L’America e l’Italia sono molto diverse, quando si tratta di esercizio del diritto di sciopero. Negli Stati Uniti accade che un presidente di sinistra e un Congresso di sinistra intervengano in una vertenza sindacale del settore ferroviario, per vietare lo sciopero e imporre un accordo tra azienda e dipendenti. È un diritto costituzionale dei poteri esecutivo e legislativo. Joe Biden e il partito democratico lo hanno appena esercitato, con un atto di autorità hanno deciso di impedire un’agitazione che avrebbe danneggiato i cittadini e l’economia nazionale.
È noto che gli Stati Uniti offrono un ambiente più «business friendly», più accogliente per le imprese, rispetto a molti Paesi europei. Tra i fattori che vi contribuiscono di solito si cita la pressione fiscale più bassa, la burocrazia meno invadente (anche se questi due elementi possono variare a seconda di chi sia al potere, a Washington oppure nei singoli Stati Usa: la California o il Texas non sono la stessa cosa), i costi assai inferiori dell’energia. Il costo del lavoro è mediamente più alto che in Europa, certamente più alto che in Italia, anche se il cuneo fiscale non è così grosso. Quel che si dimentica spesso, è il clima delle relazioni industriali. I sindacati sono in genere meno forti negli Stati Uniti. Ma anche dove le organizzazioni sindacali sono potenti, l’arma dello sciopero viene usata con parsimonia, e alla fine può essere impugnata dall’autorità di governo e legislativa, per tutelare l’interesse collettivo.
Il veto politico contro uno sciopero nelle ferrovie è una misura estrema, inappellabile, e usata di rado. Non accadeva dal 1991. In questo caso è intervenuta per chiudere la vertenza per il rinnovo contrattuale tra le aziende ferroviarie del trasporto merci – società private come Union Pacific, Csx e altre – e dodici organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori del settore, macchinisti, tecnici, e altre figure professionali. In tutto 115.000 lavoratori. La vertenza si trascinava da più di due anni, senza scioperi. Era stata raggiunta un’ipotesi di contratto, accettata da otto sindacati e respinta da quattro. Poi c’era stato un referendum della base, con esito negativo, donde la minaccia dello sciopero, quasi una certezza. Un blocco del settore avrebbe provocato disagi gravi per consegne nel periodo pre-natalizio, con danni a cascata per molte aziende che si servono delle ferrovie, per i loro dipendenti, e per i consumatori.
Che la Casa Bianca abbia deciso di intervenire, e che abbia ottenuto l’appoggio del Congresso, non era scontato e non è banale. L’attuale Congresso ha una maggioranza democratica nei due rami, Camera e Senato (quello nuovo, dove i repubblicani avranno la maggioranza alla Camera, si insedia a gennaio). Joe Biden si vanta di essere «il presidente più favorevole ai sindacati che ci sia mai stato». Esagera un po’, dimenticando il ruolo di un certo Franklin Roosevelt nel promuovere i diritti dei lavoratori. Però Biden nel primo biennio della sua presidenza ha fatto molto a favore dei lavoratori e delle loro famiglie, il Welfare è stato rafforzato durante la pandemia.
L’America continua a godere di una situazione di piena occupazione, l’ultimo dato mensile (novembre) ha visto l’aggiunta netta di 263.000 posti di lavoro. I salari operai stanno aumentando come non accadeva da quarant’anni, e nelle mansioni più basse il recupero delle retribuzioni è perfino superiore all’inflazione. È a malincuore che il presidente democratico ha deciso di intervenire contro i sindacati, ma lo ha giustificato così: «Le conseguenze dello sciopero sarebbero state troppo dannose per tutte le famiglie dei lavoratori, nell’intero Paese». Biden ha riconosciuto che anche per i suoi compagni di partito non è stato facile: «Molti parlamentari al Congresso condividevano la mia riluttanza a intervenire contro le procedure di ratifica sindacale degli accordi». La legge usata dal presidente e dal Congresso in questo caso è il Railway Labor Act, che dà all’assemblea legislativa il potere di imporre un accordo tra le parti nel settore ferroviario se questo è necessario per prevenire danni all’economia nazionale.
L’accordo è comunque positivo per i lavoratori: il contratto quinquennale prevede a regime un aumento del 24% nelle buste paga. È meno generoso sulla questione delle assenze remunerate (per malattia o problemi familiari). Comunque lo sciopero non si farà. È molto raro, per chi vive in America, vedere un servizio bloccato da uno sciopero. Questo vale in generale, non solo nelle ferrovie. Nei miei 22 anni di vita qui, non riesco a ricordare un solo sciopero nei servizi. Il contrasto con l’Italia, o con la Francia, è notevole. Sul lungo termine è una differenza che pesa sulla produttività e quindi sulla ricchezza nazionale.
2 dicembre 2022, 17:54 – modifica il 2 dicembre 2022 | 17:55
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, 2022-12-02 18:06:00, Joe Biden e il partito democratico, con un atto di autorità, hanno deciso di impedire un’agitazione che avrebbe danneggiato i cittadini e l’economia nazionale. Il veto politico contro uno sciopero nelle ferrovie è una misura estrema, inappellabile, e usata di rado. Non accadeva dal 1991, Federico Rampini