di Teresa Ciabatti
La showgirl: «A casa era vietato vedere programmi tv con contenuto mondano e non religioso, così guardavamo ‘La casa nella prateria’ . Con i primi soldi ho comprato ai miei un appartamento sicuro, nel posto dei ricchi»
Questa intervista di Teresa Ciabatti alla soubrette Belen Rodriguez è il servizio di copertina del magazine 7 in edicola il 30 settembre. La pubblichiamo online per i lettori di Corriere.it
Le Iene?
«Ho ossessionato Davide Parenti, telefonate su telefonate. A un certo punto, per dissuadermi, lui dice: “Se prendo te, il programma diventa un’altra cosa, tu sei una star “».
E lei si arrende?
«Il contrario. “Non sono una star, dico, tu devi incontrarmi, arrivo”. E sono andata».
Perché Le Iene ?
«È il miglior programma della televisione italiana. Il più innovativo, il più coraggioso».
L’EDUCAZIONE PROTESTANTE, LA CRISI A BUENOS AIRES, IL PRIMO (FINTO) CONTRATTO DA MODELLA: «SE ASPETTI NON ARRIVA NIENTE, DEVI ANDARE INCONTRO ALLE COSE»
Ciò che si desidera si chiede?
«Per un po’ ho anche provato la strategia dell’attesa: non ha funzionato. Non arrivava niente. Bisogna andare incontro alle cose».
Quanto ha contribuito il luogo di nascita nella formazione del suo carattere?
«Tantissimo, credo».
Primi lavori in Argentina?
«A diciotto anni distribuivo volantini del cinema per strada. A diciannove facevo la pizzaiola in un ristorante».
Lavoro di suo padre?
«Venditore di attrezzi agricoli e di giardinaggio».
Lavoro di sua madre?
«Mia madre è la donna più bella che io abbia mai visto. Gli amici le dicevano di fare la modella, ma lei no, poi un giorno partecipa a una sfilata, vede le altre che si spogliano con disinvoltura, rimangono in costume, mentre lei si tiene la pelliccia. Inizio e fine della sua carriera di modella. Da lì sceglie di fare l’insegnante ai bambini disabili».
«DA UN GIORNO ALL’ALTRO, PERDIAMO LA CASA SENZA POTER PRENDERE NIENTE: DIVANI, LETTI, PIATTI. SO ANCORA IL NUMERO A MEMORIA: 5678990. TELEFONAVO A MIA NONNA ANCHE SE ERA MORTA»
La vostra casa?
«Quando Menem sale al potere vende le aziende statali agli americani, incluse le grandi aziende come la Pepsi Cola di cui mio nonno era vicedirettore, ebbene in quel momento l’Argentina cade in una profonda crisi economica. La gente ipoteca la casa, la macchina».
Voi?
«Anche noi, da un giorno a un altro perdiamo la casa, senza poter prendere niente: divani, letti, piatti, asciugamani».
Quella casa.
«Ancora so il numero di telefono a memoria».
Cioè?
«567 89 90».
Chiamato?
«Rispondevano i nuovi proprietari, e io riattaccavo».
Perché telefonare?
«Quella casa significava anche mia nonna che intanto era morta. Comporre il vecchio numero era un tentativo di riportare il tempo indietro. La speranza scema che al telefono potesse rispondere lei».
«CON IL PRIMO STIPENDIO MI COMPRO UN PAIO DI STIVALETTI. MENTRE CI SACCHEGGIANO, CON LE MANI LEGATE, RIESCO A NASCONDERLI. SALVI»
Crisi economica.
«Andiamo ad abitare in campagna, non lontano dalla favela».
Un’immagine della nuova vita?
«La casetta sull’albero costruita da mio padre».
Animali?
«Cinque cani e due conigli. La mia preferita, Rebecca, una bastardina che un giorno muore investita da una macchina. A me dicono: “Si è innamorata ed è scappata”».
Lei ci crede?
«Ho creduto a Babbo Natale fino a quindici anni, quando mio cugino decide di dirmi la verità. Grande delusione, nonostante non amassi Babbo Natale».
Motivo?
«Dicevano: arriva dalla Finlandia, con le renne, e io me lo ritrovavo in Argentina smanicato, abbronzatissimo. Ho ancora le foto con i diversi Babbo Natale abbronzati nei centri commerciali. Pensavo: ma quanti sono? Qualcosa non tornava».
Un giorno di festa nell’infanzia?
«Andare da McDonald».
Belen bambina?
«Siccome mio padre frequentava la chiesa protestante, noi figli avevamo molti divieti, tra cui: vietato vedere programmi televisivi con contenuto mondano e non religioso».
Quindi?
«Guardavamo La casa nella prateria ».
Appassionante?
«Io mi identificavo in Laura Ingalls, la figlia che lottava per la giustizia scegliendo quasi sempre la soluzione sbagliata».
Esempio?
«Laura sa che la ragazzina ricca finge di non camminare. Per sbugiardarla la lancia da una rupe con la sedia a rotelle. Peccato che quella si faccia male, e Laura passi dalla parte del torto, col padre che cerca di spiegarle che va bene battersi per la verità ma non così».
Belen irruente come Laura Ingalls?
«A quindici anni muore il padre della mia migliore amica e io voglio andare al funerale, però la scuola me lo vieta. Al che fuggo, scavalco il cancello e vado».
Punita?
«Cacciata».
Reazione?
«Cambio scuola».
Già allora niente è di ostacolo?
«Mio padre – sempre per le regole della chiesa protestante – non mi permetteva di andare a ballare, né di partecipare ai viaggi di scuola. Vietato mettere gonne corte, vietato ascoltare musica, tranne le canzoni religiose. Insomma, non potevo fare niente, a parte frequentare la chiesa e prendere parte alle iniziative religiose tipo le escursioni».
