Bottura, il figlio Charlie e il Tortellante per i ragazzi autistici: La normalità è come un biglietto della lotteria

Bottura, il figlio Charlie e il Tortellante per i ragazzi autistici: La normalità è come un biglietto della lotteria

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di Daniele Mencarelli

I genitori dei sani non sanno niente. Quando si parla di autismo viene naturale pensare ai bambini, non ad adulti spesso abbandonati al proprio destino. Sentirsi a posto con la coscienza, aver fatto il possibile, nella nostra societ permesso solo ai ricchi. Il coraggio dell’utopia

Questo articolo di Daniele Mencarelli stato pubblicato su 7 in edicola venerd 13 gennaio. Lo proponiamo online per i lettori di Corriere.it

I genitori dei figli sani non sanno niente. Se a ogni uomo e donna di questa terra dicessero quanto difficile fare figli normali, nessuno ne farebbe pi. Basta un niente, una proteina non assimilata, un enzima che non fa il suo lavoro. La normalit come un biglietto della lotteria. Invece tutti pensano che sia naturale il contrario. Che un figlio come un elettrodomestico, costruito per funzionare alla perfezione. Soltanto chi ci passa sa quante competenze ci vogliono per attraversare una strada, per prendere una penna in mano. Questo dice Pietro, il protagonista di Fame d’aria , il mio nuovo romanzo, mentre osserva Jacopo, suo figlio, autistico a basso funzionamento, bassissimo, come lo definisce lui. un tema gigantesco, epocale, per molti uno dei rovesci tragici del progresso, ancora in gran parte da svelare, esplorare. I disturbi del neurosviluppo infantile, dal pi famoso, famigerato, autismo, sono una delle nuove categorie patologiche che reclamano pi ascolto e assistenza.

Ascolto e assistenza.
Parole da pronunciare con attenzione, dall’essenza granitica
. Massimo Bottura, classe 1962, mi accoglie con un sorriso spontaneo, semplice, altrettanto immediata la simpatia, credo, spero, reciproca. Ma i modi non riescono a celare gli occhi, mobilissimi, aperti e in perenne movimento su tutto, con una speciale attenzione per quello che lo circonda.

Ci siamo dati appuntamento al Tortellante, a Modena, un laboratorio terapeutico riabilitativo creato nel 2016 da Massimo e sua moglie Lara assieme a Erika Coppelli, che ne anche la presidente, insieme a un’altra manciata di genitori con figli autistici della zona. Al Tortellante, si insegna a ragazzi affetti da autismo a produrre pasta a mano, nello stesso stabile ci sono le stanze dove dormono. Un’idea semplice quanto straordinaria, di lavoro e comunit. Un’idea che va a riempire un vuoto drammatico. Perch quando si pensa all’autismo, infatti, viene naturale pensare ai bambini, non ai giovani uomini e donne che convivono con questo disturbo e che sono spesso abbandonati al proprio destino e a quello dei propri genitori. Pensare al loro futuro, umano, sociale, economico, un impegno che noi e le nostre istituzioni dovremmo prendere e pianificare con ben altra lucidit e risorse.
Ma su questo torneremo.

Non so se ne esistano, ma, per chi non lo sapesse, Massimo Bottura uno degli chef pi titolati al mondo, la sua Osteria Francescana ha tre stelle Michelin e da tempo il numero 1 dei ristoranti italiani. Senza contare gli altri sparsi nello Stivale e nel mondo, tutti riconosciuti ai massimi livelli. Un artista, senza se e senza ma. Ma un uomo, che sia artista o pescatore, falegname o architetto, anche tanto altro. In primis, quando decide di esserlo, padre.
Torniamo cos al punto di partenza.
Ai genitori dei figli sani che non sanno niente, e ai figli malati, che curvano le schiene di chi li ama e vorrebbe fare, guarire, anche quando non possibile. Su questo io e Massimo abbiamo qualcosa in comune. Le nostre storie hanno tratti simili e altri molto diversi.
Ci scherziamo sopra.

Massimo ha reagito al disturbo del figlio con una visione concreta, da buon modenese ha trasformato l’idea in realt, in eccellenza come capita a tante esperienze produttive e imprenditoriali della zona.
Lui per suo figlio Charlie ha dato vita al Tortellante. Io, da artigiano che lavora con la parola, sulla vicenda ho inchiodato su pagina tutti i demoni che un genitore si ritrova a vivere quando in gioco la salute neuropsichiatrica del figlio. Salute per fortuna meno compromessa dalle tante valutazioni e diagnosi fatte nel corso degli anni.

