di Sara Bettoni
Il cardiologo e la sua squadra si trasferiscono al nuovo Galeazzi-Sant’Ambrogio a Mind. L’obiettivo è rendere la struttura un polo di riferimento della disciplina
Dal suo studio al 13esimo piano dell’Irccs Galeazzi-Sant’Ambrogio, l’ospedale da poco inaugurato nell’area Mind, Antonio Bartorelli guarda un nuovo orizzonte. Con lui, una squadra di 18 cardiologi interventisti e clinici, oltre a un chirurgo. «Non sarei mai venuto da solo. Ho voluto con me una squadra da far crescere». Dal 1° settembre guida la Cardiologia interventistica nel polo che il Gruppo San Donato, il principale della sanità privata italiana, ha costruito sui terreni di Expo 2015. Alle spalle, un sofferto commiato dal Centro Cardiologico Monzino, nato nel 1981 da un’idea di suo padre Cesare. E che lo stesso Gsd tentò, invano, di acquisire nel 2017.
Professore, ricomincia tutto da capo a 70 anni?
«È la stessa età a cui mio padre fondò il Monzino. Qualche collega mi ha dato del pazzo, come dicevano a lui 40 anni fa. Ma la mia sfida sarà meno complessa».
Oggi a Milano chi dice «Galeazzi» pensa all’ortopedia. La missione invece è legare il nome del nuovo ospedale anche alla cardiologia.
«Grazie a un nucleo che si ricostituisce basandosi sulle competenze e sulla stima reciproca. Con me lavoreranno Francesco Alamanni, cardiochirurgo, e Daniele Andreini, figura nota per l’esperienza nell’imaging cardiaco».
Cosa vi unisce?
«La capacità di collaborazione tra chirurghi e cardiologi interventisti, che di solito non si amano. Noi fondiamo i diversi know how e scegliamo la tecnica più adatta per il paziente».
La sua sarà stata una decisione non semplice visto il legame professionale e personale che ha con il Monzino.
«Sono ancora legato al Monzino e auguro al centro tutto il meglio. Ho meditato a lungo sulla proposta fattami dalla famiglia Rotelli. Non ci ho dormito la notte e la decisione non l’ho presa a cuor leggero. Inizialmente ho risposto no, perché sentivo il Monzino come la mia casa. Poi ho chiesto consiglio a persone di cui ho grande fiducia che mi hanno convinto».
E lei come ha convinto i collaboratori?
«Hanno creduto fin da subito nel progetto di questo nuovo ospedale. La maggior parte di loro si era laureata e specializzata con noi ed era andata a lavorare in altri centri. Conoscevano il nostro modus operandi e hanno una grandissima passione e voglia di crescere in un ambiente con enormi potenzialità. Hanno un’età media di 35 anni. E sanno cosa sta succedendo in quest’area, dallo sviluppo di Human Technopole all’arrivo degli studenti della Statale che trasferirà qui una parte dei suoi corsi dal 2024».
Quanto incidono le tecnologie a disposizione?
«Confesso che il nuovo Galeazzi mi sembra un’astronave. Sono quasi stordito dalle tecnologie che ci aiuteranno a fare al meglio il nostro lavoro: le sale di cateterismo, gli ecocardiografi, le tac e le risonanze magnetiche di ultimissima generazione».
Su cosa si focalizzerà?
«Sulla cardiologia interventistica e la cardiologia strutturale. E sempre di più l’imaging cardiovascolare è importante per trattare adeguatamente le patologie. Penso alla tac cardiaca, per esempio, e alla risonanza magnetica che “vede” il muscolo cardiaco e le malattie che fino a qualche tempo fa erano difficili da diagnosticare altrimenti».
Suo padre cosa direbbe?
«In realtà sto trasferendo qui lo stesso credo che lo animò nel 1981 quando insieme al Cavalier Monzino fondò il Centro Cardiologico Monzino e che io stesso vissi con altri giovani. Alla fine credo che sarebbe contento».
8 settembre 2022 (modifica il 9 settembre 2022 | 00:20)
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, 2022-09-08 23:47:00, Il cardiologo e la sua squadra si trasferiscono al nuovo Galeazzi-Sant’Ambrogio a Mind. L’obiettivo è rendere la struttura un polo di riferimento della disciplina, Sara Bettoni