“La proposta di autonomia differenziata, che anche il Pd a livello nazionale ha proposto, è una proposta che non dice no a prescindere, perché sarebbe un regalo alla destra e alla Lega, ma che pone delle condizioni ben precise: i Lep vanno definiti prima e non dopo”.
Così Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria nazionale del Pd, oggi a Lecce.
“Bisogna coinvolgere il Parlamento per una legge quadro parlamentare che sia uguale per tutti; bisogna togliere il tema dei residui fiscali che se affrontati significa parlare di secessione e non di autonomia; bisogna togliere materie divisive come scuola e sanità che devono rimanere centrali. Un’autonomia differenziata così, potrebbe diventare occasione avere meno burocrazia e più programmabilità delle risorse e degli investimenti. Se qualcuno ha in mente, come temo, di dividere il paese non se ne fa niente“, aggiunge il presidente della Regione Emilia Romagna.
“La bozza Calderoli non va bene innanzi tutto perché non condivisa con la Conferenza delle Regioni” e “ho l’impressione che dalle parti di Fratelli d’Italia questa proposta non piaccia, viste le reazioni e anche dei loro governatori“, osserva Bonaccini.
Quella di Bonaccini non è certamente l’unica posizione diffidente nei confronti della regionalizzazione: Il dubbio sollevato da molti è che l’autonomia differenziata, specialmente su alcuni settori come l’istruzione e la sanità, possa far aumentare la forbice fra Nord e Sud del Paese.
A titolo di esempio, l’associazione Svimez riporta alcuni dati sulla scuola primaria, prendendo come riferimento l’ultimo rapporto del 2022, che vedeva il 50% dei bambini in Lombardia ed Emilia-Romagna frequentare classi a tempo pieno, in Piemonte il 51%. Numeri ben distanti da quelli di Sicilia (10%), Calabria (24%) e Campania (18%).