di Gaia Piccardi, inviata a Malaga
Il risentimento al polpaccio di Bolelli ha spinto a un rientro affrettato. Ma Matteo non sarà mai un doppista di alto livello e con Fognini aveva giocato pochissimo
L’uomo in più è l’arma spuntata del doppio decisivo. A fine giornata, con l’Italia appena sconfitta 2-1 dal Canada nella semifinale di Coppa Davis, Matteo Berrettini è un’anima in pena che non si dà pace: «Posso fare tutto meglio: servire, rispondere, colpire la palla. Lo so bene. Non ho rimpianti, mi è stato chiesto di dare una mano alla squadra e l’ho fatto, pur sapendo di non essere nella migliore forma della mia vita. Però volevo un altro risultato, farò fatica a dormire».
In finale contro l’Australia ci va il Canada wild card (è entrato allo scoppio della guerra al posto della Russia campionessa in carica) di Auger-Aliassime, trascinatore anche in coppia con Pospisil, l’Italia con le stelle orbe invece si ferma qui, come otto anni fa quando sbattemmo contro la Svizzera di Federer, certa di avere un luminoso futuro grazie ai suoi ragazzi ma anche il problema del doppio, già emerso l’anno scorso quando le finali si erano disputate a Torino. Il risentimento al polpaccio di Bolelli, che sabato mattina si era allenato, può essere diplomatico e allo stesso tempo credibile: Simone ha 37 anni, Fognini va per i 36, Matteo non sarà mai un doppista, improvvisare non dà frutti.
Malaga restituisce al tennis un Sonego rivitalizzato dall’azzurro, capace di battere Tiafoe (n.19) e Shapovalov (n.18) ieri, mancinaccio geniale e folle, la classe operaia è andata ancora una volta in paradiso (7-6, 6-7, 6-4) in cima a una maratona di 3h14’ che lo spirito granata di Sonny — nella sofferenza, ci si esalta — ha tenuto viva fino al crollo finale del canadese. In quel momento Berrettini era ancora il capo claque («Si toccava il petto per indicarmi il cuore, mi incitava: sei un guerriero! Sei un animale! Questa squadra per me è una famiglia» si commuove il torinese), anche se qualche segnale avrebbe dovuto metterci sulla pista giusta: l’apparizione di coach Santopadre con la tuta della Nazionale, lo stesso Matteo in braghe corte durante il singolare perso da Musetti con Auger-Aliassime (6-3, 6-4), ancora troppo lontano (come Fritz giovedì) dalle possibilità attuali del talentino nostrano al cospetto dell’esperienza dei top 10.
Con il punteggio in parità, avrebbe forse avuto senso rischiare Berrettini in doppio anche senza il problema di Bolelli? No, l’affiatamento e la dinamica della coppia, come in una storia d’amore, sono tutto; Matteo e Fognini non hanno storia (nono match della carriera giocato insieme, 6 vittorie e 3 sconfitte), l’impresa con il Canada favorito, al pari di quella con gli Usa nei quarti, richiedeva una presenza di squadra che alla fine ci è mancata, perché Aliassime e Pospisil, anche se di poco (7-6, 7-5), sono stati più team dell’Italia di Volandri. «Ho cercato di sfruttare ogni nostra potenzialità — spiega il capitano a cose fatte —, questo percorso è partito da poco e siamo già avanti. Sono fiero di tutti, la nostra storia in Coppa Davis è appena cominciata».
Senza Sinner e Berrettini in singolare sembravamo destinati a uscire già nei quarti, invece la compagnia dei celestini ha buttato il cuore oltre l’ostacolo. Il bicchiere è mezzo pieno, talento e gioventù autorizzano a sognare in grande. Eppure da Malaga ripartiamo con rimpianti e dubbi (sul polpaccio di Bolelli), sforzandoci di guardare al futuro. Se il meglio deve venire, però, che arrivi in fretta.
27 novembre 2022 (modifica il 27 novembre 2022 | 07:36)
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, 2022-11-27 20:34:00, Il risentimento al polpaccio di Bolelli ha spinto a un rientro affrettato. Ma Matteo non sarà mai un doppista di alto livello e con Fognini aveva giocato pochissimo, Gaia Piccardi, inviata a Malaga