Ambra Sabatini, atleta paralimpica: «Le mie foto sui social con le protesi per dare coraggio»

Ambra Sabatini, atleta paralimpica: «Le mie foto sui social con le protesi per dare coraggio»

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di Marco Bonarrigo

Ha vinto i 100 a Tokyo e ha il record del mondo nei 200. «Non guardatemi con compassione, non pensate “poverina, guarda com’è ridotta”. Sono felice così, non tornerei indietro»

«Prima dell’incidente odiavo i social. Essendo timidissima, non volevo esibire il mio privato. Dopo, ho cambiato idea: oggi penso che pubblicare le foto del mio corpo possa aiutare non solo chi ha subito un’amputazione, ma anche tutte le ragazze e i ragazzi ad accettarsi per quello che sono, senza timori o pudori».

Lo scorso 8 maggio Ambra Sabatini, livornese, 20 anni, è diventata la prima runner paralimpica amputata sopra il ginocchio a correre i 200 metri in meno di 30 secondi. Campionessa olimpica a Tokyo nei 100 metri (ha detenuto il record del mondo fino a sabato scorso), Ambra è anche la prima atleta disabile italiana arruolata a pieno titolo in un corpo sportivo militare, quello delle Fiamme Gialle.

L’oro olimpico, due record del mondo e l’ingresso in Finanza, tutto in pochi mesi. Com’è cambiata la sua vita, Ambra?

«Ho realizzato il mio sogno di bambina: diventare un’atleta professionista. Mi immaginavo mezzofondista e con due gambe ma sono felice di essere una sprinter con una gamba e una protesi».

In che modo le sue foto su Instagram possono aiutare chi ha subito un’amputazione come la sua ad elaborare il trauma?

«L’amputazione è un trauma per chi la subisce ma anche per chi gli è vicino. Io nelle prime settimane ho avuto momenti di sconforto ma non ho mai perso l’ottimismo. Trovavo la protesi estranea, pesantissima, difficile da muovere. Ora è davvero parte del mio corpo. Vorrei che tutti lo sapessero».

Come sceglie le foto?

«Le voglio belle, non volgari, non aggressive. Devono dire: questa sono io, Ambra, e queste sono le mie gambe. So bene che la pietà è una reazione umana quando si vede un amputato ma non guardatemi con compassione, non pensate “poverina, guarda com’è ridotta”. Sono felice così, non tornerei indietro».

Non tornerebbe a prima di quel 5 giugno 2019 quando, mentre andava ad allenarsi in motorino con suo padre, venne investita da un’auto?

«No. Prima di tutto perché sono viva: nell’impatto l’arteria femorale venne recisa di netto e se, per puro caso, non ci fossero stati dei soccorritori alle mie spalle non sarei qui. Secondo, perché quell’esperienza mi ha dato la forza di diventare un’atleta, di vincere, di viaggiare e conoscere persone e situazioni interessanti. Senza, forse sarei ancora la ragazzina di Porto Ercole che cercava un futuro nell’atletica».

Lei arrampica, va in bici da corsa, guida una macchina. Una vita pienissima.

«Ho appena preso la patente grazie a Toyota che mi ha fornito un’auto: per chi come me è amputata alla gamba sinistra le cose sono più facili. La bici è una grande passione, ho appena corso una tappa del Giro E».

Lei si batte per protesi tecnologiche accessibili a tutti.

«L’amputazione sopra il ginocchio è anche un problema economico: per muoversi bene, per poter fare le scale, ad esempio, ti serve il ginocchio elettronico. Costa 70 mila euro, a me lo paga lo sponsor ma ai disabili civili l’Inail offre rimborsi irrisori. Lo Stato dovrebbe capire che permettere a un amputato di essere autonomo è un investimento, non una spesa».

A dicembre lei è stata premiata da Mattarella e ha messo la sua medaglia d’oro al collo del Papa.

«Ero stordita dall’emozione. Il presidente è l’uomo che ha tenuto noi italiani uniti in anni difficilissimi, incontrarlo è stato un enorme privilegio».

— Atletica Italiana (@atleticaitalia) May 8, 2022

I suoi idoli?

«Bebe Vio, Alex Zanardi e la mia collega Martina Caironi, straordinari nel combattere per tornare a una condizione normale. Poi Allyson Felix per le sue venti medaglie olimpiche e mondiali, il ritorno dopo una maternità difficilissima e le battaglie per i diritti delle atlete. Il mio modello però è Roger Bannister».

Il primo uomo a scendere sotto i quattro minuti nel miglio nell’atletica leggera, 70 anni fa.

«Studente universitario, grande mezzofondista e poi scienziato. Tutti pensavano che quel “muro” fosse impossibile da demolire, lui no. Io vorrei rompere tutti i muri».

Il prossimo?

«Quello dei 13 secondi nei 100 metri».

30 maggio 2022 (modifica il 30 maggio 2022 | 00:03)

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, 2022-05-29 23:00:00, Ha vinto i 100 a Tokyo e ha il record del mondo nei 200. «Non guardatemi con compassione, non pensate “poverina, guarda com’è ridotta”. Sono felice così, non tornerei indietro», Marco Bonarrigo

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