di Alessandro Fulloni
Il pilota del Tornado centrato (assieme a Cocciolone) nel 1991 oggi ha 65 anni e vive negli Stati Uniti: Fummo gli unici a centrare l’obiettivo, ci colpirono al rientro. Dei primi 5 giorni non ricordo nulla, fu un inferno. Volo ancora, firmerei per avere la stessa vita
Dal nostro inviato
FIRENZE Dov’ero quando ci dissero dello scoppio della guerra nel Golfo? Stavo nella mia cameretta all’aeroporto di Al Dhafra, Emirati Arabi, e riflettevo: noi tutti del contingente partito dall’Italia qualche settimana prima pensavamo che non si sarebbe mai arrivati a quel punto e che alla fine si sarebbe giunti a un accordo, mettendo a posto Kuwait e l’Iraq di Saddam Hussein. Eravamo convinti che ci stessimo preparando per un’altra grande esercitazione. Invece no, fu la guerra. La politica la chiam “operazione di polizia internazionale”. Ma per noi era una guerra di liberazione, c’era da soccorrere un Paese invaso, oppresso: il massimo del romanticismo per chi come me vede il mondo in un certo mondo, indossando una divisa: nel mio caso azzurra. Gianmarco Bellini, 65 anni, generale in congedo, il pilota del Tornado italiano che nella notte tra il 17 e il 18 gennaio 1991 fu abbattuto — con a bordo anche il navigatore Maurizio Cocciolone che sento un paio di volte l’anno — durante la prima missione di volo dell’operazione Desert Storm sull’Iraq di Saddam Hussein. Dopo essersi lanciati con il paracadute i due aviatori vennero catturati.
L’altro giorno, nel corso delle celebrazioni avviate a Firenze, a Palazzo Vecchio, per il centenario dell’Aeronautica, il topgun ha rievocato con il Corriere — davanti a tre ex capi di Stato Maggiore (Mario Arpino, all’epoca comandante della war room italiana in Kuwait, Leonardo Tricarico e Alberto Rosso) e all’attuale Luca Goretti — quei 47 giorni di prigionia. Quella sera ci dissero che stavolta si faceva sul serio e che non era pi un’esercitazione… la nostra era una missione a bassa quota, avevamo come target un deposito di munizioni in Kuwait, al confine con l’Iraq
E voi piloti?
Molti di noi non riuscirono a dormire. Il giorno dopo ci preparammo per il briefing, rivedemmo i rapporti dell’intelligence. Decollammo in piena notte, otto Tornado nostri e altri 25 velivoli della coalizione. Ma il leader ebbe subito una noia al carrello e dovette rientrare.
Cosa pensaste?
Che qualcosa non stava andando nel verso giusto. Il volo aveva una durata di circa quattro ore, pi uno slot di mezzora di rifornimento. Ma il meteo era pessimo, per un motivo o per l’altro tutti gli aerei dovettero rientrare. Io fui l’unico a riuscire ad agganciarmi all’aerocisterna e l’unico in grado di continuare. Cos proseguii, chiedendo l’autorizzazione che mi venne accordata. Fummo i soli a raggiungere il target e a sganciare.
Ci le valse l’ammirazione di americani, britannici e francesi… Poi per che successe?
Gli iracheni avevano riempito la costa di contraerea. Ci beccarono in pieno sul piano di coda e dopo che ci abbassammo, rientrando verso il mare, mi resi conto che il Tornado era ingovernabile: cos ordinai l’eiezione. Da quel momento ho un buco di memoria di quattro o cinque giorni. Non ricordo cosa accadde. So che ho subito diverse fratture, una alla spina dorsale e un’altra alla mandibola. Dettagli….
Momenti da incubo, pestaggi, le torce sulla faccia…
S, ma non tanto per le violenze fisiche: la parte peggiore quando ti rendi conto di non avere alcun potere e controllo sulla situazione, di essere in balia di volont altrui. Da questo per trassi anche molta forza: sballottato in diverse prigioni, interrogato con metodi brutali, tra me e me pensavo: non posso fare nulla, ma non che mi metto in ginocchio o faccio salamelecchi se entra una guardia.
Il giorno pi brutto?
Fu durante un bombardamento della coalizione, non ricordo esattamente quando: eravamo in un bunker della polizia segreta di Saddam Hussein. Sopra sorgeva un palazzo piuttosto alto. Una delle nostre bombe esplose proprio fuori dalla nostra cella, sbriciolando tutto.. In qualche modo ci salvammo. Sarebbe stato assurdo sopravvivere alla contraerea di Saddam e andarsene a causa dei nostri.
Lei, giuridicamente, non fu mai considerato un prigioniero di guerra perch l’Italia non aveva mai dichiarato guerra all’Iraq…
Proprio cos. una cosa strana. Nel mio foglio matricolare quel periodo segnato come a disposizione del comandante di corpo.
Quando ha deciso di diventare pilota?
La mia non stata una scoperta infantile. Fu una decisione consapevole, maturata durante il liceo. Mi ero convinto che avrei dovuto fare quel mestiere l e ci son riuscito. Feci domanda all’Accademia e vinsi il concorso. Nel frattempo mi ero iscritto all’universit di Padova per studiare medicina.
Ricomincerebbe daccapo?
Senza alcun dubbio. Metterei la firma per rivivere tutto quello che ho vissuto, specialmente il periodo dell’Aeronautica, fu esaltante.
Oggi cosa fa?
Mi sono congedato nel 2011 stabilendomi negli Usa, vivo a Virginia Beach dove sono console onorario, assisto i nostri connazionali anche nella Carolina del Nord. Volo ancora come comandante di linea con la compagnia Atlas. Sto sul 737 e piloto gli aerei cargo. Con mia moglie Gilda e mia figlia Giusy — gli altri sono Riccardo, Gianluca e Michael, ndr — ho anche un ristorante, sebbene la mia mansione sia solo quella di “addetto agli assaggi”.
Il suo volto e quello di Maurizio Cocciolone, rilanciati dalle dirette globali della Cnn, comparvero a lungo sugli schermi tv in quei giorni terribili. Capita ancora che la riconoscano per strada, in Italia e negli Usa?
Devo dire che qualcuno si ricorda anche se capita spesso che mia moglie mi sgridi perch non mi presento mai. Allora poi lei insiste: dai, ma racconta chi sei… Io son fatto cos, per.
Ma vero che si sposato tre volte?
(Si mette a ridere) S… E ho quattro figli. Evidentemente credo in questa istituzione.
Raccontano che il suo specialista di terra, quello a cui affidate tutto prima del decollo, l’attese per ore in pista sperando che alla fine il suo Tornado comparisse…
Confermo: and proprio cos. Ci siamo rivisti neanche tanto tempo fa a Gioia del Colle. “Generale, si ricorda?”. Come no… E ci abbracciammo.
23 febbraio 2023 (modifica il 23 febbraio 2023 | 16:24)
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