l’analisi
di Federico Fubini 15 dic 2022
Ha preso forma con la pandemia un cambio strutturale nella zona euro, che solo adesso inizia a diventare esplicito. Durante la lunga coda della crisi dell’euro, la Commissione e il consiglio dei ministri finanziari dell’area erano pi restrittivi del necessario in politica di bilancio e la Banca centrale europea compensava (in parte) con una spinta espansiva. Da qualche tempo invece accade l’opposto, come si visto ieri. Non per la prima volta da quando Christine Lagarde presidente, la Bce ha sorpreso i mercati in senso restrittivo mentre l’approccio dei politici a Bruxelles sul debito e il deficit resta meno rigido rispetto al decennio scorso. Se le posizioni sono cambiate, in parte perch sono cambiati i fatti stessi.
Un anno fa nessuno prevedeva che l’inflazione nell’area avrebbe superato il 10% nell’autunno del 2022: in ritardo come la Federal Reserve negli Stati Uniti, dall’estate la banca centrale ha dovuto inseguire con la serie di rialzi dei tassi pi aggressiva dal lancio dell’euro nel 1999. Intanto per nei 43 piani della torre della Bce sul Meno si stava consumando uno spostamento degli equilibri. Dopo anni in minoranza sul piano intellettuale e di potere, durante la presidenza di Mario Draghi, l’ala monetarista ha ripreso il controllo che aveva avuto fino al 2011. Lo ha ripreso nel comitato esecutivo dei sei banchieri centrali di stanza a Francoforte, ma ancora di pi nel Consiglio dei governatori che riunisce anche i 19 delle capitali dell’euro (presto venti con la Croazia).
Lagarde non rientra in quel gruppo, ma politicamente pi riluttante o meno solida sul piano tecnico per contenerne la spinta. Cos il messaggio da Francoforte sembra determinato pi dalla tedesca Isabel Schnabel nell’esecutivo e l’agenda dalle banche centrali di Germania e Olanda. Poche volte come ieri il ribaltamento dei rapporti di forza emerso alla luce del sole. Proprio ora che la crescita dei prezzi ha preso a rallentare e la recessione in area euro potrebbe essere gi in atto, a sorpresa la Bce ha rivisto drasticamente al rialzo le previsioni sulla corsa dei prezzi. Lo ha fatto ieri che, non a caso, le banche centrali nazionali hanno avuto un ruolo importante nel fare le stime.
Si vede la mano della Bundesbank: prevede un’inflazione media ancora al 6,3% nel 2023, che significa circa al 3,5% fra un anno poich oggi al 10%. Ma questo appare illogico e incoerente con una previsione ferma al 3,4% anche nel 2024. L’ex vice presidente della Bce Vitor Constncio ha definito le stime controverse. Sembrano fatte non per capire l’economia, ma per giustificare un approccio intransigente mentre l’area euro ferma e la produzione industriale in caduta. Cos il vertice di ieri ha tutta l’aria di essere finito con uno scomodo scambio: il 30% pi monetarista del Consiglio voleva un altro maxi-aumento dei tassi da 0,75% (pi della Fed) e ha rinunciato solo in cambio dell’annuncio immediato di una restrizione pi dura del previsto nei prossimi mesi. Con il rischio di far perdere credibilit alla Bce, se poi dovr cambiare strada di fronte alla recessione.
I rischi maggiori per ora li corre l’Italia. Le emissioni di titoli di Stato nel 2023 varranno quasi di sicuro ben oltre 450 miliardi, fra rinnovi e nuovo deficit. Le nuove emissioni nette da collocare senza l’aiuto della Bce varranno circa 70 miliardi, un record da quando c’ l’euro. Ci avr due implicazioni per il governo. La prima l’esigenza di eseguire senza ritardi le riforme del Piano di ripresa (Pnrr), perch solo cos si sbloccano 19 miliardi di fondi europei in inverno e altri 16 in estate: questa liquidit diventa fondamentale in tempi di debito pubblico sempre pi caro. Ma la seconda conseguenza sar forse di ridurre in parte i sussidi per il caro-energia da primavera, per le stesse ragioni. Perch il nuovo regime in area euro, con pi tolleranza sui deficit ma una Bce meno tollerante, non vale come quello opposto di prima. I due fattori del vecchio regime erano compatibili, invertirli no. Avere pi deficit e un costo del debito spinto in alto dalla banca centrale pu portare alla rottura. Forse allora Lagarde decider di frenare i falchi.
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, 2022-12-15 22:54:00, Le emissioni di titoli di Stato italiani nel 2023 varranno quasi di sicuro ben oltre 450 miliardi, fra rinnovi e nuovo deficit. Il Pnrr sarà cruciale , Federico Fubini