Anselm Kiefer, in mostra a Napoli lomaggio a Giovanni Segantini: Voglio vedere le mie montagne, le sue ultime parole e il mio punto di partenza

Anselm Kiefer, in mostra a Napoli lomaggio a Giovanni Segantini: Voglio vedere le mie montagne, le sue ultime parole e il mio punto di partenza

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di ANSELM KIEFER

Il grande artista tedesco racconta la sua mostra che rende omaggio al genio trentino del divisionismo e che inaugura il 12 febbraio alla Galleria Lia Rumma

L’Italia il mio Paese preferito. Sono stato a Napoli molte, molte volte e una volta persino a Roma per sei mesi. L’Italia mi ha sempre accolto in modo speciale e mi ha percepito pi intensamente rispetto, ad esempio, al mio Paese d’origine.

Quando un pittore inizia a scrivere, il detto di Goethe: Crea artista! non parlare! risuona ancora.
Durante tutta la mia vita ho sempre vissuto nel conflitto se preferire diventare un pittore o uno scrittore. La decisione stata resa ancora pi difficile, tra l’altro, dal fatto che all’et di sedici anni ricevetti un prestigioso premio per il mio diario e il papa letterario dell’epoca, Walter Jens, scrisse una recensione cautamente positiva.

Da allora pubblico a volte qualcosa, ad esempio se mi viene chiesto di scrivere sugli acquerelli di Emil Nolde o su altri artisti. Ma ogni volta il risultato deludente, perch quando un testo viene stampato diviene definitivo e allora non posso pi procedere nello scritto come faccio con i miei quadri. Questi li posso mettere in discussione in qualsiasi momento, distruggerli e resuscitarli. Perch solo un iconoclasta un bravo artista.

Lo si vede ora dai frammenti della mostra da Lia Rumma: ho rinunciato, a creare uno chef d’oeuvre. Un quadro per me sempre e solo una condizione momentanea in un lungo percorso di delusioni, distruzione e resurrezione, segnavia in un lungo percorso senza fine.

Le tele che potete vedere l sono rimaste chiuse in container nel corso del tempo. Ora le ho tirate fuori di nuovo, le ho stese per terra nel mio studio, e poi le ho danneggiate nel modo pi brutale, esponendole agli acidi, alla pioggia, etc…

Ed ecco: dalle macerie sono sorte all’improvviso montagne, montagne dove Giovanni Segantini mi apparso come un raggio di luce e le sue ultime parole sul letto di morte echeggiano nella mia mente: Voglio vedere le mie montagne.

Ho conosciuto Segantini presto, da studente, e l’ho percepito in modo molto differente nelle diverse fasi della mia vita.

All’inizio — quando ancora studiavo giurisprudenza — mi interessava il divisionismo, utilizzato da Segantini ma inventato da Seurat. Per me questo modo razionale di dipingere stato il contrappunto salvifico alla mia confusione di allora. Poco dopo, per, ho realizzato che questo metodo era per me come una parodia della pittura; questa attenzione ai dettagli era come lavorare all’uncinetto o a maglia.

In seguito, fui attratto piuttosto dalle metafore, dal pathos, dai suoi pensieri resi visibili. Dal suo desiderio di salvezza attraverso la natura, che essa stessa irredenta. La sua devozione arcicattolica per Maria mi colp particolarmente, dato che da giovane ebbi una vera e propria apparizione mariana.

Ancora oggi apprezzo molto le opere di Segantini, ma le vedo da un punto di vista pi libero, pi come una meravigliosa cava da cui attingere, le cui pietre con i loro poteri intrinseci obbediscono a leggi autonome. L’attento ascolto delle pietre da parte di Segantini, il ricorrere alle montagne, l’identificazione con esse si ritrova in poeti come Hans Henny Jahnn e Adalbert Stifter. In una delle mie prime interviste con Beuys, ho commentato una volta in contrapposizione alle sue asserzioni politiche: non solo le persone hanno una coscienza, ma anche le pietre.

E cos i quadri di montagna di Segantini possono essere interpretati nei modi pi svariati.
Spesso sono le immagini di alte vallate, non quelle di abissi o di cascate, in cui avviene l’unione fra la natura e l’uomo. Sono cime senza gole, ci significa un’altezza assoluta senza la relativa profondit. C’ sempre qualcosa di sublime e pacifico in queste immagini. Le persone in esse rappresentate, confinate nella loro semplicit, nella loro povert conferiscono ai quadri qualcosa di atemporale.

Ma in alcune opere sembra trasparire qualcos’altro: una contraddizione. Le montagne, che appaiono immortali vicino ai mortali, mostrano allo stesso tempo transitoriet. Ad esempio, il quadro con la Piet: la salma non giace sul grembo di Maria, bens il corpo mortale di Cristo appare gi come un cadavere che sar consumato dai vermi. Un’immagine di caducit, cos come le montagne non sono statiche, ma vengono logorate dall’erosione non appena si ergono.

