L’arte contemporanea parla italiano alla fiera internazionale di Abu Dhabi

L’arte contemporanea parla italiano alla fiera internazionale di Abu Dhabi

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di GIANLUIGI COLIN

Per la quattordicesima edizione le nostre gallerie rappresentano il 10 per cento delle ottanta presenti, fra cui Continua, con una grande mostra di Michelangelo Pistoletto. Che dice: «Con i miei acciai specchianti ho portato il Louvre di Parigi al Louvre arabo»

Si parla italiano ad Abu Dhabi, capitale in questi giorni dell’arte internazionale e da qualche anno simbolo di intrecci, scambi e connessioni culturali: è italiana Marinella Senatore, l’artista che dà il benvenuto ai visitatori della 14° fiera di arte contemporanea, appena inaugurata nell’isola di Manarat Al Saadiyat (il 16 novembre); è importante il numero e il prestigio della presenza di gallerie italiane tra le tante internazionali (il 10 per centro tra le ottanta presenti: Continua, Mazzoleni, Persano, per citarne solo tre ); è italiana Riccarda Mandrini, curatrice di una delle sezioni che mettono una lente d’ingrandimento sul destino dell’arte internazionale tra l’Africa del Nord e l’Africa del Sud; è italiano il curatore Andrea Petrini, che per la prima volta realizza da queste parti il progetto KookBook, una relazione molto interessante tra arte e cucina; sono tante le opere di autori italiani come Boetti, Dada Maino, Getulio Alviani; e ancora: è italianissimo il grande Michelangelo Pistoletto, che per la prima volta invade con 11 opere e giocosa ironia molte sale dello spettacolare museo del Louvre di Abu Dhabi che compie proprio in questi giorni i suoi primi cinque anni. Per festeggiare il compleanno è venuta da Parigi anche Rima Abdul Malak, ministra della cultura francese che amabilmente e con toni di sincera empatia ha voluto ribadire, guardando negli occhi il suo omologo di Abu Dhabi Saood Abdulaziz Al Hosani e Michelangelo Pistoletto, un concetto che è la base di una strategia culturale, economica e politica: «Con questo museo, siamo una grande famiglia». Certo, aggiungiamo noi, una famiglia con un giro d’affari da un miliardo di euro (questo il valore del marchio Louvre), al quale ogni anno si aggiunge una bella somma.

È lo stesso Pistoletto a spiegare la bellissima operazione di dialogo (grazie alla Galleria Continua) tra Italia, Francia e Abu Dhabi: «È un viaggio nello spazio e nel tempo. Con i miei acciai specchianti ho portato il Louvre di Parigi al Louvre di Abu Dhabi. Avevo fotografato già nel 2013 i turisti, con la naturalezza dei loro gesti, i loro zainetti, le ragazze con le audioguide, gli abbracci tra fidanzati. Tutti erano mescolati con le opere classiche del museo: le tre grazie, le statue romane, e tutto quello che conosciamo… Ora quest’opera è qui, e nel gioco tra finzione e realtà tutto ritorna nella sua essenza metafisica. Le tre grazie del Louvre di Parigi sono anch’esse qui e dialogano con una vera statua greca di Athena conservata ad Abu Dhabi». Pistoletto sorride soddisfatto e ne ha tutte le ragioni: «È una eccezionale operazione», racconta Giorgio Persano (che con la Galleria Continua rappresenta Pistoletto). E aggiunge: «È la prima volta che un artista contemporaneo fa una mostra così diffusa su tutto il Louvre, ma soprattutto con questa idea concettuale che supera l’idea dello spazio e del tempo».

E a dare ancora di più un senso di totale straniamento in un’opera vediamo le tre grazie e anche una ragazza con lo Hijab: d’altronde, si sa, la cultura crea sempre ponti e legami inaspettati. Esattamente come l’emozionante architettura di Jean Nouvel, che sembra una navicella spaziale atterrata da Marte nel mare del Golfo Persico, ma al tempo stesso sospesa tra la città che cresce e il deserto che lentamente soccombe al cemento. In lontananza, una selva di gru, pronte a dare forma al nuovo museo Guggenheim disegnato dal celebre e geniale decostruttivista Frank Gehry. E così si scopre soprattutto una cosa: che il mito dell’Europa e della cultura è la vera forza vitale di questo luogo del tutto surreale, al confine tra un passato arcaico e una prodigiosa promessa di futuro.

O forse, è al tempo stesso la chiave necessaria per alimentare una forma di economia parallela che insieme alle grandi attrazioni popolari come il museo Ferrari (dove si può fare l’esperienza virtuale di guidare una «Rossa» per 500 euro) aiuta a crescere una nuova coscienza di incontro e scambio e dove l’incrocio di culture diverse appare come giusto modello di convivenza civile. Non a caso lungo le strade si possono vedere scritte in arabo e in inglese, quasi fossero un monito: «Nazione della pace e della tolleranza». Ed è quello che ha adottato il Louvre con una collezione emozionante in cui mette insieme i capolavori di diverse culture.

Sicuramente questo è un luogo che ben si adatta alla celebre frase di Le Corbusier: «L’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce». E qui, certamente non mancano né la luce, né l’impeto dell’architettura che connette e accoglie nuovi mondi.

