Belarda insegnava al duce  e Panatta leggeva l’Unità

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SABATO 14 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

la memoria è corta. Fra le tante rievocazioni dell’affermazione dell’Italia alla Coppa Davis del 1976, mai, salvo distrazioni, una citazione del direttore tecnico di quella squadra, Mario Belardinelli, l’uomo che aveva accompagnato la crescita dei vari Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli…

Augusto Frasca

Caro Augusto,

A me pare invece che Adriano Panatta ricordi Mario Belardinelli a ogni occasione. Ad esempio gli ha dedicato pagine molto belle della sua deliziosa autobiografia Più dritti che rovesci (Rizzoli): «Belardinelli aveva per me un affetto profondo. Ricambiato. Infinitamente ricambiato… Lo sentivo come un secondo padre, il papà Belarda, una persona cui affidarsi in tutti i momenti, un uomo che sarebbe stato sempre al mio fianco, come poi fece, soffrendo in un angolo come solo lui riusciva a fare quando in campo c’ero io». Belardinelli aveva giocato a tennis con Mussolini («Sono stato il maestro del Duce!»), raccontava aneddoti al riguardo forse inventati — «Duce, vogliamo provare il rovescio?»; «Camerata Belardinelli, noi tireremo sempre dritto!» — e non aveva cambiato idee politiche. Panatta era ed è di sinistra (un’eccezione nel mondo dello sport). Per fare arrabbiare Belardinelli, si divertiva ad arrivare in ritiro a Formia con l’Unità o il Manifesto, o a chiacchierare a voce alta quando a Tribuna politica parlava Almirante, che «Belarda» pretendeva di ascoltare in religioso silenzio. Appassionato di cavalli, scommetteva, ma non voleva che i suoi allievi entrassero in contatto con i bookmaker e rischiassero di contrarre il vizio: «Così fissava un limite alle giocate, ritirava le nostre puntate e scendeva lui a giocare — scrive Panatta —. Poi, se vincevamo, ci girava i guadagni. Se perdevamo, ci restituiva i nostri soldi». Quando poi i suoi ragazzi arrivarono in finale di Coppa Davis, lui consentì alle mogli di seguirli, ma impose camere separate. «Noi lo accontentavamo, gli dicevamo di sì, poi ovviamente di notte traslocavamo nelle stanze delle signore. Facevamo così per non turbarlo, per dargli ragione, e sapevamo che lui immaginava i nostri traffici notturni. Ma, sia pure con qualche finzione, gli facevamo capire che la sua autorità non era in discussione; e lui questo lo apprezzava moltissimo».

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Damiano Caruso, il ciclista che ha scelto il nostro fisco»

Tempo fa mi ero imbattuto sulla notizia, per me assai lieta e del tutto esemplare, del ciclista nazionale Damiano Caruso. Allo sportivo era stato proposto, per beneficiare di un notevole risparmio fiscale, di prendere residenza nella Repubblica di San Marino, in forza di una recente legge di quello stato che prevede agevolazioni sul pagamento di tasse a sportivi, in particolare ciclisti, che vi risiedono. Le conseguenze in termini di agevolazioni fiscali sono evidenti in quanto, come ho letto, sui primi 100.000 euro di imponibile l’aliquota prevista è bassa rispetto all’Italia. Damiano, in un primo tempo aveva predisposto tutta la documentazione necessaria ma, al momento di procedere con la firma per la richiesta di residenza nella Repubblica del Titano, ha stracciato i fogli. Il motivo è un ripensamento mosso da un’ammirevole giustificazione: ha prevalso il suo «essere italiano», uno sportivo che indossa la maglia azzurra, che quando attraversa le strade dell’Italia, e della sua Sicilia, la gente lo applaude, come è avvenuto nell’ultimo Giro d’Italia. È bastato questo per farlo desistere dal gesto ? Non si sa ma … tant’è. Forse vale la pena sottolineare questo eroe nazionale che porta all’attenzione ancora una volta la questione di chi, per puro vantaggio economico, si abbassa a trasferire la propria residenza in un altro Paese, guarda caso con tariffe fiscali agevolate. E gli esempi purtroppo sono numerosi. Andrebbe dato formale risalto a questo ragazzo che con il suo gesto ha reso giustizia a tutti i comuni mortali, cittadini italiani, che con il loro contributo consentono all’Italia di fornire servizi primari.

