di Gianna Fregonara
Mariella Demichele, il racconto di una professoressa in una scuola superiore di Roma: quest’anno più problemi che in passato
Sì, quest’anno scolastico appena cominciato ha portato sui banchi delle scuole superiori studenti più complicati che in passato. Irrequieti, fanno fatica a rispettare le regole base perché la lezione possa cominciare e svolgersi con serenità. Come se fossero meno scolarizzati dei loro amici più «vecchi». Non sanno gestire il tempo scuola, non sanno comunicare i loro stati emotivi, sono diffidenti nelle relazioni con gli adulti: «Purtroppo notiamo che ci sono molti ragazzi che sono dolorosamente chiusi, rigidi. Sconnessi: non dal telefonino ma dal contesto». Così li definisce la professoressa Mariella Demichele, 51 anni, insegnante di italiano all’Istituto Agrario Sereni di Roma da oltre dieci anni. Dopo gli episodi di violenza che si sono succeduti da Nord a Sud e che sono finiti sul giornale nelle prime settimane di ritorno in classe, è il momento di fare il punto con chi nella scuola vive ogni giorno.
Professoressa, nota una situazione diversa quest’anno. Effetto del Covid e della chiusura delle scuole?
«La situazione di disagio è evidente e preoccupante. Anche quando non sfocia nella violenza. Persino i docenti si trovano in difficoltà di fronte a queste situazioni: abbiamo esteso anche a loro la possibilità di rivolgersi alla psicologa della scuola perché ormai anche a loro viene richiesta una competenza psicologica che fino a poco tempo fa non era necessaria. Faremo anche dei corsi per insegnare loro nuove metolodogie didattiche per poter gestire le classi più complicate».
Che cosa succede in queste classi?
«Ci sono nelle prime classi problemi di vario tipo: una situazione di irrequietezza continua, turbolenze non paragonabili a quelle degli anni scorsi. Non sanno ascoltare, parlano tutti insieme, non hanno idea del contesto».
Insomma la situazione diventa ingestibile
«Sono in uno stato di analfabetismo emotivo».
E le famiglie?
«Quest’anno abbiamo già trattato una decina di casi e convocato cinque famiglie per episodi disciplinari. Solo due sono venute. Anche a loro abbiamo aperto lo sportello psicologico. Ci sono genitori che ci confessano la loro incapacità a gestire i figli, l’impeto degli adolescenti. Un padre mi ha detto: io non sono più in grado di prendermi l’odio di mio figlio quando gli dico no».
Gli smartphone hanno peggiorato la situazione?
«Noi non condividiamo la pratica di non usarlo in classe. Vorremmo arrivare ad uno virtuoso responsabile anche per lavorare a scuola».
Che provvedimenti prendere nei casi più gravi?
«Cerchiamo di non usare la sospensione perché significa lasciare gli studenti fuori da scuola. Preferiamo la sospensione con obbligo di frequenza che è più educativa. Ma da noi può capitare di dover prendere questa decisione al massimo in un caso all’anno»
10 novembre 2022 (modifica il 10 novembre 2022 | 17:50)
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, 2022-11-10 19:54:00, Mariella Demichele, il racconto di una professoressa in una scuola superiore di Roma: quest’anno più problemi che in passato, Gianna Fregonara