Un’escursione?
«In montagna, senonché ci perdiamo e arriva la notte».
Cosa fate?
«Camminiamo sul sentiero stretto, in fila indiana, mano nella mano».
Spavento?
«Nei tratti pericolosi io chiudevo gli occhi e stringevo forte la mano di Mariano, il ragazzino che mi piaceva. Allora pensavo: vorrei che questa notte durasse tantissimo».
Ragione?
«Per la sensazione speciale di fidarci l’uno dell’altro».
Cos’era in quegli anni la paura?
«Non la notte, non il bosco».
Ma?
«La vita quotidiana. Il fatto che la gente non avesse da mangiare. Saccheggiavano i supermercati, entravano nelle case, rubavano e uccidevano le famiglie».
Quel giorno.
«Un giorno arrivano da noi. In otto, armati e drogati di colla. Io ero in giardino, mi prendono per i capelli, mi trascinano dentro».
E?
«Ci legano, pistole puntate alla testa».
Oggetti rubati?
«Dalle tazzine di caffè alle forchette. Dalla televisione alle lenzuola. Vestiti, scarpe, mutande, il mio book fotografico da modella».
Non lasciano niente?
«Con lo stipendio del volantinaggio avevo comprato un paio di stivali a rate. Neri, con le borchie, il mio orgoglio. Così, mentre loro saccheggiano casa, io, con le mani legate, riesco a spostarmi e a prendere gli stivaletti per nasconderli nella fessura del divano letto».
Stivaletti salvi?
«Salvi».
Poi?
«Mi chiamano in bagno. Da sola».
Immagina il peggio?
«Penso: se non mi uccidono tutto il resto va bene, il resto lo posso dimenticare».
Quanto ha dovuto dimenticare del suo passato?
«Niente. Perché nonostante le difficoltà, che comunque non erano solo nostre ma di un Paese intero, io ho avuto un’infanzia meravigliosa».
Un’altra persona esibirebbe un passato difficile come il suo.
«Non c’è niente da esibire».
Torniamo al sequestro: nel bagno?
«Vogliono sapere il numero del conto corrente di mio padre. Nient’altro».
Conclusione?
«Dopo otto ore vanno via con tutte le nostre cose, ma ci lasciano vivi».
«DECISI DI ANDARMENE E VENNI IN ITALIA. PRIMA TAPPA: OTTO RAGAZZE SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO. CI FERMANO: MOTIVO DEL VIAGGIO? RISPOSTA: “UNA FESTA”. BLOCCATE IN AEROPORTO…»
In seguito?
«Decido di andarmene. Vengo in Italia con un contratto di modella».
Lavoro già iniziato in Argentina?
«Avevo posato in costume per un giornale, e quando la chiesa era venuta a saperlo, ci aveva scomunicato».
Dispiacere?
«Liberazione. Vedevo tanto fanatismo nei divieti e negli obblighi come quello di donare il dieci per cento dello stipendio, cosa che mio padre faceva».
Prima tappa in Italia?
«Riccione. Eravamo in otto ragazze senza permesso di soggiorno, istruite su cosa dire in caso di fermo».
E?
«Una più bella dell’altra, i poliziotti ci fermano subito: “Motivo del viaggio?” domandano».
Risposta?
«”Una festa”. Ci avevano detto di rispondere che dovevamo andare a una festa».
Conseguenza?
«Bloccate in aeroporto per 48 ore. Io riesco a fare una doccia con una monetina regalatami da una signora gentile».
Vi rilasciano.
«Arriviamo a Riccione e scopriamo che il nostro lavoro non è di modelle bensì di ragazze immagine. Noi che avevamo immaginato passerelle, foto, ci ritroviamo nei locali a ballare sui cubi».
Il passaggio alla tv?
«Trovo l’indirizzo di un’agenzia di moda di Bologna dove vado di nascosto. Quindi, tramite l’agenzia, inizio a fare provini per la televisione».
Da quel momento?
«Sono tutti sì».
Il regalo fatto ai suoi genitori coi primi guadagni?
«La casa. Una casa nel posto dei ricchi, con sicurezza h 24 e cancelli».
A quel punto?
«Inizio a dormire la notte. La mia famiglia era al sicuro. Finalmente li sapevo al sicuro».
Oggi?
«Oggi che loro sono qui, in Italia, è come essere tornati indietro nel tempo. Domani mio padre arriva a Napoli per costruire una casa sull’albero a Santiago. Da settimane guarda tutorial su You Tube».
La casa sull’albero come quella della sua infanzia?
«Dice che per Santiago farà un’aggiunta di terrazzo».
Cosa si vedrà dal terrazzo?
«Io vedrò mio marito e i miei figli. Vedrò il tappeto elastico montato da Stefano insieme a suo padre».
Belen salta?
«Dopo due salti mi scappa la pipì».
Dunque?
«Salto lo stesso».
Sicuri di conoscere veramente Belen Rodriguez? E se fin qui, distratti dalla bellezza, l’avessimo raccontata in modo incompleto? Questa non è la storia di una ragazza bellissima, questa è principalmente la storia di una ragazza nata in Argentina, ben lontana dal privilegio, partita un giorno per conquistare il mondo che di fatto conquista attraversandolo, quel mondo che visto da laggiù poteva intimorire.
30 settembre 2022 (modifica il 30 settembre 2022 | 06:54)
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, 2022-09-30 05:36:00, La showgirl: «A casa era vietato vedere programmi tv con contenuto mondano e non religioso, così guardavamo ‘La casa nella prateria’ . Con i primi soldi ho comprato ai miei un appartamento sicuro, nel posto dei ricchi», Teresa Ciabatti