Indubbiamente Luigi Berlinguer ha avuto la capacità, come pochi altri, di modificare nell’ultimo quarto di secolo il nostro sistema scolastico. Lo dimostrano almeno tre riforme riuscite: l’esame di maturità (legge 425/1997), l’autonomia scolastica (DPR 275/1999), la parità scolastica (legge 62/2000). Tuttavia, accanto a questi successi, non si può non annoverare la mancata riforma di concludere il percorso scolastico a 18 anni.
Un obiettivo mancato tra le riforme volute dal ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer è stato infatti quello di concludere il percorso scolastico a 18 anni, anziché a 19, per mettere i nostri diplomati alla pari dei coetanei europei sia per l’accesso al mondo del lavoro nel mercato aperto dell’Unione sia per accedere agli studi superiori.
Nell’iniziale proposta era stato previsto di anticipare l’avvio dell’obbligo scolastico nella scuola elementare a cinque anni di età, ma in un incontro con la sottosegretaria Albertina Soliani i rappresentanti delle associazioni delle scuole dell’infanzia e dei Comuni avevano decisamente criticato la proposta che avrebbe determinato riduzione la durata di questo settore a soli due anni, anziché ai consueti tre, compromettendone l’impianto pedagogico e organizzativo.
La sottosegretaria aveva risposto con un lapidario “touché” e la proposta era stata accantonata.
Berlinguer non si era dato per vinto e aveva progettato di ridurre di un anno la durata complessiva della scuola elementare (5 anni) e della scuola media (3 anni).
La proposta di riforma dei cicli, di non immediata applicazione e di complessità organizzativa, era stata fortemente criticata dalle associazioni dei genitori e poco gradita ai sindacati.
La bocciatura della proposta, unitamente alla critica di molti insegnanti per il cosiddetto concorsone che prevedeva compensi premiali per la carriera, portò al ricambio al vertice dl ministero con il nuovo ministro Tullio De Mauro che subentrò a Berlinguer.
Ma l’obiettivo di un percorso scolastico da concludere al 18.mo anno di età venne condiviso e raccolto dal ministro Letizia Moratti, subentrata nel 2001 al vertice del ministero.
Dopo un timido tentativo di ridurre a quattro anni la durata quinquennale della secondaria di II grado, osteggiata da alcuni autorevoli esponenti della coalizione di governo, ritornò sulla prima proposta di Berlinguer per un intervento sull’inizio del percorso scolastico.
La proposta, diventata legge (53/2003), prevedeva la facoltà di anticipare l’avvio della scuola primaria per i bambini che compivano i sei anni di età dopo il consueto termine dl 31 dicembre e, comunque, entro il 30 aprile dell’anno successivo. Una mini-riforma che interessava virtualmente un terzo degli alunni obbligati.
In questo modo per gli anticipatari veniva assicurata l’uscita dal percorso scolastico a 18 anni.
Probabilmente la Moratti prevedeva un’ampia adesione alla proposta di anticipo e, forse temendo un corrispondente svuotamento di iscritti nella scuola dell’infanzia, aveva esteso l’anticipo di iscrizione ai bambini che compivano i tre anni entro il 30 aprile.
Gli anticipi nella scuola primaria oggi non superano l’1,6% (circa il 4% nelle scuole del Mezzogiorno). Quasi un flop.
Dopo vent’anni, l’obiettivo Berlinguer-Moratti per diplomare i nostri ragazzi è sfumato e la timida sperimentazione dei quadriennali non basterà per farlo rivivere.
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