Anatomia di un dramma: perché Haiti non riesce a rialzarsi?

Anatomia di un dramma: perché Haiti non riesce a rialzarsi?

Spread the love

di Michele Farina

Uragani, terremoti, povertà e criminalità spiegano solo in parte perché l’ex Hispaniola è uno dei luoghi più senza speranza del mondo. Ex colonia francese, fu il secondo Paese delle Americhe (dopo gli Stati Uniti) a dichiarare l’indipendenza. Ma qui gli eredi degli schiavi sono stati costretti a risarcire gli eredi degli schiavisti

Sotto il sole di Haiti, il Paese più vibrante e devastato delle Americhe, rovistare nel passato è un lusso per pochi. Quando la vita è in bilico, a che serve indugiare sulle glorie degli avi, i primi schiavi al mondo a guadagnarsi l’indipendenza a inizio Ottocento, o indagare sulle malefatte dei colonizzatori che si vendicarono imponendo un gigantesco pizzo a quel giovane Stato, affossandolo fino ai nostri giorni? Gli haitiani sono grandi consumatori di tempo presente: devono cogliere l’attimo e, primo, portare a casa la pelle, secondo, qualcosa da mangiare. Ad Haiti è anche vero che la gente sogna parecchio: un futuro altrove, un figlio che non ti venga rapito, una classe dirigente non troppo disonesta, una pagnotta che non sia fatta di terra, un salvacondotto per le persone come Luisa Dell’Orto, la suora italiana di 65 anni uccisa l’altra settimana per la strada a Port-au-Prince. Sognano i poveri, anche quando scavano nella spazzatura di Cité Soleil. Ma gli scavi nella storia no, quelli sono un hobby per ricchi e sapienti, per chi vive fuori dal Paese e dalla mizé (la miseria, in creolo), per chi può guardarsi alle spalle senza paura di distrarsi e magari trovarsi davanti un machete o il posto di blocco della gang di turno.

AD HAITI LA GENTE SOGNA PARECCHIO: UN FUTURO ALTROVE, UN FIGLIO CHE NON TI VENGA RAPITO, UN SALVACONDOTTO PER LE PERSONE COME LUISA DELL’ORTO, LA SUORA ITALIANA DI 65 ANNI UCCISA L’ALTRA SETTIMANA PER LA STRADA A PORT-AU-PRINCE

Raramente il presente è stato così cupo: basti dire che tutte le vie di accesso a Port-au-Prince, la capitale con oltre due milioni di abitanti, sono controllate da decine di bande criminali che si danno battaglia con i civili nel mezzo. L’instabile lottizzazione della violenza e la debolezza della polizia fanno sì che il porto, dove arriva la maggioranza delle materie prime, sia circondato. Dai moli guardando il mare, un mare impoverito come la terra intorno, oggi si fatica a ricordare il giorno in cui nella baia dei principi, 21 anni dopo l’indipendenza, affondò l’àncora il barone di Machau, inviato da re Carlo X di Francia con 500 cannoni spianati e un ultimatum per i governanti della rivoluzionaria Repubblica: dateci 150 milioni di franchi o apriamo il fuoco.

I GIORNALISTI DEL NEW YORK TIMES HANNO RICOSTRUITO LA STORIA DEL “RISCATTO” IMPOSTO DA PARIGI AD HAITI ALL’INIZIO DELL’800. AL CONTROLLO FRANCESE SUBENTRO’ QUELLO USA: NEL 1915 MARINES AMERICANI MARCIARONO SULL’ISOLA PER POI LASCIARLA NEL ‘34

Un ricatto bestiale, una cifra enorme che secondo Parigi doveva “compensare” le perdite subìte dai colonizzatori defraudati, i ricchi proprietari degli schiavi martoriati e delle piantagioni di zucchero e caffè che avevano fatto della colonia Hispaniola la più profittevole dei Caraibi. Anche Napoleone aveva provato a riprendersela, e le sue armate si erano ritirate avendo perso più soldati che a Waterloo. Ma dopo la Restaurazione la monarchia borbonica tornò alla carica, trovando dall’altra parte dell’oceano istituzioni incerte e stremate su cui tendere la trappola del “doppio debito”.

Negli Stati Uniti la schiavitù era ancora di casa

Port-au-Prince non aveva alleati, anzi: i vicini più potenti, gli Stati Uniti dove la schiavitù era ancora di casa, consideravano il successo della rivolta haitiana un pericoloso precedente da contrastare. In questo scenario, di fronte ai 500 cannoni lucenti del barone di Machau, il presidente haitiano si sottomise al mafioso ricatto degli ex padroni questuanti. E poiché le casse pubbliche non avevano soldi per compensare gli schiavisti di Sua Maestà, la Francia malignamente li offrì in prestito (con interessi da strozzini). E fu così che il doppio, beffardo giogo del riscatto e del prestito fu caricato sulle spalle degli abitanti di un Paese nascente e dei loro ignari discendenti per decenni a venire. «Gli schiavi combatterono per l’indipendenza. Per fargliela pagare, fu creata un’altra forma di schiavitù». Così riassume semplicemente Cedieu Joseph, capo di una piccola cooperativa di coltivatori di caffè nel paesino di Dondon, a chi gli chiede notizie.

