Una pausa dopo il diploma, per qualche mese o per un anno. Questa la prospettiva a cui si prepara un gran numero di studenti: oltre 1 su 10 valuta infatti di prendersi del tempo dopo la Maturità per riflettere, per capire che cosa fare della propria vita. Ma anche per ritagliarsi una parentesi in cui dedicarsi a sé stessi, per “staccare la spina” dagli impegni, per allargare i propri orizzonti. A evidenziarlo è “Dopo il diploma”, l’osservatorio annuale condotto da Skuola.net – su un campione di 3.200 alunni delle scuole superiori – in collaborazione con ELIS, realtà no profit specializzata nella formazione al lavoro.
Il trend del cosiddetto “anno sabbatico”, inoltre, è in costante ascesa: se nel 2021 solo l’11% del campione interpellato metteva in conto un periodo di pausa, un anno dopo era il 13% e ora rappresenta il 16%. Va però notato anche come, man mano che ci si avvicina al termine degli studi, si riducono leggermente coloro che preconizzano uno stop: tra gli alunni di quinto superiore il dato scende al 12%, ma l’incremento resta significativo, visto che nel 2021 erano appena il 6%.
Qualcuno potrebbe facilmente collegare questo approccio al disorientamento e al senso di precarietà che alberga nella mente di molti ragazzi, specie in ottica lavoro o di fronte al bivio su quale percorso di studio o formazione intraprendere. Ma le cose non stanno sempre così. Perché la motivazione principale che spinge alla sosta momentanea è un’altra: la voglia di fare esperienze che vadano oltre il classico il binomio studio-lavoro è la risposta più diffusa, indicata da quasi un terzo (30%) di quanti stanno pensando all’ipotesi “anno sabbatico”.
Ovviamente, però, il timore di compiere scelte errate è molto presente. Perché oltre un quarto di loro (28%) sarebbe spinto dalla necessità di disporre di ulteriore tempo per decidere in merito al proprio futuro, per ragionare a mente fredda, per valutare, per schiarirsi le idee. Mentre una quota inferiore (23%), ma comunque significativa, immagina che una pausa possa giovare in particolare al proprio benessere psico-fisico, vero nervo scoperto per migliaia di giovani; esigenza che, tra chi è a un passo dal diploma – gli studenti di quinto superiore – è ancora più accentuata. Solamente 1 su 5, invece, interpreterebbe quel periodo come una sorta di resa dettata dall’assenza totale di prospettive.
Chiaramente le prospettive cambiano se si hanno le spalle più o meno coperte. Così, analizzando le risposte degli intervistati in funzione del contesto socio-economico di origine, si scopre che il censo ha il suo peso anche sulla propensione al periodo “sabbatico”: tra chi proviene da contesti meno agiati i favorevoli alla prospettiva sono oltre il 20% del totale degli intervistati, mentre nella controparte agiata la quota è praticamente dimezzata. Nel primo caso, peraltro, si accentua la volontà di farlo per valutare con calma in cosa impegnarsi dopo la scuola o per provare diverse esperienze di vita: unendo le due opzioni si copre circa il 60% della platea.
“Si tratta di una situazione paradossale – fa notare Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – in quanto una volta l’anno sabbatico era un lusso da ‘ricchi’, mentre ora sembra un ulteriore fardello a carico dei meno abbienti. Questo perché la scuola sembra non essere capace di offrire sufficienti possibilità di realizzare esperienze di vita oltre lo studio o di completare nei tempi giusti il percorso di orientamento, in modo da essere pronti al futuro subito dopo il conseguimento del diploma. Così è facile che laddove la famiglia possa sopperire a tali lacune grazie alle proprie risorse culturali e finanziarie, l’esigenza di mettersi in pausa si riduca drasticamente”.
Allo stesso modo, facendo una distinzione di genere, i ragazzi sembrano decisamente più propensi a mettersi “in pausa” rispetto alle ragazze: tra i primi, infatti, si arriva tranquillamente al 20%; tra le seconde si resta attorno alla media generale.
“I giovani – sottolinea Gianluca Sabatini, Responsabile Marketing e Sviluppo Education ELIS – sono inseriti, oggi, in contesti stressanti che penalizzano la capacità di “visione strategica”, rendendo complicato porsi un obiettivo e ragionare sugli strumenti necessari a raggiungerlo. Sembra che i ragazzi abbiano molta più libertà di scelta, quasi infinite possibilità di sviluppo formativo e professionale; in realtà, il rovescio della medaglia è una sorta di “paura paralizzante”: il momento di “ogni scelta”, per paura di sbagliare, si traduce in un momento di “nessuna scelta”. A peggiorare questo umore incerto c’è anche la FOMO, la “paura di essere tagliati fuori”: nuove forme di ansia sociale gravano sui nostri studenti. Ne consegue che il benessere psicologico sia il vero tema, il vero fattore di rischio”.
“È possibile però fronteggiare queste criticità – prosegue Sabatini – spiegando il concetto di “pausa” non come anno sabbatico ma come percorso da intraprendere a seguito di un buon orientamento. Più e più volte abbiamo sottolineato l’importanza di un affiancamento costruttivo agli studenti, ponendo attenzione non solo al percorso scolastico, ma alle attitudini mostrate in aula, da trasformare in competenze professionali”.
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