Lapicoltore abruzzese e la sua Schindlers List: Così ha salvato i fuggiaschi

Lapicoltore abruzzese e la sua Schindlers List: Così ha salvato i fuggiaschi

Spread the love

di Nicola Catenaro

Giuseppe Verlengia durante l’occupazione tedesca dava rifugio ai soldati alleati a Casoli (Ch). Un ricercatore abruzzese scopre la storia dalle memorie di un internato

Quasi nessuno, in paese, conosceva il suo segreto. E lui non ne parlava mai, neanche in famiglia. Per tutti era solo Peppino l’apicoltore. Generoso e cordiale. Ripeteva sempre che l’amicizia la cosa pi bella e che quando in casa si ha qualcosa di buono bisogna conservarlo per gli ospiti. Solo oggi sappiamo che Giuseppe Verlengia, contadino di Casoli (in provincia di Chieti), Cavaliere di Vittorio Veneto e veterano della Prima Guerra mondiale, aveva accolto in casa e salvato dalla morte, nel periodo dell’occupazione tedesca in Italia, tra l’autunno del 1943 e l’inverno del 1944, decine di perseguitati.

Le memorie

stato il ricercatore abruzzese Giuseppe Lorentini, dottorando in studi storici all’Universit degli Studi del Molise, a scoprire per caso la storia di Peppino, della moglie Costanza De Petra e dei loro figli Nicola e Liliana, i quali nascondevano i fuggiaschi nella propria fattoria rischiando la fucilazione. Rileggendo il libro postumo dell’avvocato triestino Fortunat Mikuletic, residente a Lubiana e tra i reclusi del campo di concentramento fascista di Casoli ai quali la famiglia abruzzese aveva aperto le porte (sono citati, oltre al suo, i nomi di Jerko Aljinovic, Damjan Cvjetnicanin e Milan Marinkovic), Lorentini ha scoperto che Peppino aveva ospitato anche decine di evasi inglesi dagli altri campi di concentramento per prigionieri di guerra e per questo era stato ringraziato successivamente dal governo britannico.

Nelle sue memorie contenute nel volume Internatitis (pubblicato postumo nel 1974), Mikuletic dedica cinque capitoli alla famiglia Verlengia: Quando lasciai l’ospitale casa di Peppino all’inizio di novembre 1943 – scrive – gli diedi un certificato che attestava che aveva dato rifugio agli internati. C’erano molti prigionieri di guerra inglesi provenienti dai campi del nord, che si muovevano con prudenza verso il fronte per riunirsi con il loro esercito l. I contadini vicini li mandavano tutti da noi alla fattoria di Peppino. Anche loro avevano paura, perch i tedeschi avevano annunciato che chiunque avesse preso un inglese sotto il suo tetto sarebbe stato fucilato. In alcuni casi quella minaccia fu eseguita. Peppino, per, corse questo rischio. Disse scherzando: Ebb, cadremo insieme!. Prima di partire, Mikuletic consegn all’apicoltore una dichiarazione scritta in cui affermava che aveva aiutato gli antifascisti e i soldati alleati. Scrisse il testo in inglese, usando un dizionario e dei suggerimenti degli stessi soldati britannici. Poi, nel 1946, gli sped una lettera da Milano ringraziandolo ancora e chiedendogli come potesse ripagare il suo aiuto. Lei non mi deve nulla – fu la risposta – anzi, io le sono debitore per aver reso migliore la mia vita con il suo aiuto.

Un nonno speciale

Proprio sulla base della precedente dichiarazione di Mikuletic, infatti, la Allied Screening Commission (la commissione con cui i governi alleati riconoscevano l’assistenza offerta agli ex prigionieri) aveva gi ricompensato economicamente la generosit di Peppino. I risultati della ricerca di Lorentini sono in corso di pubblicazione su una rivista specializzata, Abruzzo Contemporaneo, edita dall’Istituto abruzzese per la storia della Resistenza. Lo studioso si anche fatto promotore, con il Comune di Casoli, della consegna di una targa in memoria dei Verlengia alle tre figlie viventi di Nicola (Costanza, Elena e Giuseppina). Una cerimonia avvenuta lo scorso maggio nel corso de Il sentiero della libert – Freedom Trail, evento che ripercorre la via di fuga degli ex prigionieri di guerra alleati e dei tanti giovani italiani decisi a raggiungere le linee anglo-americane nel sud Italia per continuare la lotta contro il nazifascismo.

Capivamo che nonno Peppino era una persona speciale – racconta la nipote Costanza – da come si rivolgevano a lui, con rispetto e stima, gli altri compaesani. Ma non sapevamo nulla, perch lui e la nonna non parlavano mai della guerra. Mio padre Nicola in rare occasioni si lasciava sfuggire che loro avevano salvato delle persone durante la guerra e che erano stati ringraziati dalla Regina d’Inghilterra, ma poi il discorso finiva l, avevano ritrosia a parlarne, forse quei ricordi li facevano ancora soffrire.

27 febbraio 2023 (modifica il 28 febbraio 2023 | 14:56)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, , http://xml2.corriereobjects.it/rss/homepage.xml,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.