«Sembra quasi di stare in una tempesta perfetta fatta di aumenti dei prezzi delle materie prime, costi energetici, consumi stagnanti. Come diceva Gene Wilder in Frankestein Junior: “Cosa potrebbe accadere ancora di peggio? Ecco, potrebbe piovere”, si rispondeva. Bè, nemmeno quello perché da sei mesi c’è la siccità…».
È sabato mattina e Alberto Balocco è nel suo ufficio. L’azienda di famiglia che porta il suo nome è una di quelle che incarnano il senso pieno del made in Italy. Una produzione che nasce dalla tradizione dolciaria e non solo, la capacità di industrializzarla e imporla sui mercati interni ed esteri, qualcosa come 70 Paesi. Fondata dal nonno nel 1927 è una di quelle aziende familiari che formano l’ossatura della manifattura italiana, quella che ci rende la seconda potenza di settore in Europa. 80 milioni investiti in tecnologia negli ultimi 10 anni, assunzioni, crescita, 200 milioni di fatturato. Eppure, non basta. «Vede, noi imprese siamo abituati a guardare avanti. Ma il momento è tutt’altro che semplice. Dirà lei: per forza c’è una guerra».
Esatto, c’è una guerra a pochi chilometri da noi, Trieste è più vicina all’Ucraina che alla Sicilia.
«E ha ragione, la premessa da fare e non dimenticare è che in questo momento vengono bombardati palazzi, civili stanno morendo nel cuore dell’Europa. Ma proprio per questo dobbiamo pensare a come essere più forti noi anche per evitare che la situazione peggiori ulteriormente. Il governo, la politica devono fare quello che si è fatto pochissimo negli ultimi anni, pensare sul lungo periodo. Questa situazione rischia di portare a una selezione ulteriore».
Selezione?
«Sì, ci si concentra sempre sull’immediato. Ma si deve tenere presente che il nostro sistema produttivo ha subito dal 2008 in poi una crisi dietro l’altra. Da Lehman passando per quella dei debiti sovrani, alla doppia recessione. E a ogni ciclo resistevano solo i più forti».
Ma è sempre stato così.
«Vero, ma quello che dobbiamo chiederci è se la crisi sta mettendo a dura prova in questo momento imprese sane che avrebbero bisogno solo di tempo. Imprese che magari non hanno le spalle forti come noi, o che hanno fatto investimenti ma che si ritrovano a non potere fare fronte agli impegni».
La solita richiesta di aiuti?
«Tutt’altro. Nessuno si aspetta chissà quali aiuti. Anzi, in molti casi basterebbe che lo Stato, la Pubblica amministrazione, non bloccasse chi investe, chi lavora per il futuro».
A cosa si riferisce.
«Le faccio il nostro esempio. In tempi non sospetti, 12 anni fa abbiamo iniziato a investire sul fotovoltaico. Oggi abbiamo oltre il 50% di energia da fotovoltaico. Una gran fortuna. Abbiamo qualcosa come 5,6 MegaWatt installati. Nel 2019 investiamo ancora in logistica, nuovi capannoni, su cui mettiamo altri pannelli fotovoltaici. Ci sono 1,2 MW da inserire nel sistema. Ma…»
Ma, cosa accade?
«Ma dopo aver fatto i lungimiranti, aver ascoltato tutti che dicono puntate sull’energia pulita, poi devi provare a immettere quell’energia in rete, ma la rete non è pronta, poi devi passare nel territorio del Comune che non vuole riasfaltare le strade, l’ente che non ti dà il permesso di passaggio. E siamo ancora lì. Dal settembre del 2021. È l’”Urlo” di Munch, altro che».
La solita burocrazia più che il governo o la politica.
«Sì, vero, ma politica e governo hanno il compito esattamente di fare in modo che non si dica soltanto: qui ci sono i soldi, qui ci sono i progetti ora voi fate, perché non funziona così. Si deve fare in modo che i progetti possano marciare e dove ci sono ostacoli a livello locale, dal centro si possa intervenire. Come spesso accade è l’ultimo miglio dove si blocca l’Italia. Siamo geniali, siamo bravi e poi quando si tratta di concludere il processo ecco il cavillo o il disinteresse».
Ma il richiamo allora è anche ai cittadini, a chi nei vari uffici si adopera più per frenare che per agevolare, dei tanti “no” che si sentono…
«Certo se si dice no al fotovoltaico, no alle pale, no al nucleare, no alle trivellazioni in Adriatico lasciandole fare ai croati, difficile che si riesca a continuare a fare la doccia calda. Ti riduci a comprare gas da signori che bombardano, uccidono famiglie. Tenga conto che aziende come le nostre hanno forni alimentati a metano non da altre fonti. Serve un pochino di pianificazione. Pensi alle materie prime».
Certo, se Putin invade l’Ucraina che ci fornisce grano…
«Ma non è solo quello. In Italia avevamo 14 zuccherifici. Oggi ne è rimasto uno. Hai voglia a cercare zucchero ora. O olio di semi di girasole, perché una campagna ideologica ha attaccato quello di palma. Quando parlo di sguardo lungo intendo questo».
Ma intanto è adesso che il problema c’è.
«Lo so bene e lo vedo dalla nostra filiera. Dai nostri fornitori. Noi ne abbiamo uno che ci ha avvertito che adesso si libererà un TeraWatt di energia che così sarà disponibile per aziende e consumo. E sa come è potuta accadere questa magia?».
Ce lo dica…
«Tagliando le forniture alle aziende morose. E che fine faranno quelle aziende morose senza energia? Non dico che siano tutte sane, ma magari tra quelle ce ne sono alcune che hanno solo un problema temporaneo. Vogliamo preoccuparci di capire meglio gli effetti delle nostre scelte?».
Qualcosa è stato fatto. E’ stata tagliata l’accisa sulla benzina, l’Iva…
«Attenzione, non sto dicendo affatto che il governo sia stato alla finestra. Anzi, veda il Pnrr o provvedimenti come l’Iva al 5%,il taglio delle accise… Semmai questo dimostra che si può intervenire».
Allora è un buon segno.
«Ma se si riuscisse a intervenire sul cuneo fiscale sarebbe il sogno di tutte le imprese e dei lavoratori. Si deve tenere conto che i salari al momento sono stabili ma i costi energetici stanno correndo come sanno tutti, ci sono forti tensioni sui prezzi alimentari. Non possiamo meravigliarci se i consumi sono stagnanti».
Che cosa si dovrebbe fare?
«Perché non pensare a una rimodulazione dell’Iva tra beni primari e meno? Questa ennesima crisi deve aiutarci a cambiare e a superare debolezze storiche del Paese che tutti noi conosciamo».
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, 2022-05-01 01:13:00, «Siamo bravi e geniali. Spesso è l’ultimo miglio a bloccare l’Italia. La corsa dei prezzi? Perché non rimodulare l’Iva tra beni primari e meno», Daniele Manca