Si sa, e doveva saperlo anche Segantini, che le Alpi si sollevano un po’ ogni anno per la deriva dei continenti, ma l’altezza delle montagne diminuisce di nuovo nella stessa misura a causa dell’erosione. Quindi si dimostrano effimere quanto noi umani. Ci che distingue la cresta della montagna dalla falena e dal verme solo un periodo pi lungo di decadimento. la contraddizione tra persistenza e caducit che vediamo negli altipiani di Segantini. Vi qui una connessione tra l’umano, l’animale e l’inorganico. Una sorta di tenerezza cosmica. Nei quadri di Segantini vediamo un paradiso perduto, una lontana Terra Promessa.

Con Giacometti, che fu amico di Segantini, ben diverso: nelle sue figure vediamo delle scalfitture, come grumi che si sono staccati da massicci montuosi, come strutture assemblate da detriti e poi di nuovo tracce dell’asportazione della materia. L’utopia di Segantini, l’armonia e il rapporto infantile con la natura, diventa in Giacometti verit, entropia.

E cos quest’ultima espressione di Segantini non mi appare come qualcosa di definitivo, ma come qualcosa di prossimo, come una novit, come un nuovo fronte, come il Principio Speranza di Ernst Bloch.

I quadri esposti da Lia Rumma, sono ormai rimasti nel limbo, si possono ancora ridipingere in un modo o nell’altro. Cos come Segantini spesso ridipingeva parti dei suoi quadri.
Infine: forse i miei quadri mancati sono stati riscattati non solo dalle ultime parole di Segantini, ma anche dal ricordo di un’opera del mio maestro Joseph Beuys a Eindhoven. Perch le idee sono nell’aria che ci circonda e si depositano dove vogliono.

A Eindhoven, Beuys ricre le Alpi partendo da oggetti di uso quotidiano. Un armadio divenne un ghiacciaio, una cassapanca e uno sgabello una roccia e un letto una valle. Ho potuto vederlo al Van Abbemuseum quando ho tenuto l una mostra negli anni Ottanta.

(Traduzione di Dionisia Boscolo)

L’autore: installazioni e dipinti di un tedesco che ama l’Italia

Nato l’8 marzo 1945 a Donaueschingen, Germania, dal 2007 Anselm Kiefer vive e lavora in Francia, a Parigi e a Croissy. Dopo aver studiato legge e lingue e letterature romanze, Kiefer ha scelto di dedicarsi interamente all’arte frequentando prima l’Accademia di Belle Arti a Freiburg im Breisgau e poi quella di Karlsruhe. Nel 2004 ha realizzato I Sette Palazzi Celesti , la sua prima opera permanente in Italia, all’Hangar Bicocca di Milano, progetto curato da Lia Rumma. Kiefer ha ricevuto il Praemium Imperiale a Tokyo nel 1999. Nel 2022 ha allestito nella Sala dello Scrutinio del Palazzo Ducale di Venezia l’installazione Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce, un ciclo di dipinti ispirati ai versi del poeta veneziano Andrea Emo.

La mostra: dal 12 febbraio alla Galleria Lia Rumma di Napoli

Domenica 12 febbraio, la Galleria Lia Rumma di Napoli (via Vannella Gaetani, 12) inaugura la mostra Voglio vedere le mie montagne – fr Giovanni Segantini, la nuova personale di Anselm Kiefer che segna il ritorno dell’artista in citt. Il titolo della serie di dipinti ripreso dalle parole pronunciate dall’artista Giovanni Segantini (1858-1899) poco prima di morire e rimanda anche a un’opera del maestro di Kiefer, Joseph Beuys (1921-1986). Nelle grandi tele che saranno esposte negli spazi della galleria (l’inaugurazione dalle 12.30 alle 18) Kiefer rappresenta un potente e spiazzante paesaggio su cui si muovono le parole di Segantini. Nell’opera Die Windsbraut (La sposa del vento), riporta invece il titolo di un quadro di Oskar Kokoschka (1886-1980). La Galleria Lia Rumma aperta dal marted al sabato, dalle 11 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 19. Per informazioni scrivere a info@liarumma.it.

Segantini: l’amore per paesaggi e simbolismi

Considerato uno dei massimi esponenti del divisionismo, Giovanni Battista Emanuele Maria Segantini nasce ad Arco (Trento) il 15 gennaio 1858, in territorio all’epoca austriaco, da Agostino e da Margherita de Girardi di Castello, entrambi provenienti da famiglie un tempo agiate, poi cadute in disgrazia. Nel 1865, in seguito alla morte della madre viene spedito a Milano, su decisione del padre, in custodia presso Irene, figlia di primo letto. Dopo un’infanzia travagliata, uscito dal riformatorio, frequenta l’Accademia di Brera avvicinandosi al naturalismo e al simbolismo, elementi che caratterizzeranno la sua opera, assieme ai temi religiosi e alla pittura di paesaggio, a partire dal 1891. Segantini muore a soli 41 anni sullo Schafberg, il monte che domina Pontresina, il 28 settembre 1899, colto da un attacco di peritonite, mentre sta dipingendo.

8 febbraio 2023 (modifica il 8 febbraio 2023 | 08:23)

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