Barbagallo: «Non so se voto. Una campagna squallida tra  ambizioni  familistiche e   corsa allo stipendio d’oro»

Barbagallo: «Non so se voto. Una campagna squallida tra ambizioni familistiche e corsa allo stipendio d’oro»

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l’intervista Mezzogiorno, 25 settembre 2022 – 09:40 Lo storico: «La situazione del capoluogo non è ancora esplosa perché i clan garantiscono il lavoro, il Governo se ne occupi» di Gimmo Cuomo Mentre il cronista si accinge a iniziare l’intervista allo storico Francesco Barbagallo, sul cellulare continuano ad arrivare messaggini dei candidati che chiedono il voto in spregio del divieto di propaganda. Un buon pretesto per avviare la riflessione.Professore, nell’era social, ha ancora un senso il silenzio elettorale?«Non ha alcun senso. Il vero problema non è questo. Ma è che gran parte dei cittadini non è più interessata al voto. È una questione drammatica, molto sottovalutata nel nostro come in altri Paesi occidentali. A Napoli, del resto, il sindaco nel 2016 è stato eletto da un terzo dei napoletani».È anacronistico anche lo stop alla diffusione dei sondaggi a partire da due settimane prima dell’apertura dei seggi? «Che dire? Ci sono tante regole idiote. Ma la peggiore di tutte è il sistema elettorale, adottato dagli pseudo dirigenti politici per mantenere il completo controllo sulla scelta degli eletti. Del resto, i partiti sono diventati aggregazioni di potere del tutto prive di riferimenti politici e ideali. Questa condizione drammatica si riscontra non solo in Italia ma in tutto l’Occidente. Sono più di venti anni ormai che il potere, negli Stati Uniti e in Europa, è passato dalla politica ai mercati finanziari. Si è apertamente teorizzato il principio in base al quale il potere della politica era un intralcio allo sviluppo economico determinato dalle piattaforme tecnologiche. In realtà, il processo era già avviato nel 1975 come si evince dal rapporto alla Commissione trilaterale (Usa, Europa e Giappone), intitolato “La crisi della democrazia”, nel quale si evidenziava la necessità di indurre una sorta di apatia politica. Per farla breve, il sistema capitalistico si è finanziarizzato e anche da noi si è arrivati alla politica spettacolo».Pensa che quella appena conclusa sia stata una campagna elettorale spettacolare? «No, anzi è stata tra le più squallide, se non la più squallida in assoluto, che siano svolte nel Paese. Non c’è stato alcun confronto tra progetti politici. Ci siamo trovati di fronte ad aspirazioni individualistiche di persone preoccupate esclusivamente di garantirsi uno stipendio molto alto. E mi riferisco anche a persone che già percepiscono emolumenti importanti. Ad aggravare la situazione c’è anche il diffuso degrado della preparazione politica. In Cina, dove fin dal tempo dei mandarini vige il sistema meritocratico, per arrivare a fare il viceministro devi aver ricoperto ruoli pubblici per almeno 20 anni». Professore, andrà a votare? «Sono ancora incerto. Non ho alcuno stimolo e non so chi scegliere. Già in passato non ho votato, sia alle comunali di Napoli del 2016 che alle regionali. Non vedo proposizioni politiche, ma solo interessi familistici contrapposti». Negli ultimi giorni della campagna elettorale si è avuta l’impressione che la Campania e il Sud fossero tornati al centro dell’attenzione dei partiti. Solo una speculazione elettorale su disagio e povertà o l’inizio di un progetto strategico di sviluppo? «Come sostiene la Svimez il Sud è la carta vincente se si vuole intraprendere una strada diversa da quella, percorsa negli ultimi anni, che ha segnato il declino dell’Italia. Questa impostazione, secondo me corretta, era in qualche modo entrata nel dibattito sul Pnrr. Ma in campagna elettorale è completamente scomparsa dalla dialettica politica».Qualche parola sulle tasse, qualche altra sulla crisi energetica. Ma, soprattutto, l’evocazione di fantasmi lontani e largo utilizzo di categorie ormai superate. Perché in Italia si continua a fare politica guardando al passato? «Perché per guardare avanti c’è bisogno di effettuare analisi profonde, che non si vogliono e, spesso, non si sanno fare». Tornando alla legge elettorale, pessima a detta di tutti (ma che nessuno ha realmente voluto o saputo modificare) questa non prevede le preferenze. Almeno un elemento di consolazione: sarà più difficile il condizionamento del voto da parte della criminalità organizzata? «La mafia e la camorra sono state scompaginate grazie al grande lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine. Ma, al di là di questo, le organizzazioni criminali, almeno qui in Campania, tranne che in rari casi, non hanno mai avuto l’ambizione di ottenere una rappresentanza diretta in Parlamento. Altro il caso delle amministrazioni locali, come indicano i numerosi scioglimenti di Comuni per infiltrazioni. Aggiungo che di fronte alla contrazione del numero dei parlamentari le segreterie dei partiti hanno attuato un controllo ferreo sulle candidature, naturalmente per difendere le rispettive classi dirigenti». Preferirebbe che dalle urne uscisse una chiara maggioranza politica o che si aprisse lo spazio per un nuovo governo di unità nazionale? «In questa situazione preferirei una maggioranza ampia e variegata con alla testa un tecnocrate con capacità di direzione politica, in grado di assicurare il rispetto internazionale dell’Italia». Il ministro per il Sud dovrà essere necessariamente una personalità meridionale? «Una personalità che dimostri di avere a cuore gli interessi del Sud e di saperli difendere». L’endorsement per un candidato del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi condizionerà i rapporti del Comune col nuovo governo? «Il nuovo governo, qualsiasi esso sia, dovrebbe preoccuparsi per la situazione di Napoli che non esplode solo perché i poteri criminali garantiscono posti di lavoro, leciti e illeciti, e per la diffusione del lavoro nero». La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 25 settembre 2022 | 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-09-25 07:45:00, Lo storico: «La situazione del capoluogo non è ancora esplosa perché i clan garantiscono il lavoro, il Governo se ne occupi»,

Pietro Guerra

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