LE BANCHE DI WALL STREET VIDERO NEL PAESE UN GRANDE AFFARE: L’OCCUPAZIONE MILITARE AMERICANA DURÒ DAL 1915 PER 19 ANNI. IL NODO DEL DOPPIO DEBITO

Lì, sulle montagne di Haiti, quella del doppio debito è una vaga certezza che si tramanda come certe oscure storie di una volta, storie che di fronte all’accecante luce del presente con i suoi freschi malanni perdono consistenza e scivolano nella leggenda. È stato così per le autorità francesi, che l’hanno sempre rubricato come il polveroso retaggio di una vicenda d’altri tempi. E quando sulla scena di Haiti, dopo mezzo secolo di dittatura (Papa Doc e Baby Doc), comparve nel 2003 un presidente con il dente avvelenato come il populista Jean-Bertrand Aristide, che chiedeva a gran voce a Parigi la restituzione del maltolto, finì tutto in niente: Aristide fu cacciato in esilio in Africa da un commando di “gendarmi” americani con grande sollievo (e con lo zampino) degli amici francesi. Scordiamoci il passato con le sue imbarazzanti richieste di risarcimenti. Da allora la musica di Haiti ha ripreso a viaggiare sui ritmi incalzanti del presente, una narrativa fatta di tragedie naturali (il terremoto, il colera, gli uragani) e malefatte umane: la corruzione, la disuguaglianza, la mancanza di un vero servizio pubblico, la violenza, le differenze lampanti con i vicini della Repubblica Dominicana.

Il ricatto di Parigi pesa sul reddito pro capite

A proposito di queste differenze: lo sapevate che il reddito degli haitiani sarebbe oggi cinque volte superiore a quello attuale, e dunque in linea con il relativo benessere dei “cugini” di Santo Domingo, se la Francia non avesse caricato sulla prima repubblica degli ex schiavi quella “doppia punizione” in denaro? Per stabilirlo ci è voluta una squadra di giornalisti e segugi del quotidiano americano New York Times, che ha riportato alla luce in tutti i dettagli più paradossali quello scandalo sepolto negli archivi delle banche e nelle corrispondenze tra ambasciatori, come certe scoperte archeologiche che cambiano la prospettiva e i giudizi della storia.

Il «progetto ransom»

Per mesi la squadra del progetto “Ransom” (“il pagamento di un riscatto”) ha spulciato migliaia di documenti tra Haiti, Francia e Stati Uniti. Materiale che neanche gli storici di professione avevano mai esplorato a fondo. Il Times ha seguito le tracce dei pagamenti finiti a Parigi, pari a 560 milioni di dollari attuali. Ha sottoposto i suoi calcoli all’attenzione di 15 economisti di fama internazionale, che ne hanno confermato l’esito: quel denaro sottratto agli haitiani (alla costruzione di ospedali, fabbriche, scuole) corrisponde a una “mancata crescita” quantificabile con una forbice che va dai 21 ai 115 miliardi di dollari, circa otto volte il Pil del Paese caraibico. La stretta perversa del debito è durata oltre cento anni fino al 1957, sotto la dittatura di un dottore chiamato François Duvalier. Al centro della rete dei profittatori ci fu una grande banca francese, il Crédit Industriel et Commercial, che da una parte finanziava la costruzione della Tour Eiffel e dall’altra (scrive il Times) “strangolava” l’economia di Haiti. Dopo l’inchiesta, il C.I.C non ha fatto causa al giornale americano, ma ha promesso di fare luce sul ruolo assunto nella “colonizzazione finanziaria” del Paese oltre oceano.

Gli schiavisti di Wall Street

Nel 1915, ai francesi si sostituirono gli americani, con le banche di Wall Street che videro nella gestione di Haiti un grande affare, tanto che l’occupazione militare Usa durò dal 1915 per 19 anni. La National City Bank, futura Citigroup, negli Anni 20 ammise di avere avuto i più alti margini di rendita proprio dalla gestione del debito pubblico di Haiti, un posto incredibile dove, nelle parole del Segretario di Stato William Bryan, «c’erano negri che parlavano francese». Pensateci, quando sentite una brutta notizia che arriva da Haiti: l’unico Paese al mondo dove gli eredi degli schiavi hanno dovuto risarcire gli eredi degli schiavisti.

9 luglio 2022 (modifica il 9 luglio 2022 | 04:47)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-07-09 02:52:00, Uragani, terremoti, povertà e criminalità spiegano solo in parte perché l’ex Hispaniola è uno dei luoghi più senza speranza del mondo. Ex colonia francese, fu il secondo Paese delle Americhe (dopo gli Stati Uniti) a dichiarare l’indipendenza. Ma qui gli eredi degli schiavi sono stati costretti a risarcire gli eredi degli schiavisti, Michele Farina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.