Alberto Dalmasso: Satispay e i miei figli mi forzano a crescere.  Ecco la domanda che faccio nei colloqui

Alberto Dalmasso: Satispay e i miei figli mi forzano a crescere. Ecco la domanda che faccio nei colloqui

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L’amministratore delegato e co-fondatore della societ italiana di pagamenti: Non c’ niente di male ad avere successo. Sar poi come ti comporti a determinare che tipo di persona sei

Mio nonno aveva un’impresa di biciclette, ma stato mal consigliato e costretto a cederla per poco e niente. Lo hanno preso in giro, e anche se poi si ripreso con un negozio che arrivava a vendere 180 biciclette in un solo giorno, gli rimasto un po’ di amaro in bocca. Per mia mamma, che lo stimava molto, stato un dispiacere.

In questo breve aneddoto c’ molto dell’Alberto Dalmasso che il mondo dell’imprenditoria e non solo ha imparato a conoscere e ad apprezzare. Trentotto anni, barba scura e incolta da divo di una serie tv, occhiaie da neo pap per la seconda volta, oltre che da amministratore delegato, Dalmasso non vende. Non lo ha mai voluto fare, anche quando in molti se lo sarebbero aspettato.

Mi fa ridere quando, dopo ogni round di finanziamento, mi chiedono “ma allora non vendi? Non ti interessa diventare ricco?” Ma in che senso? E poi cosa vuol dire diventare ricco? Se pensi in piccolo pu bastare un’azienda da 50 milioni. Se pensi in grande invece….

Lui la grande idea l’ha avuta nel 2013, tanto semplice quanto lungimirante: permettere ai clienti e agli esercenti di pagare e riscuotere pagamenti solo con lo smartphone e un’app: Satispay. Oggi la societ omonima vale un miliardo di dollari, un unicorno, come si dice nel gergo delle startup. E pagare con Satispay un’abitudine per 3,2 milioni di persone — tra privati e pi di 200 mila esercenti fra i quali Esselunga o Carrefour — in Italia, oltre che in Germania, Lussemburgo e Francia.

Unicorno e due volte pap nel giro di due anni.
Sono entrambi eventi che ti forzano a crescere e ti aiutano a essere all’altezza della situazione. Satispay cresce talmente tanto che ci obbliga a starle dietro e a continuare a imparare, i figli mi rendono pi consapevole e fanno emergere delle forze che ignoravo. Se mi avessero detto che dormendo cos poco avrei potuto continuare a vivere e lavorare non ci avrei creduto. Forse quando Amedeo e Lucio inizieranno a dormire io diventer un super eroe.

C’ stato anche il Covid.
Il lockdown partito un mese dopo che nato il nostro primo figlio e ho potuto stargli vicino moltissimo. Poi arrivato Lucio, che adesso ha pochi mesi. Il mio specifico lavoro di quel tempo era cercare costantemente investitori: dovevi andare tu a trovarli, poi diventata prassi fare una call o che fossero loro a muoversi.

Com’ la sua vita ora?
Satispay in una fase in cui ha bisogno che Alberto sia presente, lucido per prendere decisioni pesanti, importanti, costose, ma non ha bisogno di Alberto tutti i giorni, sabato e domenica compresi, com’era all’inizio. Quando abbiamo superato il primo milione di utenti ed eravamo appena entrati in pandemia arrivato da l a qualche mese il primo grande round internazionale. Iniziavano anche a esserci pi manager, pi collaboratori, pi struttura. Io sono passato da un “non lavoro tutti i giorni sui dettagli” a un “non sono operativo, o se lo sono sto sbagliando, perch dovrei essere qui a definire gli obiettivi, lasciando che siano gli altri a portarci le soluzioni”. Diventando pap ho dovuto accelerare certi livelli di delega.

Cosa chiede nei colloqui?
Di raccontare in dettaglio dei progetti chiave. Nelle tech company e nelle grandi aziende pu essere pieno di persone che non hanno mai veramente fatto accadere le cose, anche se avevano un ruolo. Chiedo di raccontarmi “un progetto che andato particolarmente bene o particolarmente male, ma che stato sfidante, cosa successo”. E ci sono persone a cui non finisci di porre la domanda che cominciano a parlare e non si fermano pi. Entrano nei dettagli perch l’hanno proprio vissuta, l’hanno fatta la cosa. Poi ci sono quelli che ti raccontano un pochino un progetto, un processo, capisci che erano presenti mentre stava accadendo qualcosa, ma non sanno perch le cose siano andate in un certo modo.

A chi si ispira?
Steve Jobs e Reid Hoffman. Jobs il visionario puro, con un’attenzione maniacale ai dettagli: suo padre gli aveva insegnato a prendersi cura anche delle parti che nessuno avrebbe visto, lavorando sul restauro di un mobile o sulla staccionata di casa. L ritrovo quella voglia enorme che avevamo all’inizio io e Dario (Brignone, co-fondatore della societ con Dalmasso, ndr), di avere una visione grandissima e di lungo periodo ed essere attenti a tutti i dettagli.

E Hoffman?
Lui fa accadere le cose. In PayPal ha trovato la quadra, ha gestito la quotazione in Borsa, ha fatto pace con il grande nemico eBay, che alla fine ha comprato PayPal. Ha fondato Linkedin, che stata l’unica tech company con un modello di business per un sacco di tempo, ed l’unica con un modello di business che principalmente non retto dalla pubblicit. Riesce a guidare gli altri e ha una visione, ma continuamente in cerca di talenti a cui dare responsabilit per poi rendere grande l’azienda. l’esempio a cui mi ispiro di pi.