In Fame d’aria Pietro, cinquantenne mai cresciuto come tutta la sua generazione, in viaggio con suo figlio Jacopo quando per un guasto alla vecchia Golf di famiglia costretto a fermarsi. Erano diretti in Puglia, dove li raggiunger Bianca, moglie di Pietro e madre di Jacopo, per festeggiare l’anniversario di matrimonio. Bianca, com’ nello spirito della maternit, ha vissuto e vive la disabilit del figlio con altro spirito, pazienza. Pazienza ha la stessa radice etimologica di patire. Sa soffrire come tanti uomini non riescono n riusciranno mai a fare.
Il guasto all’automobile costringe padre e figlio a fermarsi per un fine settimana in uno sperduto paesino del Molise.
cos che conosciamo la loro storia. Quella di Jacopo, affetto da una forma di autismo gravissimo che lo ha riportato a una specie di stato neonatale, ma soprattutto quella di Pietro. Suo padre.

Pietro un uomo solo. Ha vissuto la malattia del figlio come una specie di sconfitta personale, capita purtroppo a tantissimi uomini, e, cosa che aggrava drammaticamente la sua situazione, si indebitato mortalmente per permettere al figlio di fare tutte le terapie prescritte dal caso, purtroppo senza ottenere grandi risultati clinici. A parte la crisi economica in cui precipitato, oramai fuori controllo. Massimo Bottura colpito dal racconto del romanzo, soprattutto lo atterrisce l’idea di una famiglia con un figlio unico affetto da autismo. Il loro Charlie ha una sorella pi grande. Ovvero un affetto che resister al tempo pi di lui e sua moglie.
un fatto puramente istintivo, animale. Quando si ha un figlio con problemi di salute si guarda al futuro con un diverso approccio negli occhi, e la consapevolezza di un appoggio, come avere una sorella al fianco, fa tutta la differenza del mondo. Ma non solo questo che rende me e Bottura diversi dalla vicenda di Pietro e suo figlio Jacopo, da Fame d’aria.

In questa giostra che dona a tanti un figlio con problemi di salute, noi siamo i fortunati. Quelli che hanno potuto sopperire ai bisogni richiesti dalla patologia, come le terapie, in nove casi su dieci a pagamento. Inoltre, abbiamo potuto predisporre, pianificare, lavorare, detta in altre parole: non abbiamo lasciato niente di intentato. La nostra coscienza a posto.
Parliamo di questo. Sentirsi a posto con la coscienza, avere fatto il proprio dovere di genitore per come richiesto dal destino. Aver fatto tutto il possibile.
Dovrebbe essere permesso a qualsiasi genitore sulla faccia della terra, ma sappiamo che non cos.
I disturbi del neurosviluppo ci ricordano qualcosa che oramai facciamo finta di aver superato, vinto.

Ci sono i ricchi. E ci sono i poveri.
La malattia ugualmente terribile, ma i primi possono fare a meno di torturare la propria coscienza.
I secondi no. Per i secondi, i poveri, rimane il non fatto, il rimpianto di qualcosa che poteva avere altro futuro, pi umano, benigno, se solo ci fosse stata la possibilit. In molti casi viene detto esplicitamente che il bambino ha un potenziale che pu essere tirato fuori.
Ma ci vogliono i soldi.
Servono i soldi.
Tanti.
C’ da impazzire.
E in tanti, infatti, impazziscono. Sino alle estreme conseguenze.

Bottura e gli altri genitori che hanno dato vita al Tortellante sono stati portatori di una visione, e l’hanno realizzata. Con credibilit e ascolto, Bottura ripete queste due parole all’infinito, poi mi racconta del lavoro che ha fatto con i suoi dipendenti, tutti ragazzi e ragazze tra i venti e i quarant’anni, sull’importanza del buongiorno. Perch dare il buongiorno a una persona un gesto d’affetto, che richiede attenzione, sincerit.
Questione di parole, come sempre.
Riappropriarci di quelle sporcate dal tempo.
Una su tutte. Utopia.

Guardare al futuro con spirito utopistico, creare dal niente quello che non esisteva. Questo ci chiederanno le migliaia di adulti affetti da autismo, o da qualsiasi altra patologia, e noi dovremo rispondere, facendo magari le veci dei loro genitori, che non ci sono pi. Con parole che diventano visione, poi realt.

In tanti si stanno svegliando, tanti iniziano a guardare al mondo per quello che sar dopo, dopo di noi. In Italia, maestra di diritto, si creata sulla spinta di decine di famiglie la Legge n. 112/2016 detta proprio Dopo di noi, che intende dar vita a nuove forme di accoglienza e convivenza per chi vive il disagio e la malattia in tutte le sue forme. Alle parole seguano i fatti.
Come Massimo Bottura, Charlie e tutti i magnifici ragazzi del Tortellante, contro quell’inferno in terra che si chiama abbandono sociale e che fa strage tutti i giorni.

14 gennaio 2023 (modifica il 14 gennaio 2023 | 15:14)

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