Arma: qualunque strumento per offendere, dalla fionda al missile

Arma: qualunque strumento per offendere, dalla fionda al missile

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In un tempo dominato dalla guerra, ma sono stati pochissimi nella storia umana i tempi dominati dalla pace, è inevitabile che ci si soffermi a parlare di armi. Questa piccola parola è diffusissima e con una storia molto antica. Ha un arco di impiego amplissimo, dalla clava al missile intercontinentale.

Un’origine complessa. La parola arma è una delle più antiche del linguaggio e come accade in questi casi bisogna affrontare con prudenza il tema delle origini con tutto il rispetto dovuto agli studiosi che si applicano per anni per trovare risposte attendibili. Noi dilettanti che scherziamo intorno alle parole senza millantare conoscenze che non abbiamo, possiamo segnalare che secondo il giudizio di alcuni la parola arma deriva dalla stessa radice della parola ramo. Ed è impossibile non notare a questo punto come in inglese e tedesco la parola arm indichi il braccio. Così non è insolito trovare tra i motivi delle origini della parola arma proprio il fatto che i premi strumenti usati dall’uomo a questo scopo ,avevano a che fare con il braccio e la spalla. Insomma, siamo tornati per un attimo alla clava.

Un significato senza equivoci. Molte meno discussioni sul suo utilizzo: Si intende con arma qualunque oggetto usato dall’uomo come strumento di offesa e di difesa. Proprio qualunque, senza alcuna differenza tra quelli semplici e perfino impropri (anche un ombrello in certe situazioni può diventarlo) e strumenti molto raffinati, complessi e naturalmente costosissimi. E così via per estensione, tenendo sempre presente che i concetti di offesa e difesa si confondono, arma è stata usata in senso figurato per indicare ogni strumento adatto a raggiungere un certo scopo. Il vocabolario di Tullio de Mauro utilizza due esempi illuminanti: «l’intelligenza è la sua arma migliore» e «usare l’arma dello sciopero».

Un plurale generico e un singolare preciso. Inevitabile che l’arma finisse per indicare le parti in cui sono suddivise le forze armate in base ai compiti e alle caratteristiche del loro impiego. E che le armi in generale servissero ad indicare in modo generico l’esercito o le milizie impegnate in combattimento. Molto più precisa l’indicazione quando troviamo l’Arma con la A maiuscola, che nel nostro paese indica senza nessuna equivoco il corpo dei carabinieri.

Se il plurale è antico. Ci ritroviamo con il termie arme e siamo precipitati nel linguaggio araldico, dove indica l’emblema figurativo che rappresenta il contrassegno delle famiglie nobili o di una località. Lo stemma che rende unico e inconfondibile il riferimento e non è affatto detto che contenga armi nel disegno, anzi.

Un tripudio di locuzioni. Sono decine le espressioni nate intorno a questa parola per chiarire un numero altissimo di situazioni: si abbassano le armi quando ci si arrende e si affilano quando ci si prepara a combattere; è uno scontro all’arma bianca quando si usano armi da taglio e si definisce arma bastarda l’arma da fuoco quando ha una canna molto corta rispetto al calibro. La natura delle singole armi ha fatto nascere quelle batteriologiche, chimiche, nucleari; decisa la divisione fra le armi convenzionali, locuzione con cui si intende armi al centro di convenzioni internazionali riconosciute, e armi non convenzionali, espressione con cui in qualche modo si indica che sono «fuorilegge». Discutibile l’espressione arma intelligente con la quale si intende specificare la presunta precisione della stessa. A meno di non introdurre l’inedita espressione arma scema per quelle particolarmente imprecise.

Si fa per discutere. Ma ne esistono molte altre che non sono affatto di natura strettamente militare: con la locuzione «alle prime armi» ad esempio si indica una certa inesperienza, mentre l’espressione «arma spuntata», serve ad indicare in una discussione una tesi inefficace a controbattere quella dell’avversario. E quando vogliamo indicare uno spazio particolarmente grande,che sia una stanza o una grande area urbana usiamo l’espressione «piazza d’armi. Ma ce ne sono almeno altrettante che potrete cercare su un dizionario. Sempre che vi diverta, altrimenti potete mollare tutto e andarvene dove vi pare prendendo «armi e bagagli» (cioè tutto quello che vi appartiene).

Un verbo combattivo e organizzato. Il verbo immediatamente vicino a questa parola è armare ma sarebbe riduttivo osservarlo solo con il significato di fornire delle armi, offrire armi a chi sta combattendo o si appresta a farlo. È un verbo che viene usato anche per indicare il complesso di operazioni per fortificare una località o rafforzare quelle che sono le strutture adatte a difenderla. Si usa armare anche semplicemente per caricare di proiettili una pistola o un fucile. Ma in questo verbo esiste una caratterista molto forte nel significato di allestimento. Per questo in un’area molto lontana dalle armi, come l’edilizia, si usa il verbo armare per descrivere l’operazione di sostegno di opere murarie. E perfino a teatro si può usare armare per identificare il rafforzare con telai di sostegno la tela su cui è dipinta la scena.

