrambe le tendenze. Da un lato, alcuni professionisti stanno lasciando il lavoro. È iniziato come un contraccolpo del Covid, ma è comunque una sfida fondamentale per il nostro settore: dobbiamo trovare le soluzioni per attrarre e trattenere i nostri collaboratori. Ma c’è anche il movimento opposto: un crescente interesse per la nostra professione. I candidati ad iscriversi alla nostra Ecole Ducasse, ad esempio, non sono mai stati così numerosi e così motivati, comprese le persone che arrivano da altri mestieri».

Lei ha vissuto da protagonista diversi decenni di cucina francese: com’è cambiata la gastronomia da quando era ragazzo a oggi?

«Il panorama culinario è mutato radicalmente. Potrei parlare dell’immagine del mestiere dei cuochi, dello stile della cucina, del comportamento e delle aspettative dei nostri clienti. Potrei anche citare gli enormi cambiamenti che Internet (i social media, le piattaforme di valutazione, ecc.) ha apportato alla nostra attività. Eppure, se dovessi sottolineare solo un cambiamento, sarebbe la globalizzazione: la scena culinaria è ormai globale, in termini di talenti, anche in termini di impatto sulla società».

L’anno scorso con Albert Adrià ha creato ADMO, un ristorante temporaneo che intrecciava due tradizioni estremamente identitarie, quella francese e quella italiana. Potrebbe farlo con un cuoco italiano?

«Dialogo e rispetto sono le parole chiave. Albert ed io ci conosciamo da molto tempo e ADMO è stato il risultato finale di questa lunga amicizia. E sì, non solo potremmo farlo con l’Italia, ma lo faremo! Proprio cucinando insieme a Davide Oldani e Amaury Bouhours a Buonissima».

Com’è andato il suo incontro con Oldani?

«Più che un incontro, è stata un ritrovarsi. Durante i suoi anni di apprendistato, Davide ha lavorato al Luigi XV all’Hotel de Paris a Monte Carlo. Ci conosciamo da molto tempo e ci siamo sempre tenuti in contatto. Ci siamo visti, ad esempio, a marzo 2019, a Milano, durante Identità Golose e la scorsa settimana è stato invitato dallo chef Dominique Lory al ristorante Le Grill in cima all’Hotel de Paris per una cena a quattro mani».

La cucina piemontese è forse la più francese delle cucine italiane, per via della nostra storia. Ci sono piatti, prodotti o vini di questa regione che la ispirano particolarmente?

«Il tartufo bianco d’Alba, ovviamente, ma anche nocciole. E non voglio dimenticare i vini e i formaggi. Il Piemonte è un terroir straordinario e la sua cucina rispecchia questa ricchezza».

Lei ha creato sette caffè insieme a Lavazza, con cui collabora dal 2018: come ha espresso nel caffè lo “stile Ducasse”?

«Guardo il caffè dal punto di vista di uno chef. Voglio dire che prima cerco gli ingredienti migliori, quelli che portano i gusti più interessanti e specifici. Nel nostro laboratorio “La Manufacture de café” riceviamo chicchi di caffè verde e li tostiamo noi stessi. Poi viene la ricetta che, per il caffè, significa assemblare origini diverse. Che sia per cucinare, per il caffè, i gelati, il cioccolato o i biscotti (altre mie “Manifacture”), è tutta una questione di gusto!».

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26 ottobre 2022 (modifica il 27 ottobre 2022 | 11:33)

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, 2022-10-27 09:33:00, Uno dei più importanti chef del mondo per la prima cena-evento di Buonissima. «Cucina italiana e francese? Dialogo e rispetto sono le parole chiave», Luca Iaccarino

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