di Redazione Online
Gli appunti di Berlusconi, in Senato, su Meloni: «Comportamento arrogante, offensivo, nessuna disponibilità al cambiamento, è una con cui non si può andare d’accordo»
«Giorgia Meloni. Un comportamento 1. supponente 2. prepotente 3. arrogante 4. offensivo. Nessuna disponibilità al cambiamento. È una con cui non si può andare d’accordo».
A scriverlo, su un foglio di carta intestata «Villa San Martino», è stato Silvio Berlusconi, il leader di Forza Italia, in quella che è stata la sua giornata forse più nera — quella di ieri — con l’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato, avvenuta senza i voti forzisti, e il «no» di Meloni a un ruolo di governo per Licia Ronzulli, che del Cavaliere è fedelissima collaboratrice.
L’appunto, destinato a rimanere privato, è stato fotografato nella cartelletta che Berlusconi teneva sul suo banco, nell’aula del Senato: cartelletta su cui gli occhi di tutti sono stati puntati durante lo scontro verbale tra lo stesso leader di Forza Italia e La Russa.
Nell’appunto appaiono alcune parole che sono state cancellate: un altro pesante aggettivo dedicato al comportamento della leader di Fratelli d’Italia, e premier in pectore («5. ridicola») e una riformulazione — non neutra — dell’ultima frase (da «nessun cambiamento» a «nessuna disponibilità al cambiamento»).
Nelle carte di Berlusconi era contenuta anche una proposta di ministeri per esponenti di Forza Italia. Almeno 3, da quanto ricostruito, quelli indicati per Licia Ronzulli; Politiche europee, Turismo e Rapporti con il Parlamento. A ciascuna proposta, Meloni avrebbe opposto il suo no.
Secondo la ricostruzione di Tommaso Labate, nella mattinata di giovedì — durante l’incontro tra la leader di Fratelli d’Italia e quello di Forza Italia — il confronto sarebbe stato decisamente teso:
«Giorgia, tu sei disposta a riconoscermi tre ministeri in più?», è l’argomentazione di Berlusconi. «No», risponde la presidente del Consiglio in pectore col sorriso di chi si trova di fronte a una pretesa assurda. Saranno dei secchi «no» anche le repliche alla richiesta berlusconiana di avere due ministeri in più, poi uno solo. «E va bene, Giorgia. Allora veniamo ai ministri», azzarda Berlusconi iniziando l’elenco. «Sei disposta ad avere Tajani agli Esteri?». «Sì», è la risposta. Sarà l’unica risposta affermativa che arriva da Meloni. Che poi pronuncerà gli altri due «no» secchi che spingono Forza Italia fuori dal perimetro degli elettori di La Russa alla presidenza del Senato: il primo è per il ministero della Giustizia, che non finirà a un esponente indicato dagli azzurri; il secondo è per Licia Ronzulli, la cui presenza è destinata a rimanere fuori dai radar ministeriali. A questo punto inizia lo psicodramma collettivo degli azzurri.
Berlusconi e Meloni avevano avuto un incontro teso anche mercoledì. Come ricostruito qui:
«Meloni è andata mercoledì in visita al patriarca del centrodestra, nella sua casa romana: un gesto distensivo, dopo aver detto più volte che i vertici si fanno nelle sedi istituzionali. Ma è andata malissimo. L’ex premier vuole ministeri importanti: Giustizia, Sviluppo economico, Salute, Infrastrutture. Soprattutto, insiste per un posto chiave alla sua fedelissima Licia Ronzulli. Meloni dice no e Berlusconi si sfoga così con i suoi: “Lei non può pensare di comandare su tutto e tutti. Deve rispettarci, non può trattarci così”.
Ma perché si litiga tanto su Ronzulli? Meloni ripete da giorni che cerca “competenza” e “alto profilo”, e ritiene che questi due requisiti escludano automaticamente l’ex infermiera, che tutti sembrano detestare tranne Berlusconi, di cui in questi anni è diventata l’ombra. L’impressione è che voglia contrastare fin d’ora l’ascesa ronzulliana: in altre parole, Meloni trema al pensiero di dipendere in futuro da Licia Ronzulli per la stabilità del suo governo».
Gli interlocutori di Silvio Berlusconi raccontavano ieri di non averlo visto così neanche nei momenti più cupi del rapporto con Umberto Bossi o Gianfranco Fini.
E il voto corsaro a La Russa presidente del Senato sarebbe la prova che il contributo di Forza Italia non sarebbe così determinante.
Una ricostruzione fatta anche all’estero
: Silvio Berlusconi, «infastidito da Meloni per non aver accettato le richieste riguardo alla spartizione dei ministeri, ha cercato di boicottare il voto per il nuovo presidente del Senato, che doveva essere una formalità – scrive El Paìs . Il Cavaliere, tuttavia, ha finito per essere umiliato e per minare direttamente l’unità del futuro governo».
L’elezione del leghista Lorenzo Fontana a presidente della Camera dovrebbe aver ricompattato le cose? Secondo Lorenzo Cesa sì: «Il clima è molto diverso rispetto a ieri. Il centrodestra si è ricompattato dopo lo scivolone in Senato, determinato non da Berlusconi, perché uno come lui non lo avrebbe mai fatto, ma da pressioni all’interno di Forza Italia. Il segnale che arriva oggi è di grande speranza per il futuro».
E anche l’Adnkronos riferisce che Silvio Berlusconi avrebbe dato il suo ok alla elezione del leghista Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera: «Ho conosciuto Fontana nelle mie trasferte in Europa, è una brava persona, che stimo», avrebbe detto ieri sera, durante la cena con i senatori azzurri a Villa Grande.
Ma quegli appunti su Meloni — e quella frase: «Una con cui non si può andare d’accordo» — sono destinati a pesare come macigni.
14 ottobre 2022 (modifica il 14 ottobre 2022 | 13:18)
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, 2022-10-14 13:18:00, Gli appunti di Berlusconi, in Senato, su Meloni: «Comportamento arrogante, offensivo, nessuna disponibilità al cambiamento, è una con cui non si può andare d’accordo», Redazione Online