Se volete sapere come possano entrare nello stesso ragionamento gli angeli e le tasse, oppure cosa possano avere in comune una molestia fastidiosa e la doverosa riparazione delle pubbliche strade, non avete altro da fare che leggere questo piccolo viaggio alle origini della parola angheria.
Cominciamo dai parenti. La parola angheria entra in italiano abbastanza presto, prima del 1364 secondo il dizionario di Tullio De Mauro. Proviene dal tardo latino angaria (m) che letteralmente significava obbligo di fornire i mezzi di trasporto. Ma per il nostro ragionamento pi importante il nonno, il termine greco aggareia, a sua volta direttamente derivata da aggaros, una parola persiana che significava messaggero.
Mai buone notizie. L’origine persiana fondamentale perch ci racconta come questi primi messaggeri svolgevano un ruolo fondamentale per diffondere gli ordini del sovrano e raccogliere i tributi a suo favore. Per svolgere la loro funzione disponevano di un grande potere, che permetteva loro di farsi obbedire in ogni provincia, qualunque fosse la loro richiesta. Sembra naturale che non fossero visti con grande simpatia e il loro arrivo non coincidesse con feste di giubilo.
Prima digressione sulle sabbie mobili. Alcune interpretazioni sull’origine della parola angheria, in particolare dal greco aggaros nel significato di messaggero, la collegano ad una radice indoeuropea Ag, nel significato principale di andare, che sarebbe all’origine della parola angelo. Anche in questo caso messaggero, per i greci angelo infatti l’attributo di Ermes, messaggero degli dei con l’inconfondibile cappello alato, Mercurio per i latini. Con le religioni monoteiste gli angeli hanno conservato il ruolo di messaggeri della parola divina, con la variante dell’esistenza di una schiera di angeli ribelli che agli ordini del loro capopopolo Satana, si sono trasformati in diavoli. Ma questo viaggio ci porterebbe davvero troppo lontano.
Torniamo alle tasse. Nell’evoluzione storica la parola angaria-angheria ha finito per rappresentare la raccolta di tasse da parte di imperatori o nobili di rango inferiore, passando dai tributi imposti in epoca romana a beneficio dell’esercito, a quelli dovuti per la sistemazione delle strade in modo che i messaggeri non trovassero ostacoli nei loro spostamenti, fino alle pretese per se stessi e per i sovrani, che venivano richieste dai feudatari. Insomma, una parola strettamente legata alle tasse da esigere con tutti i mezzi. Spesso con tutta la prepotenza del caso.
Da un sopruso a una prepotenza. Con tutte queste premesse qualcosa l’abbiamo capito: le tasse sono una sofferenza fin dall’antichit, specialmente perch per lunghissimo tempo non sono servite a pagare servizi a vantaggio di tutti, ma solo vizi e privilegi riservati a pochissimi. Il concetto moderno di tassa comprende la quota di reddito che una comunit destina alle spese comuni, come la sanit, la scuola, la sicurezza. Proverbiale invece la spietata crudelt degli esattori di un tempo (va bene, anche quelli di oggi non sono simpaticissimi) per una lunga serie di soprusi e prepotenze di cui sono stati capaci. Quindi non possiamo stupirci se quella che nasce come una tassa, l’angheria con cui venivano chiamati vari tipi di tributi, diventa nel linguaggio sinonimo di una prevaricazione, di una persecuzione. Di una sopraffazione, di cui ci siamo gi occupati.
Comunque da non disprezzare. Alcuni anni fa anghera comparve in un elenco di circa 3.000 parole da salvare suggerite dalla Zanichelli come desuete. Il giornalista e scrittore Daniele Pugliese, sul sito dell’associazione Tessere, si schier in una sua appassionata difesa: Sarebbe davvero un’anghera, vale a dire un sopruso, un atto di prepotenza, non servirsene pi ed abbandonarla al proprio destino in una societ vertiginosamente mutante e perci distratta dall’impiego appropriato del proprio linguaggio a favore di contrazioni, acronimi, neologismi e emoij al posto del ricco e generoso vocabolario di cui fortunatamente disponiamo. Menzionarla e rimetterla all’attenzione, rendendola disponibile al suo precipuo utilizzo, salutare non solo e non tanto per un ossequio filologico e letterario, quanto invece per l’incombenza della sua presenza.
Guardiamoci intorno. Il ragionamento di Daniele Pugliese assolutamente condivisibile: purtroppo le angherie che ci circondano sono sempre di pi. Qualche volta utilizzano sistemi modernissimi, basti pensare all’aggressivit che si riscontra sui social cos facilmente protetta dall’anonimato. Spesso le vessazioni utilizzano ricette antiche, dove la violenza dei modi, la disponibilit di una tribuna e magari il tono della voce prendono il sopravvento rispetto alla qualit di un ragionamento. Non siamo abituati a cercare di convincere il nostro interlocutore, quello che vediamo pi spesso e il tentativo di una sopraffazione. Non siamo abituati al confronto: la mediocrit tra aggressivit e vittimismo premia sempre chi ha pochi argomenti.
23 maggio 2023 (modifica il 23 maggio 2023 | 19:39)
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