di Massimiliano Nerozzidi La gioia del M5S dopo la sentenza d’appello TORINO Che l’incubo di Chiara Appendino è finito si capisce dai singhiozzi sbucati dall’aula numero 51 ancor prima che le porte chiuse (del rito abbreviato) si aprano. Assolta «perché il fatto non costituisce reato». Occhi azzurrissimi, trucco felicemente segnato dal pianto, spiega: «Sono lacrime liberatorie, ma anche di gioia — dice l’ex sindaca Cinque Stelle di Torino — perché finalmente è stata confermata la mia buona fede in tutta questa vicenda. Che è durata tanti anni ed è stata molto dolorosa». La Corte d’Appello — presidente Piera Caprioglio — ha ribaltato la condanna del primo grado (6 mesi) e respinto la richiesta di 9 mesi fatta dalla Procura generale: non inserire a bilancio quel debito di 5 milioni di euro fu un errore in buona fede e non un reato, di falso ideologico. Era un’accusa contestata nell’ambito del processo Ream, ovvero la mancata annotazione nei libri contabili del Comune del debito maturato dalla città nei confronti della società Ream , appunto, per la conversione di un’area, l’ex Westinghouse. Assolti dall’accusa anche l’allora assessore al Bilancio, Sergio Rolando, e l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana. È stato un procedimento lungo e complesso, tant’è che il tribunale, nel settembre 2020, aveva condannato tutti e tre gli imputati. Ieri pomeriggio, invece, dopo poco meno tre ore di camera di consiglio, la corte li ha assolti. Accogliendo la versione della difesa — gli avvocati Luigi Chiappero e Luigi Giuliano — che a un certo punto delle repliche s’era fatta ad alto volume, per passione e convinzione: «Ma perché se era tutto così semplice, nessuno ci ha capito nulla?». Negli atti dell’inchiesta erano entrati i pareri dei revisori e le intercettazioni con l’allora direttore finanziario. Indizi di colpevolezza, nella lettura degli investigatori (e del tribunale). La stessa linea rimarcata dal sostituto Pg, Giancarlo Avenati Bassi: «Qui c’è stata la volontà politica di infischiarsene dei principi contabili». Appendino non ha mai perso la fiducia: «Ero consapevole che avrei potuto ribaltare la sentenza — aggiunge — convinta di essere in buona fede e certa che prima o poi la verità sarebbe emersa». Pausa: «Di gradi di giudizio per fortuna non ce n’è solo uno, fa parte del sistema del nostro Paese». Non si dimentica della politica: «Voglio ringraziare in particolare la mia maggioranza e la mia giunta di allora che mi difese e anche all’epoca credeva che io avessi agito in buona fede». Non era scontato: «Facile dirlo oggi, più difficile quando c’era una pronuncia sfavorevole». Tra i primi a chiamare l’ex sindaca, il presidente del M5S, Giuseppe Conte: «Non abbiamo mai avuto dubbi sulla tua integrità e sull’azione politica che hai portato avanti. La sentenza ti rende giustizia! Il M5S ti abbraccia con tutto il suo calore!». Felice anche Luigi Di Maio, in un post su Facebook: «La notizia della sua assoluzione ci rende felici, sono certo che continuerà a dimostrare sul campo tutta la sua forza con impegno e passione». Continuando forse l’attività politica, messa in dubbio dalle inchieste: e se si attende ancora l’Appello per la tragedia di piazza San Carlo, certo questo era il processo con maggior significato «politico». Non è il momento di parlarne: «Adesso non vedo l’ora di riabbracciare la mia famiglia, c’è solo da festeggiare». Cosa che ha fatto subito dopo, anche con il vecchio staff, in un bar del centro città. 17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 02:01) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-17 00:01:00, La gioia del M5S dopo la sentenza d’appello, Massimiliano Nerozzimnerozzi@rcs.it