Binotto-Leclerc, in Ferrari è alta tensione. Cosa succede adesso?

Binotto-Leclerc, in Ferrari è alta tensione. Cosa succede adesso?

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di Giorgio Terruzzi

La Ferrari ha smentito le speculazioni su Binotto, ma i rapporti con il pilota, che vorrebbe un team principal che lo legittimasse come prima guida, non sono ottimi

Le parole usate dal vertice Ferrari per smentire le speculazioni a proposito della posizione di Binotto farebbero pensare a una chiusura definitiva dell’ipotesi Vasseur come sostituto del team principal. Una retromarcia comporterebbe una perdita di credibilità enorme visto che la scelta delle parole, appunto, non è mai casuale a certi livelli, anche se l’ipotesi continua a circolare, abbinata all’idea che ogni smentita è smentibile a fronte di un interesse dominante. Vasseur, dato per «bruciato» da chi attribuisce serietà alla comunicazione Ferrari, si sarebbe autocandidato. Sfruttando però due appoggi decisivi. Carlos Tavares, a.d. Stellantis, suo vecchio amico e Charles Leclerc, con il quale ha rapporti buoni e di lungo corso. Charles, a quanto si dice, vorrebbe lavorare con un capo che gli assicuri un ruolo da prima guida. Il che, indipendentemente da ciò che potrà accadere a Maranello, offre uno scenario tipico e critico. Con qualche rischio proprio per il pilota.

Leclerc ha ambizioni direttamente proporzionali al talento. Le sue ragioni sono comprensibili in una stagione frustrante, dentro la quale ha patito fragilità ed errori della squadra, pur commettendone qualcuno per conto proprio. La sua posizione è simile a quella di altri campioni alle prese con team incapaci di gratificarli completamente.

Viene in mente Alonso, anno 2007, in aperto dissidio con Ron Dennis, capo McLaren, con il giovane Hamilton al fianco. Risultato: uscita di Fernando dalla squadra a fine stagione, perdita in dirittura del titolo. Sempre Alonso, in Ferrari, finì per rovinare il rapporto con Stefano Domenicali, team principal, innescando una spirale negativa irreversibile. Nella storia del Cavallino le pretese dei piloti sono entrate spesso in rotta di collisione con la ragion di squadra. Una priorità che Enzo Ferrari ha sempre considerato sacra. Fangio, Lauda, Villeneuve: rispettati, amati o amatissimi, ma piegati al cospetto di ogni capriccio.

Leclerc non ha alternative fuori dalla Ferrari. Chi lo frequenta parla di un entourage convinto di tutelarlo accentuando le sue insoddisfazioni piuttosto che spingerlo a migliorare anche nella gestione delle difficoltà. Con John Elkann parla spesso, i due si frequentano, hanno trascorso una giornata sui kart in Francia la scorsa estate, accompagnati dai figli del presidente. Manifestano reciproca simpatia. Resta da capire che tipo di risposta può dare il capo supremo della Ferrari ad un pilota che pretende una posizione di privilegio dentro un team deliberatamente formato da due piloti forti, scelti in quanto portatori di punti. E, di conseguenza, come trattare il futuro di Sainz, il cui contratto è stato rinnovato con l’intento di contare su un ragazzo pronto a cogliere ogni occasione propizia, bravo al punto da finire davanti a Leclerc nel Mondiale 2021. Stiamo parlando di una scelta filosofica che distingue una famiglia da corsa, cosa che va oltre il nome del team principal. Per questo l’atteggiamento di Leclerc va monitorato con attenzione. Impuntarsi significherebbe assumere responsabilità pesantissime, soprattutto in caso di un insuccesso.

In questo senso qualche consiglio utile arriva per via indiretta da Lewis Hamilton, secondo dietro Russell in Brasile, felice del risultato Mercedes nonostante il curriculum personale, comparato a quello del giovane compagno. Un vero uomo squadra al termine di una stagione ben più avara rispetto a quella di Leclerc. Sicuro, peraltro di aver guadagnato crediti da spendere in futuro, senza nemmeno pretenderli in pista.

17 novembre 2022 (modifica il 17 novembre 2022 | 08:24)

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, 2022-11-17 07:24:00, La Ferrari ha smentito le speculazioni su Binotto, ma i rapporti con il pilota, che vorrebbe un team principal che lo legittimasse come prima guida, non sono ottimi, Giorgio Terruzzi

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