di Lara Sirignano
Incontri fino a pochi giorni prima del blitz. In molti dagli inquirenti per paura di essere coinvolti. Nell’ultimo covo del boss 5 diversi documenti di identit, intestati ad altrettante persone
PALERMO — andata dagli investigatori dopo aver visto la foto dell’uomo che ha frequentato per mesi. Non avevo idea della sua vera identit, a me si presentato con un nome diverso. Non potevo sapere che fosse Matteo Messina Denaro .
Parla con gli inquirenti la donna che ha avuto una relazione con il capomafia arrestato due settimane fa a Palermo, dopo 30 anni di latitanza. E racconta una storia d’amore come tante, se non fosse per il protagonista maschile.
La testimone si presentata spontaneamente dopo essersi resa conto — ha detto — che il suo amante era il capomafia di Castelvetrano. La coppia si sarebbe vista fino a pochi giorni prima del blitz a casa di lui, l’appartamento di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, in cui il boss ha trascorso l’ultimo periodo da uomo libero, il covo in cui gli inquirenti hanno trovato documenti, telefoni e pizzini.
Assicura di non aver mai nutrito sospetti, parla dell’ex amante come di un uomo gentile e attento. Chi indaga, per, non convinto che dica tutta la verit e sta cercando riscontri ai suoi racconti. Ma la donna del padrino, che al momento non indagata, non l’unica a essersi rivolta agli investigatori.
La sfilata dei testimoni
Dal giorno in cui Messina Denaro finito in manette in tanti si sono presentati ai carabinieri. Una sfilata di testimoni dopo 30 anni di silenzio. Il ritrovato senso civico, per alcuni di loro, dipenderebbe, per, dal timore di conseguenze giudiziarie.
Nella casa del boss, nei suoi cellulari sono stati trovati, infatti, molti numeri di telefono: contatti con persone che Messina Denaro ha frequentato nell’ultimo anno vissuto quasi da uomo qualunque. Risalire alle identit degli interlocutori del capomafia non difficile.
Perci in molti anticipano le mosse della giustizia e si presentano a riferire di occasionali, brevi o lunghe frequentazioni con il padrino. L’ha fatto nei giorni scorsi il traslocatore incaricato di portare i mobili del boss dal covo di via San Giovanni al suo ultimo nascondiglio, l’ha fatto il proprietario della concessionaria di Palermo in cui Messina Denaro, con i documenti del suo ultimo alias Andrea Bonafede, ha acquistato la sua Giulietta.
Lo fanno i ristoratori che l’hanno visto nei loro locali, i pazienti della clinica La Maddalena a Palermo che l’hanno incontrato durante la chemioterapia e anche diverse donne.
Una rivelazione, quest’ultima, che non ha sorpreso gli investigatori che sanno da tempo che il capomafia ha un debole per il sesso femminile. Tutti giurano, comunque, di non aver mai sospettato di aver davanti il grande ricercato.
Le false identit
Che Messina Denaro usasse false identit , per, certo: i pm lo hanno sempre sospettato e ora ne hanno la conferma. Nell’ultimo appartamento occupato dal boss sono stati trovati cinque documenti di riconoscimento intestati ad altrettante persone, compatibili per et con il capomafia, vive e, a quanto pare, incensurate.
Le carte di identit scoperte avrebbero assicurato all’ex latitante generalit sicure per almeno 15 anni. E gli avrebbero consentito di viaggiare anche all’estero e occuparsi dei suoi affari milionari. Sui cinque documenti contraffatti indagano i magistrati della Dda di Palermo che dovranno accertare se il capomafia avesse a disposizione tessere precompilate e si sia limitato a mettere la sua foto o se abbia goduto della complicit di chi era incaricato del rilascio. E se gli alias fossero a conoscenza dell’uso che il boss faceva delle loro generalit.
Su due personaggi i pm per non hanno dubbi: Giovanni Luppino, l’insospettabile che ha accompagnato in auto Messina Denaro a fare la chemioterapia il giorno del suo arresto. E Andrea Bonafede che, tra mezze ammissioni e tante bugie, ha anche confessato di avergli prestato l’identit. Entrambi sono in carcere.
30 gennaio 2023 (modifica il 30 gennaio 2023 | 07:01)
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