Bon Iver, un concerto senza gli snobismi dell’indie

Bon Iver, un concerto senza gli snobismi dell’indie

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di Andrea Laffranchi

La band di Justin Vernon sabato sera al Forum: uno show intimo, quasi teatrale

Ci sono concerti a cui si va per far vedere. E allora fuori i telefonini per le stories sui visual e gli effetti speciali. Ci sono concerti a cui si va per farsi vedere. E via di gridolini per far capire che si riconoscono le canzoni al secondo accordo. Ci sono concerti come quelli dei Bon Iver.

La band di Justin Vernon ha conquistato il Forum sabato sera. Senza bisogno grandeur nella produzione: sei musicisti in sei postazioni di barre led quasi a forma da aeroplanino che li circondano e sopra le loro teste altri tagli di luce che creano geometrie affascinanti. I megaschermi servono solo per le riprese della band per chi sta più lontano dal palco. Il resto è ricerca dell’emozione attraverso la musica.

Se ne accorge anche il pubblico. C’è attenzione, un raccoglimento quasi da teatro e non da palazzetto, i telefonini restano quasi sempre in tasca e la platea al buio tranne che su «Hey Ma» e «Skinny Love», le più popolari, e per «Holocene», lenta e potente come un’onda dell’oceano, i device sostituiscono le vecchie fiammelle degli accendini. Sembra un concerto anni Novanta-Zero ma senza quell’atteggiamento tipico dei concerti indie di un artista che è uscito dalla nicchia, non ci sono, per fortuna, quelli che «vuoi mettere quando eravamo in tre gatti all’Alcatraz dieci anni fa?».

Il percorso dei Bon Iver ha cambiato una certa idea di cantautorato-indie. «For Emma, Forever Ago», album di debutto del 2007 era nato dall’auto-reclusione di Vernon in un capanno di caccia nel gelo dell’inverno del Wisconsin: un folk largamente acustico in cui la malinconia di un addio veniva accentuata dal falsetto e dalla stratificazione quasi onirica della voce. Con «Bon Iver» del 2011 arrivarono un suono più strutturato e un Grammy per il miglior album «alternative». Quindi «22, A Million» (un altro Grammy) e «i,i» che mantenevano la delicatezza melodica ma la agganciavano ad elettronica, campioni e synth.

Dal vivo l’anima delle canzoni rimane intatta: una fragilità che non è mai debolezza. Una struttura che non è quella ordinata della strofa-ritornello-bridge: i brani non finiscono mai con la stessa atmosfera con cui sono iniziati, c’è spazio per i musicisti e anche i vuoti contano, le orecchie di chi ascolta non sono mai saturate. Forse anche grazie alla tecnologia L-ISA – Immersive Hyperreal Sound che immerge la platea nelle atmosfere create dai sei. Il falsetto di Vernon è straordinario, un timbro unico. Spesso filtrato in diretta o sovrapposto alle voci degli altri componenti della band.

In tutto il tour i Bon Iver hanno deciso di supportare un’asociazoine diversa in ogni paese, per l’Italia c’è Differenza donna che supporta l’universo femminile contro goni forma di discriminazione e violenza.

6 novembre 2022 (modifica il 6 novembre 2022 | 12:07)

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, 2022-11-06 11:09:00, La band di Justin Vernon sabato sera al Forum: uno show intimo, quasi teatrale, Andrea Laffranchi

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