Risuona spesso nelle nostre città. Con una delle parole derivate da arma più comuni nel nostro linguaggio abbiamo a che fare tutti i giorni, quando sentiamo risuonare qualche sirena di sicurezza. Quel suono ci dice che è scattato un allarme per segnalare un tentativo di furto. Quello che la sirena non dice e che questo sostantivo maschile deriva dall’espressione all’arme (con l’apostrofo), una locuzione con cui si avvertivano le truppe di impugnare le armi nell’imminenza di uno scontro, un ordine perentorio con cui i superiori avvertivano i soldati di stare all’erta (cioè in piedi, insomma svegli e attenti). Comprensibile come l’evoluzione in senso figurato ci abbia portato ad usare questo allarme per descrivere qualunque stato di preoccupazione o di apprensione per un evento che sta per accadere o appena accaduto.

Quando non averne è un guaio. Talmente frequente l’utilizzo della parola armi e degli strumenti che rappresenta che è apparso presto necessario individuarne un’altra per segnalarne l’assenza. Il prefisso di negazione dis- ci ha consentito di avere il verbo disarmare e l’efficace participio passato disarmato, cioè senza armi. Espressione che indica anche l’azione di togliere le armi, quindi spogliarlo della capacità di offendere. Ne occorre un’altra per indicare l’assenza di questi strumenti anche senza alcuna azione costrittiva. Ci avevano già pensato i latini, premettendo un prefisso in- con valore privativo e la lingua italiana non ha dovuto far altro che accoglierlo nel linguaggio fin dai primi anni: inerme è servito subito ad indicare chi è privo di armi o di difesa con la possibilità di indicare un singolo o un intero popolo e un’estensione in senso figurato che allarga il campo dallo scontro bellico ha fatto comodo per segnalare l’impotenza di fronte ad una avversità.

Armatura per proteggersi. Appena pronunciamo questa parola ci viene in mente quel complesso vestito metallico indossato dai cavalieri medievali per difendersi e proteggere il corpo dai colpi nemici. Un equipaggiamento che poteva comprendere l’elmo, la corazza, coperture per le braccia le gambe e perfino i loro cavalli vennero dotati di bardature con piastre metalliche di difesa. Nel nostro tempo l’armatura che ci può capitare più di frequente di osservare è una struttura generalmente di legno che viene costruita a sostegno delle opere di scavo o di costruzione. Nelle gallerie o a cielo aperto questa armatura serge a proteggere i lavoratori.

Armatore (spesso disarmato). Identifichiamo con questo termine chi ha in gestione una o più navi, curandone gli interessi commerciali, indipendentemente dall’essere o meno il proprietario. Curarne l’esercizio significa occuparsi di tutte quelle attività che le consentono di operare, dall’allestimento al rapporto con l’equipaggio, a quello con i porti, ai contratti commerciali relativi al carico trasportato.

Una nave armata. Se vi capita di noleggiare una imbarcazione, il contratto di locazione specifica se si tratta di una nave a scafo nudo, cioè dotato solo delle sue pertinenze oppure di una nave armata. Non significa che state noleggiando un cacciatorpediniere dotato di cannoni e mitragliatori, ma solo che la nave che vi viene consegnata è dotata di tutti i beni di consumo necessari al viaggio. Se poi oltre ad essere armata è anche equipaggiata vuol dire che il noleggio comprende l’equipaggio incaricato di governarla e guidarla.

L’arma delle parole. Non ci siamo volutamente soffermati sui singoli tipi di armi che sono tantissime e curiose (da dove venga la parola pistola non è chiarissimo, e la semplice allegria con nel nord Italia lo usano come sinonimo di sciocco non aiuta); né abbiamo approfondito l’obiettiva differenza tra una fionda (comunque efficacissima, chiedere a Davide o a Golia per conferma), un giavellotto (che almeno è finito alle Olimpiadi) e un missile ipersonico. Ci basta ribadire che l’intelligenza necessaria sta in chi le usa e quando lo fa e non in sofisticati programmi. Ma soprattutto non possiamo dimenticare che esistono armi sorprendenti perché non nascono con l’intento di nuocere, ma riescono a farlo in modo devastante. Millenni di letteratura possono insegnarci quanto siano potenti le parole. E non serve essere raffinati poeti per saperlo e subirne gli effetti. Spesso chi ci vuole far male usa le parole e capita che riesca a colpirci in modo grave. Le usano persone che amano ferire gli altri, i presuntuosi e gli imbecilli. Non esiste una classifica di pericolosità tra queste categorie prese singolarmente: ma se capita di incontrarle tutte insieme sono una sciagura.

17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 23:53)

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, 2022-05-17 22:40:00, Figlia del latino con una radice in comune con ramo, può darsi che in origine avesse a che fare col braccio e la spalla. Da sempre deve fare i conti con le parole, Paolo Fallai

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