Niente propaganda e promesse stampate solo su carta. Alla scuola servono fatti e azioni concrete. Si può riassumere in questo modo il pensiero delle organizzazioni sindacali che hanno commentato la proposta del partito democratico di aumentare gli stipendi degli insegnanti entro la fine della prossima legislatura, nel caso in cui dovesse salire al Governo.
La promessa di Enrico Letta, che pochi giorni fa aveva annunciato l’intenzione di equiparare le retribuzioni dei docenti alle medie dell’Europa, ha scatenato un dibattito importante, che ha coinvolto anche le altre forze politiche e i diretti interessati: gli insegnanti.
I sindacati, dal canto loro, non vogliono farsi illusioni. Soprattutto non vogliono creare illusioni al popolo della scuola, mettendo in guardia il Pd e le altre forze politiche sul fatto che la scuola non può essere utilizzata adesso per meri scopi elettorali e poi abbandonata come accaduto in passato.
“Ritengo che i programmi di tutti i partiti a cominciare dal Pd debbano tener conto in maniera essenziale della scuola ma l’esortazione che faccio a tutti e quindi anche al Pd è quella che non si usi la scuola per propaganda”, dice Ivana Barbacci, segretaria generale della Cisl Scuola che aggiunge: “Noi siamo ben consapevoli di quello che non è stato fatto in questi anni anche in termini di valorizzazione del personale dal punto di vista delle retribuzioni – sottolinea Barbacci – di quanto si sia considerata la scuola marginale rispetto alle logiche, alle politiche e alle scelte sia di carattere economico che di carattere politico di come orientare il paese. La scuola negli anni, in questi 20 anni, è stata trascinata ai margini delle scelte politiche dei partiti. – ribadisce – ora prendo atto che c’è una ripresa del dibattito, ma la scuola non potrà sopportare di essere usata e strumentalizzata a scopi elettorali”.
“Quando in campagna elettorale si mette la scuola al centro, bisogna ascoltare, dice Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil, che “stuzzica” il partito democratico: “Dico che prendiamo così in parola Letta da chiedergli di mostrare subito le intenzioni del suo partito. Accompagni Draghi e il ministro Bianchi a chiudere, adesso, un contratto di lavoro che è in ritardo di tré anni e che ha risorse sufficienti per aumenti fino a un massimo di 123 euro lordi. Una miseria, vista la base di partenza“.
Il sindacalista dunque invita ad usare i fondi del Pnrr per il contratto scuola scaduto: “vedo il governo usare oggi, che è in attività solo per gli affari correnti, le risorse del Piano nazionale di resilienza e ripresa per migliorare diversi investimenti. Ecco, usi quei soldi europei anche per gli stipendi dei docenti e dei lavoratori della scuola. Direi che lo può fare, visti i precedenti“.
“Le proposte del Pd relative all’aumento stipendiale per il personale della scuola e allo stralcio dal Dl Aiuti Bis della norma sul docente esperto, non ci trovano che favorevoli”, afferma Giuseppe D’Aprile segretario generale Uil Scuola, commentando le proposte del Pd sulla scuola.
“Ci auguriamo non si tratti di sola propaganda elettorale dal momento che tali proposte vengono fatte solo a ridosso delle elezioni da chi, invece, ha avuto la possibilità di poterlo fare prima in quanto partito di maggioranza”, aggiunge D’Aprile.
Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief, dalla sua pagina Facebook personale, ha detto invece che “servono 20 miliardi a ottobre per allineare gli stipendi di docenti, Ata ed educatori all’inflazione per chiudere il contratto. Dopo di che, siamo pronti a discutere su come avvicinarli alla media Europea, perché i lavoratori delle nostre scuole portano avanti il loro compito con professionalità, competenza e passione, non capiamo perché debbono percepire di meno”.
, 2022-08-12 10:57:00, Niente propaganda e promesse stampate solo su carta. Alla scuola servono fatti e azioni concrete. Si può riassumere in questo modo il pensiero delle organizzazioni sindacali che hanno commentato la proposta del partito democratico di aumentare gli stipendi degli insegnanti entro la fine della prossima legislatura, nel caso in cui dovesse salire al Governo.
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