Dopo la notizia della studentessa del liceo da Vinci di Trento. La ragazza non era stata ammessa alla maturità a causa di insufficienze in fisica, scienze, diritto, matematica e italiano. Successivamente il Tar ha deciso di ammetterla con riserva a delle prove suppletive per conseguire il diploma. Tuttavia, l’alunna in questione, ammessa quindi agli esami, è stata bocciata dalla commissione d’esame all’orale della maturità. Negli scrutini di lunedì pomeriggio, come ha riportato il T quotidiano, ha stabilito che gli scritti e l’orale, sostenuto lunedì mattina, abbiano evidenziato lacune troppo profonde per poter promuovere l’alunna.
Adesso, dopo la notizia che ha fatto il giro del web, un docente di un liceo trentino ha scritto a Valditara una lettera di denuncia per lo stato in cui versa la figura dell’insegnante, firmata da altri 100 colleghi.
La lettera integrale pubblicata dalla Stampa
Egr. Signor Ministro, sono un giovane professore di matematica e fisica che insegna al liceo scientifico Leonardo da Vinci di Trento. Nel mio lavoro ho sempre messo passione, dedizione, rigore e impegno, convinto dell’importanza del ruolo che ricopro. È di questi giorni la notizia, rimbalzata sui giornali, di un fatto avvenuto nella mia scuola e secondo me significativo per la sua gravità.
Una studentessa non è stata ammessa all’esame di stato a causa di ben cinque insufficienze in discipline di indirizzo. Conosco i miei colleghi, nutro una grande stima nei loro confronti, un corpo docente che lavora costantemente per i ragazzi, una scuola accogliente che fa del patto educativo l’elemento cruciale e che offre ogni anno numerose e diversificate opportunità di recupero. Prima della non ammissione, la ragazza ha svolto un test di ingresso universitario. La studentessa, avendo superato il test, ha ritenuto opportuno andare contro la decisione della scuola ricorrendo al Tar per chiedere la riammissione agli esami.
Il Tar, cosa incredibile, ha accolto la richiesta «esclusivamente in considerazione del pregiudizio dedotto dalla ricorrente», ossia del fatto che non potrebbe così accedere all’università. Senza entrare nel dettaglio, ma riflettendo da docente, mi rende perplesso come, in un colpo solo, il decreto cancelli la credibilità di una scuola e dei suoi insegnanti radendo al suolo tutto il lavoro di valutazione e conoscenza di un intero anno scolastico. La ragazza non è una mia allieva, ma sono sicuro che la decisione di non ammetterla agli esami sia stata una scelta sofferta, presa nella convinzione di fare il meglio per il suo futuro. Il punto, signor ministro, non è il caso specifico che avrà in un modo o nell’altro la sua conclusione.
Il punto è la scuola e il suo futuro. Vedo sempre più ragazzi rincorrere strade facili, aiutati dalle famiglie e dalla società a cercare escamotage per andare avanti, nella visione superficiale di un mondo nel quale devi dimostrare quanto sei furbo e non quanto vali. Cosa deve insegnare la scuola? Me lo domando mentre vedo la mia categoria umiliata da una decisione che la sorpassa e le toglie autorevolezza. In primo luogo, la sospensiva del Tar è uno schiaffo alla credibilità dell’insegnante. Mettendo in discussione l’operato di un intero Consiglio di classe, infatti, è evidente che le implicazioni che ne conseguiranno saranno pesanti. Alla luce di ciò, che voce in capitolo avremo in futuro? Cosa diremo ai nostri giovani studenti? A cosa ci appelleremo quando chiederemo interesse, impegno, dedizione, quando anni di lavoro potrebbero essere completamente polverizzati a colpi di tribunale?
In secondo luogo, il decreto mette in difficoltà la serenità di giudizio del corpo insegnante. Chi avrà più la forza, il coraggio, la tenacia di affrontare una scelta dolorosa, ma a volte necessaria, come una bocciatura? In terzo luogo, trovo che sia un segnale didatticamente e umanamente sbagliato. È infatti durante quell’età che si consolidano il senso di giustizia e il senso del dovere, bagagli necessari per affrontare le sfide del futuro. Trovo altresì deplorevole l’idea che basti avere un buon avvocato, l’idea dell’essere disposti a tutto pur di farla franca. No signor Ministro, questo non credo sia il giusto insegnamento da dare ai ragazzi. Cosa si potrebbe fare? Noi docenti avremmo delle valide soluzioni, ma sarebbe auspicabile che qualcuno ci desse voce e che ci ascoltasse. A breve termine, innanzitutto, sarebbe necessario rivedere i test d’ingresso universitari.
Durante il quinto anno molti studenti sono praticamente dei fantasmi, in quanto il loro interesse è tutto proiettato verso queste prove. Noi docenti ci troviamo per buona parte dell’anno con classi dimezzate, impossibilitati a svolgere in modo continuativo la nostra attività didattica. Anticipare i test a gennaio e febbraio è uno schiaffo alla dignità del sistema scolastico secondario. Una delegittimazione totale del valore e del significato più intrinseco dell’Esame di Stato. La prego di tenere conto di questo aspetto. Torniamo dunque ai test estivi. Facciamo in modo che le Università tornino ad essere protagoniste solo dopo il traguardo del quinquennio superiore.
Nella nostra scuola, quest’anno, abbiamo affrontato spesso questo argomento, ma capisce che è tutto inutile. Ammesso sia possibile spostare i test in Trentino, infatti, questa soluzione sarà completamente inefficace se non si interverrà su tutto il territorio nazionale. A lungo termine, invece, le chiedo di riportare la figura dell’insegnante al centro della scuola cominciando dalle piccole cose, cercando di valorizzare con i fatti il nostro impegno ed evitando situazioni svilenti.
La ringrazio anticipatamente per l’attenzione e le rivolgo i miei distinti saluti.
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