Negli ultimi anni, nel settore scolastico ha assistito a un marcato incremento nelle diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).
Secondo il rapporto del Ministero dell’Istruzione e del Merito, la percentuale di studenti con DSA è cresciuta negli ultimi anni sollevando importanti interrogativi e stimolando il dibattito.
A differenza della disabilità a scuola, la quale presenta una certa uniformità nelle certificazioni ai sensi della Legge 104/1992, le diagnosi di DSA mostrano una disomogeneità territoriale significativa. La Legge 170 sembra aver giocato un ruolo cruciale in questo aumento, promuovendo maggiore interesse e sensibilità verso i DSA, e contribuendo all’emersione di casi precedentemente non diagnosticati.
Particolarmente rilevante è il salto nella scuola secondaria di secondo grado. Tale aumento pone domande sulla correlazione tra diagnosi di DSA e riduzione della dispersione scolastica, un legame ancora da chiarire.
La situazione socio-culturale si presenta complessa, specialmente nei casi di confine e di comorbilità, dove i criteri di inclusione ed esclusione non sono sempre chiari. Qui, i desideri di protezione sociale e successo scolastico possono influenzare le decisioni cliniche, oltre ai possibili errori metodologici. A ciò si aggiunge la “pressione” esercitata da scuole e famiglie per ottenere certificazioni che garantiscano l’obbligatorietà del Piano Didattico Personalizzato (PDP).
Daniele Novara, esperto pedagogista, evidenzia una possibile tendenza all’eccesso diagnostico, supportata dai dati ISTAT che indicano un incremento delle certificazioni di disabilità scolastica del 39,9% nell’ultimo decennio. Novara suggerisce che molte diagnosi di DSA potrebbero essere errate, segnalando un problema di eccesso diagnostico che potrebbe avere effetti negativi sui bambini stessi:
“Il rischio – sostiene Novara – è di essere in realtà di fronte a eccessi diagnostici, legati alla tendenza crescente di scuole e famiglie a scegliere la via dell’analisi della salute neuropsichiatrica del bambino, piuttosto che andare a indagarne la gestione educativa in famiglia e supportare quest’ultima in modo adeguato”.
“I disturbi specifici di apprendimento – continua Novara – sono deficit neurofisiologici che al massimo arrivano a colpire l’1,5-3% dei bimbi, mentre i dati scolastici italiani sono 4-5 volte superiori alle previsioni mediche e in aumento; si può arrivare a un 10% di dislessici, ovvero 2 bambini in una classe di 20 alunni”.
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