Claudio Dionisi, Fano (Provincia di Pesaro e Urbino)

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-05-13 23:01:00,

SABATO 14 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

la memoria è corta. Fra le tante rievocazioni dell’affermazione dell’Italia alla Coppa Davis del 1976, mai, salvo distrazioni, una citazione del direttore tecnico di quella squadra, Mario Belardinelli, l’uomo che aveva accompagnato la crescita dei vari Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli…

Augusto Frasca

Caro Augusto,

A me pare invece che Adriano Panatta ricordi Mario Belardinelli a ogni occasione. Ad esempio gli ha dedicato pagine molto belle della sua deliziosa autobiografia Più dritti che rovesci (Rizzoli): «Belardinelli aveva per me un affetto profondo. Ricambiato. Infinitamente ricambiato… Lo sentivo come un secondo padre, il papà Belarda, una persona cui affidarsi in tutti i momenti, un uomo che sarebbe stato sempre al mio fianco, come poi fece, soffrendo in un angolo come solo lui riusciva a fare quando in campo c’ero io». Belardinelli aveva giocato a tennis con Mussolini («Sono stato il maestro del Duce!»), raccontava aneddoti al riguardo forse inventati — «Duce, vogliamo provare il rovescio?»; «Camerata Belardinelli, noi tireremo sempre dritto!» — e non aveva cambiato idee politiche. Panatta era ed è di sinistra (un’eccezione nel mondo dello sport). Per fare arrabbiare Belardinelli, si divertiva ad arrivare in ritiro a Formia con l’Unità o il Manifesto, o a chiacchierare a voce alta quando a Tribuna politica parlava Almirante, che «Belarda» pretendeva di ascoltare in religioso silenzio. Appassionato di cavalli, scommetteva, ma non voleva che i suoi allievi entrassero in contatto con i bookmaker e rischiassero di contrarre il vizio: «Così fissava un limite alle giocate, ritirava le nostre puntate e scendeva lui a giocare — scrive Panatta —. Poi, se vincevamo, ci girava i guadagni. Se perdevamo, ci restituiva i nostri soldi». Quando poi i suoi ragazzi arrivarono in finale di Coppa Davis, lui consentì alle mogli di seguirli, ma impose camere separate. «Noi lo accontentavamo, gli dicevamo di sì, poi ovviamente di notte traslocavamo nelle stanze delle signore. Facevamo così per non turbarlo, per dargli ragione, e sapevamo che lui immaginava i nostri traffici notturni. Ma, sia pure con qualche finzione, gli facevamo capire che la sua autorità non era in discussione; e lui questo lo apprezzava moltissimo».

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Tempo fa mi ero imbattuto sulla notizia, per me assai lieta e del tutto esemplare, del ciclista nazionale Damiano Caruso. Allo sportivo era stato proposto, per beneficiare di un notevole risparmio fiscale, di prendere residenza nella Repubblica di San Marino, in forza di una recente legge di quello stato che prevede agevolazioni sul pagamento di tasse a sportivi, in particolare ciclisti, che vi risiedono. Le conseguenze in termini di agevolazioni fiscali sono evidenti in quanto, come ho letto, sui primi 100.000 euro di imponibile l’aliquota prevista è bassa rispetto all’Italia. Damiano, in un primo tempo aveva predisposto tutta la documentazione necessaria ma, al momento di procedere con la firma per la richiesta di residenza nella Repubblica del Titano, ha stracciato i fogli. Il motivo è un ripensamento mosso da un’ammirevole giustificazione: ha prevalso il suo «essere italiano», uno sportivo che indossa la maglia azzurra, che quando attraversa le strade dell’Italia, e della sua Sicilia, la gente lo applaude, come è avvenuto nell’ultimo Giro d’Italia. È bastato questo per farlo desistere dal gesto ? Non si sa ma … tant’è. Forse vale la pena sottolineare questo eroe nazionale che porta all’attenzione ancora una volta la questione di chi, per puro vantaggio economico, si abbassa a trasferire la propria residenza in un altro Paese, guarda caso con tariffe fiscali agevolate. E gli esempi purtroppo sono numerosi. Andrebbe dato formale risalto a questo ragazzo che con il suo gesto ha reso giustizia a tutti i comuni mortali, cittadini italiani, che con il loro contributo consentono all’Italia di fornire servizi primari.

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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