Jobs l’ha venduta un’azienda: Pixar a Disney.
stato molto pragmatico nel mettere questa sua creatura in ottime mani per fargli esprimere tutto il suo successo. E non ha neanche dovuto mettere da parte il suo ego, che forse era un po’ solo il suo limite e difetto, ma era talmente capace che poteva permetterselo perch diventato il pi grande azionista di Disney. La cosa importante da dire che, soprattutto negli anni in cui dai tutto, si possono e si devono creare momenti di soddisfazione economica, a prescindere dal fatto che si decida di vendere. Non ne parla mai nessuno, io l’ho imparato da grandi imprenditori quando io e Dario dicevamo “noi non dovremmo mai vendere nemmeno un’azione”.

Chi?
Il primo che mi ha consigliato di vendere una piccola parte della nostra partecipazione se ne avevamo possibilit Riccardo Zacconi, il fondatore di King, la societ dell’app Candy Crush. stato un fulmine a ciel sereno, non avevamo neanche mai pensato che avremmo potuto o dovuto far qualcosa di questo tipo. Lo avevamo sentito accadere in Silicon Valley, perch i costi delle case a San Francisco sono talmente alti che i fondatori non riescono neanche ad arrivare a fine mese, per non ci facevamo nemmeno caso. Ci sembrava un mondo pi lontano e diverso. In realt poi sono stati gli stessi investitori in queste ultime fasi a dire: “Noi facciamo il round ma importante che la componente economica dei fondatori sia smarcata”. Non come fare un exit, con il rischio di avere talmente tanti soldi da perdere il contatto con la realt, per una componente importante da valutare quando le cose vanno bene.

Lei ha comprato casa?
L’avevo comprata prima, non molto grande. Adesso devo comprarne un’altra pi grande, siamo in quattro.

Un altro incontro, oltre a Zacconi.
Jess Encinar, il fondatore di Idealista, che dopo 23 anni e due passaggi di propriet ancora nella sua azienda. Mi ha detto: “A me piace la musica lirica, e chiedere a un imprenditore quando esce dalla sua azienda come andare da un tenore di grande successo, che ha incassato centinaia di milioni, e chiedergli perch non smetti? quello che ti viene bene, quello che ti piace fare. A me piace fare l’imprenditore in questo settore, quindi non ho alcuna intenzione di smettere”. Per me lo stesso. E penso anche sia molto italiana questa cosa di non parlare tanto del denaro e vergognarsi della ricchezza. Non c’ niente di male ad avere successo. Sar poi come ti comporti a determinare che tipo di persona sei. L’altra componente italiana quella del “il piccolo bello”. Alla fine sembra grande un’azienda che vale 50 milioni ma, come dicevo prima, non cos.

Il recente dibattito su Pos e contanti in Italia?

Si basa su un errore di fondo di una norma scritta dieci anni fa e superata da tecnologia e mercato: in un mondo di pagamenti elettronici in diverse forme parlare di obbligo di Pos o di carte di credito e di debito sbagliato, non fa che alimentare lo scontro fra consumatori e piccoli esercenti. Quest’anno credo sar il primo in cui i pagamenti elettronici saranno pi della met di tutti i pagamenti retail in Italia: io sono per preoccupato perch non si stanno trattando i temi giusti. Gli esercenti dovrebbero essere stimolati a digitalizzarsi, ma non perch poi li controlli e non evadono, ma perch se no chiudono. Perch altrimenti la gente va nel negozio di fianco, perch se no il turista neanche ci entra e non torna in Italia l’anno, perch stufo di essere in un Paese dove devi pagare con il contante. Il punto che tutto il dibattito non doveva esserci, il concetto da far passare : digitalizziamo, aiutiamo a digitalizzare, sosteniamo l’esercente. Io sono convinto che l’esercente fisico avr un ruolo enorme in futuro quando avremo molto pi tempo libero e non lo passeremo — spero per tutti — in casa a ordinare online e calare dalla finestra la carrucola sul rider. Spero che usciremo, passeremo tempo fuori, e l’esperienza nei negozi deve essere migliorata con la digitalizzazione.

Tutto vero, ma gli esercenti si preoccupano prima di tutto di far quadrare i conti oggi.
Un ristorante mettendo un QR code sul tavolo pu raddoppiare gli ordini perch non deve avere il cameriere che gira in continuazione e non riesce a stare dietro a tutte le richieste. Abbiamo visto che ci sono aziende che fanno pagamenti dal tavolo e in quei locali si fa +40% di fatturato. Si dovrebbe parlare di questo, del fatto che il negozio fisico per mantenere un ruolo centrale deve investire in innovazione e non sentirsi libero di mandare a quel paese un consumatore che paga in modo elettronico .

La fermano per strada?
A Cuneo, dove sono nato, fermano i miei familiari. Ogni tanto capita anche a me. Non mi definirei famoso, ma se sei un po’ curioso mi conosci, ed una cosa positiva. Ieri, per esempio, venuto a casa un medico che mi ha riconosciuto e ha detto “ti seguo da sette anni, ti avevo anche scritto perch volevo investire”. E ci ha presi come suoi pazienti. Mia moglie Nadia ha commentato “Oh, finalmente un qualche vantaggio”.

Un libro che ha letto di recente.
Come insegnare al vostro bambino ad essere fisicamente splendido (Armando editore, 1992) . Me lo aveva consigliato il pap di Marta Bassino, la campionessa del mondo di slalom gigante, anche lei di Cuneo. Lui non ha mai detto ai suoi figli “piano”, ma solo “attenzione”, perch se no li freni.

E lei sa frenare?
Andar forte mi piace purtroppo. Anche sugli sci, con i miei fratelli ho sempre un po’ paura perch facciamo a gara per vedere chi il pi veloce.

28 dicembre 2022 (modifica il 28 dicembre 2022 | 08:24)

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