Antonio Recalcati, straordinarie «Impronte» di un’arte solitaria

Antonio Recalcati, straordinarie «Impronte» di un’arte solitaria

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di GIANLUIGI COLIN

scomparso nella sua Milano dove aveva esordito nel 1957. Grande interprete di una pittura fatta di ombre, era stato Orfeo nel Poema a fumetti di Dino Buzzati

Da grande pittore e celebrit degli anni Sessanta, stato anche il volto di Orfeo nello straordinario Poema a fumetti di Dino Buzzati. Antonio Recalcati, artista nomade e grande interprete di una pittura fatta di ombre e impronte,se n’ andato domenica scorsa a 84 anni, dopo una malattia che lo aveva lentamente portato lontano da quella scena artistica italiana e internazionale che lo aveva visto protagonista.

Antonio Recalcati (nato a Bresso nel 1938, ma era Milano e la citt dove viveva) davvero stato un interprete riconosciuto per la potenza innovativa della sua ricerca:esordisce giovanissimo da autodidatta nel 1957 con una mostra personale alla Galleria Totti di Milano. In quello stesso anno lo vediamo con Piero Manzoni, con cui firma il manifesto contro il Premio San Fedele in nome dell’Avanguardia, organizzando una contro-mostra al bar Giamaica. la sua attitudine ribelle lo porta presto a Parigi e a New York dove sviluppa e affina uno sguardo lucido e doloroso, indagando soprattutto la dimensione del corpo e le sue simboliche presenze.

Nascono cos le sue Impronte, tracce del corpo umano, che Antonio Recalcati realizzava disponendo il proprio corpo dipinto di colore sulla tela: in una sequenza di immagini del suo vecchio amico Aurelio Amendola, lo vediamo nel 1973 nel suo studio a Parigi, del quale era gelosissimo e dove non faceva entrare nessuno. Recalcati di benda e si butta a terra, si rotola sulla tela, lasciando cos una impronta che diventa dipinto e insieme metafora. Una vita completamente dedicata all’arte, la sua. Con totale consapevolezza.E lo si coglie anche nelle sue parole: Io volevo esporre una storia. Ho raccontato la mia. Se vuoi definirla in qualche modo, puoi dire che ho fatto un’operazione di autopsicanalisi. Se vuoi, puoi pi semplicemente dire che ho fatto un reportage. Un reportage sulla mia vita.

Sino all’ultimo, pur consapevole della sua malattia, era fortemente ancorato alla vita e alle sue opere:Proprio qualche giorno fa mi ha chiamato — ricorda Amendola —. Era senza voce, lo sentivo sofferente, mi chiedeva il catalogo con le sue fotografie. Non aveva perso la sua ironia e la sua voglia di vivere: Questa dialisi mi uccide, diceva ridendo. Il mondo bello, si continua a combattere. Ma al fratello Angelo aveva lasciato l’ultimo desiderio: Non voglio nessun funerale: nessun discorso. Devono parlare solo le mie opere.

Recalcati, al tempo d’oro, era una vera star, sia come artista che come personaggio:uomo bellissimo, dotato di grande fascino, si vestiva come un modello di Vogue e con fare da artista maledetto: bello, ma scostante, iracondo, con un’anima intimamente cupa. Era stato fidanzato anche con la giovane figlia di Herbert von Karayan e divertito, ricordava quando il grande direttore d’orchestra si affacci d’improvviso alla sua porta, timoroso delle sorti della figlia. Cos in una cronaca firmata da Giuliano Zincone: A vederlo, biondo e pallidissimo, avvolto nei suoi mantelli di velluto nero, elegante e trasandato come un incroyable della Restaurazione, si pu pensare che reciti il personaggio dell’artista. In realt Recalcati a suo agio soltanto in questi panni: nel suo personaggio di bello e dannato, jabots di pizzo e attillatissimi abiti scuri, stivaletti e cinturoni di cuoio sono espressioni naturali nel suo carattere.

Ma Recalcati, al di l del personaggio, aveva con s soprattutto la forza della sua arte, che si contrapponeva in quegli anni al dominio dell’Informale.Ed ecco quindi i suoi dipinti in cui inventa una vera forma di narrazione: ritratti, riquadri, scene e storie sovrapposte, una serie di racconti dipinti. E non a caso, incant Dino Buzzati che gli dedic la prima importante recensione. Da l, nacque una profonda amicizia. E poi, le sue impronte: figure scalpitanti che attendono di essere liberate. Certo, la sua pittura evoca una solitudine angosciosa. la ricerca di un uomo sulla dimensione esistenziale di tutta l’umanit, dove l’esperienza individuale sembra dilatarsi in un travaglio doloroso, destinato, per fortuna, a una imprescindibile rinascita.

Ne conferma la copertina che Recalcati ha realizzato (dopo anni di silenzio) per la Lettura dell’1 dicembre 2013: un’opera che oggi appare di straordinaria attualit, l’impronta di una maglietta insanguinatacome Monumento ai martiri di tutte le guerre invisibili. Recalcati era amico del Corriere: ricordiamo tutti in redazione come un giorno chiese i colori e intinse le sue mani sul un blu cobalto per fissare la sua impronta sulla pagina del giornale. E con generosit lo fece per tutti quelli che lo chiesero. Giovanni Testori, recensendo la sua retrospettiva a Palazzo Reale, (nel 1987) gli dedica questo perfetto ritratto: Ovunque lo si vedesse, sembrava muoversi a suo agio; sembrava, ecco, vincente; quasi fosse un principe della periferia cui era riuscito il colpo di stregare e ammaliare. Chi, come noi. pensava di conoscerlo ben oltre la corazza, il ritmo e l’ira dei gesti, aveva subito capito che la sua vera forza abitava altrove: nell’opposto, cio, della sicurezza e dell’alterigia che esibiva. Abitava, cieco, in un’immedicabile innocenza: cosi immedicabile da assumere i toni funebri della rovina e del lutto.

vero. Recalcati era esattamente cos, fino all’ultimo. Non aveva mai dimenticato la sua natura di artista diviso tra l’eccesso e la smodatezza della giovinezza e la misura imposta dalla maturit .Era anche macerato da rimpianti: in particolare di un amore, definitivamente perduto. E chiss, ci piace pensare che Antonio, col suo mantello nero, la sua passione e la sua ineffabile ironia, ora sia riuscito a ritrovare, la sua amata Euridice

6 dicembre 2022 (modifica il 6 dicembre 2022 | 21:22)

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, 2022-12-06 20:22:00, È scomparso nella sua Milano dove aveva esordito nel 1957. Grande interprete di una pittura fatta di ombre, era stato Orfeo nel «Poema a fumetti» di Dino Buzzati , GIANLUIGI COLIN

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