Sono 11mila quelli reclutati quest’anno che non risultano in nessuna graduatoria ufficiale, chiamati con la “messa a disposizione” per coprire una cattedra vacante
di Salvo Intravaia
Sul reclutamento degli insegnanti, la scuola italiana torna indietro di 70 anni. Nell’anno in corso, sono quasi 11mila i supplenti fai da te. Non risultano iscritti in nessuna graduatoria “ufficiale”, né in quelle dei precari storici (le graduatoria provinciali ad esaurimento) né in quelle d’istituto. Ma lavorano ugualmente, in molti casi fino al 30 giugno, grazie al loro spirito di intraprendenza. Anche con la sola laurea. A fornire il dato dei supplenti che hanno acciuffato una cattedra con la “messa a disposizione” la Cisl scuola che ieri ha pubblicato un dossier “per una nuova e più efficace politica del reclutamento nella scuola”. A preoccupare i sindacati la crescita esponenziale del precariato della scuola e la corrispondente difficoltà da parte dei presidi nel reclutare docenti da inviare in classe. Una situazione aggravata ulteriormente dalle uscite con quota 100 che ha portato a 68mila le cattedre vacanti del prossimo anno scolastico.
E’ lo stesso sindacato a spiegare di cosa si tratta. “La carenza di insegnanti nelle graduatorie, in particolar modo in alcune regioni del Nord, ha fatto sì – si legge nel dossier – che ben 10.806 contratti siano stati stipulati facendo ricorso alla cosiddetta “messa a disposizione”, ovvero la stipula di un contratto a termine con aspirante non incluso nelle graduatorie dell’istituto, ma che ha segnalato la propria disponibilità a lavorare, avendone i titoli”. La medesima situazione che si verificava nell’immediato dopoguerra, quando bastava una semplice laurea o un diploma per essere assunto ad personam dal capo d’istituto che spesso non sapeva, per carenza di insegnanti, a chi fare svolgere le lezioni quotidiane. E senza nessun concorso.
La lotta al precariato, avviata dall’allora ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni nel 2006 e accelerata dal governo Renzi nel 2015, ha prodotto uno svuotamento delle cosiddette Graduatorie ad esaurimento, nelle quali ci si poteva iscrivere solo se abilitati. Al punto che dalle 229mila unità si è passati a poco meno di 36mila nel 2018. Graduatorie che, in base alla norma vigente, costituiscono uno dei maggiori serbatoi di supplenti e aspiranti immessi in ruolo. Alla politica di smantellamento delle liste dei precari storici sono state affiancate dal 2008, con la riforma Gelmini, almeno altre tre nuove riforme del reclutamento che però sono andate a rilento e sono state modificate ad ogni cambio di governo.
Col risultato che la scorsa estate un terzo circa delle 57mila cattedre messe a disposizione dal Miur per le annuali immissioni in ruolo sono andate deserte per mancanza di aspiranti iscritti nelle Gae e nelle graduatorie degli ultimi concorsi a cattedra. Un paradosso per un paese con un tassi di disoccupazione giovanile alle stelle. Così, agevolati da una serie di siti che favoriscono l’incontro della domanda e della offerta, molti semplici laureati o inseriti nelle graduatoria di altre province si sono proposti ai singoli presidi e sono stati assunti. I supplenti in servizio nelle scuole italiane hanno raggiunto nel 2018/2019 la stratosferica cifra di 164mila unità: quasi uno ogni cinque docenti in cattedra.
E il prossimo anno la situazione rischia di peggiorare perché i concorsi straordinari lanciati dal governo attuale e i percorsi immaginati dalla Buona scuola procedono a rilento per le difficoltà che stanno incontrando gli Uffici scolastici regionali nel comporre le commissioni giudicatrici. Per questa ragione i sindacati propongono diverse ricette. La Cisl scuola rispolvera il cosiddetto “doppio canale”: chi si trova nelle graduatorie d’istituto e racimola tre anni di supplenza entra in una lista da cui verranno reclutati i neo immessi in ruolo. Fu l’attuale presidente della repubblica, Sergio Mattarella, allora ministro della Pubblica istruzione, che nel 1989 mise in campo il “doppio canale” per il reclutamento nella scuola. E adesso la Cisl chiede di riscoprirne la validità.