Ballottaggio, a  Verona disfatta del centrodestra: cosa c’è dietro la lite tra Sboarina e Tosi

Ballottaggio, a Verona disfatta del centrodestra: cosa c’è dietro la lite tra Sboarina e Tosi

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di Cesare ZapperiA nulla è servito l’abbraccio finale tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, troppo teatrale per essere davvero convincente. Nessuno degli attori in campo ha voluto condividere con gli altri i pur necessari sacrifici che il marciare in coalizione impone VERONA Lo spettro della sconfitta per il centrodestra si è materializzato subito. Le prime 50 sezioni su 265 davano Damiano Tommasi in vantaggio di dieci punti (55 a 45%). Un dato che dovrà essere confermato nella lunga notte di spogli. Ma Federico Sboarina partito in svantaggio al primo turno, al ballottaggio non è riuscito ad invertire la tendenza. E subito Flavio Tosi, la pietra della discordia (ha proposto l’apparentamento ma gli è stato rifiutato), alza la polemica dentro il centrodestra, attaccando il governatore Veneto Luca Zaia, reo di non averlo appoggiato preferendogli il sindaco uscente per logiche intraleghiste. «È stata una scelta scellerata. Se avessero puntato su di me avremmo scritto un’altra pagina di storia». E poi l’affondo contro Sboarina: «Il mancato apparentamento è stato fatale. Doveva essere pragmatico». Il centrodestra è andato incontro alla partita decisiva come se la sconfitta fosse un evento ineluttabile, scontato, già scritto. E a nulla è servito l’abbraccio finale tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, troppo teatrale per essere davvero convincente. Perché nessuno degli attori in campo ha voluto condividere con gli altri i pur necessari sacrifici che il marciare in coalizione impone. Negli anni scorsi il terreno è stato concimato con divisioni, gelosie, rancori. E negli ultimi dieci mesi poi si è visto di tutto. Il sindaco uscente ha atteso a lungo una ricandidatura data per scontata. La Lega non voleva Sboarina (anche per la sua adesione a FdI) e ha tirato il freno finché ha potuto, strappando concessioni in termini di assetti di giunta (vicesindaco e almeno tre assessori) e di posti di potere (la presidenza della Fiera all’ex parlamentare Federico Bricolo). Forza Italia a sua volta si è chiamata fuori, preferendo convergere su Tosi, già sindaco leghista poi cacciato dal Carroccio, acerrimo nemico del sindaco uscente. Non la figura migliore, politicamente parlando, per trovare terreni d’intesa con gli alleati di coalizione. Ma il peggio è arrivato dopo l’esito del primo turno . La spinta collettiva al «suicidio» ha subito un’accelerazione. Mentre Tosi aderiva ufficialmente a Forza Italia e si offriva per l’apparentamento a Sboarina, questi lo declinava seduta stante, malgrado le spinte che gli arrivavano da Meloni. Ma il sindaco era ormai in un cul de sac. In caso di via libera all’accordo ufficiale si sarebbe ritrovato con Tosi e otto suoi consiglieri in maggioranza (quindi ne sarebbe stato ostaggio). Il rifiuto, per contro, lo ha esposto ad accuse durissime del suo predecessore e dei leghisti, a partire da Salvini che nel giorno del ballottaggio è uscito pubblicamente con una sconfessione. Sboarina, quindi, si è ritrovato solo. Come un naufrago, ha cominciato a sbracciarsi. Ha iniziato ad «urlare», alzando i toni nei confronti di Tommasi, sfoderando argomenti da guerra fredda (i rom, l’invasione dei transgender, ecc), alimentati anche da un’uscita sopra le righe del vescovo Giuseppe Zenti. Così che molti veronesi moderati si sono sentiti tirati in una contesa ideologica fuori luogo per chi deve amministrare la città. Di qui le scelte che si sono scaricate nelle urne. Molti non sono tornati al voto per il ballottaggio, i «tosiani» sdegnati per il gran rifiuto hanno frequentato i seggi con parsimonia (e qualcuno si è lasciato sfuggire di aver votato per Tommasi), i leghisti a loro volta in parte hanno preferito dedicarsi al lago o alla montagna, anche per evitare di dare a Meloni (già in rampa di sorpasso) la soddisfazione di mantenere un sindaco in più. 27 giugno 2022 (modifica il 27 giugno 2022 | 08:14) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-27 07:21:00, A nulla è servito l’abbraccio finale tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, troppo teatrale per essere davvero convincente. Nessuno degli attori in campo ha voluto condividere con gli altri i pur necessari sacrifici che il marciare in coalizione impone, Cesare Zapperi

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