E in questo senso appare davvero perfetta l’opera di Marinella Senatore (Cava dè Tirreni, Salerno, 1977) che accoglie tutti i visitatori della fiera: una grande installazione luminosa (costruita in collaborazione con la galleria Mazzoleni di Londra) che evoca le rituali illuminazioni nelle strade e nelle chiese nei giorni di festa del nostro Sud. Ma, intelligentemente, in questo rito pagano, se consideriamo i musei (e le grandi fiere d’arte) come le nuove cattedrali laiche del presente, allora, anche la scritta all’interno della installazione denuncia il valore dell’arte nel farsi motore di un incontro universale: Bodies in Alleance. Come dire: corpi e anime che si incontrano e si alleano contro le violenze e le ingiustizie che prevalgono nel mondo. Sicuramente una visione utopistica, ma anche per questo, necessaria.

La fiera, in fondo è esattamente questo. Uno spazio dove si esercita insieme cultura e mercato, la forza della fantasia e il pragmatismo del denaro. Certo, è una fiera ancora piccola e che deve crescere, con soltanto 80 gallerie da 28 nazioni e con 300 artisti, ma che proprio per questo diventa occasione interessante per scoprire (dopo quella potente, immersiva e strategicamente innovativa di Paris-Art Basel) una serie di occasioni e proposte in qualche modo uniche perché vicine al mondo asiatico e arabo in particolare.

C’è un dato: tutti i galleristi hanno una sottile e nascosta speranza. Che nello stand della fiera entri uno sceicco e compri tutto. E per questo, è stata organizzata una severa giornata ad hoc dove soltanto un gruppo ristretto di personalità avevano accesso. Ma la cosa straordinaria è stata che questo accesso è stata riservata soltanto a un pubblico femminile. Ed ecco tutte donne avvolte da eleganti tuniche nere, donne delle quali si potevano scorgere solo gli occhi profondi e bellissimi ma, soprattutto, ed è questo il punto centrale, donne che di arte ne sapevano molto. Insomma, donne che conoscono molto bene chi vale e chi no, scegliendo con cura gli autori più rappresentativi del mercato internazionale.

E tutto questo non stupisce affatto: gli Emirati Arabi sono il primo Paese al mondo ad aver istituito un vero e proprio «Ministero della Felicità» e non a caso ad occuparsi di garantire la felicità dei cittadini è una donna, così come sono donne il Segretario di Stato, la ministra della Cultura insieme ad altri ministeri, come quello della «Tolleranza».

«La moglie del re ha riconosciuto l’opera di Marìa Magdalena Campos-Pons», sottolinea stupito Giampaolo Abbondio, che con altri galleristi italiani è situato nell’area che alcuni spiritosi hanno già battezzato ironicamente la Little Italy della fiera.

Sicuramente divertente quello che è capitato a Antonio Addamiano, della Dep Art Gallery di Milano, sofisticata galleria che ha presentato tre autori: Salvo, (tre opere con riferimenti architettonici orientali), Natale Addamiano con un bellissimo cielo stellato e Valerio Adami, con un raro mosaico in cui c’è un bacio che simboleggia e l’incontro tra Occidente e l’Oriente.

Antonio Addamiano sorride e alza gli occhi al cielo: «La sera del pre-opening riservato alle donne, ero come stordito dal numero e dalla bellezza di tutte queste giovani donne velate. Una di loro, interessata ai lavori di Adami, mi chiede di darle il catalogo dedicato all’autore. Io ne avevo uno solo. Così, sono stato costretto a dirle di no. Non l’avessi mai fatto: le persone che accompagnavano la donna mi hanno circondato e rimproverato: “Si permette di rifiutare un libro? Non è possibile. E proprio a lei?”. Se ne sono ovviamente andati via con sguardi sdegnati. Ancora oggi non so a chi ho rifiutato quell’unico libro che avevo portato con me. Magari era una principessa, chissà!».

Si sa, il sogno di Le mille e una notte sembra avvolgere l’immaginario degli occidentali. E ancor di più in questa cornice così ricca di suggestioni e incantesimi nel nome dell’arte. Molti i selfie davanti alla parabola specchiante e deformante di Anish Kapoor: anche qui un senso di irrealtà prende il sopravvento. Come a chi si sofferma davanti al tappeto volante dell’artista algerino Sadek Rahim: un tappeto fermato con un visibile peso (una pompa a iniezione rossa) affinché non possa volare.

E c’è anche una bella ragazza (completamente avvolta dal Niqab, occhi luminosi, labbra rosse, braccialetti d’oro, anelli con diamanti, borsa di Chanel) fa una foto a un’opera con foglie d’oro dove c’è solo scritto «Don’t touch me. Stay with me» (Non mi toccare. Stai con me). In fondo l’arte resta sempre profezia e desiderio.

18 novembre 2022 (modifica il 18 novembre 2022 | 11:06)

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, 2022-11-18 22:44:00, Per la quattordicesima edizione le nostre gallerie rappresentano il 10 per cento delle ottanta presenti, fra cui Continua, con una grande mostra di Michelangelo Pistoletto. Che dice: «Con i miei acciai specchianti ho portato il Louvre di Parigi al Louvre arabo» , GIANLUIGI COLIN

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